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Zone vincolate: tutti gli abusi senza titolo abilitativo vanno demoliti

Il Testo Unico Edilizia non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe sufficiente la SCIA, imponendo di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere realizzate senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. In zona tutelata, quindi, è legittimo l'esercizio del potere repressivo demolitorio in ogni caso, a prescindere dal titolo edilizio che sarebbe stato più appropriato.

Il principio di indifferenza del titolo abilitativo in zona vincolata è qualcosa di cui tenere conto in quanto, a differenza di quello che succede nelle aree non tutelate, esso non distingue tra gli abusi edilizi per i quali era necessario un titolo piuttosto che un altro, ma punisce con la demolizione - e con una multa molto salata - qualsiasi tipo di intervento eseguito senza titolo abilitativo (e senza autorizzazione pasaggistica).

La sentenza 4540/2025 del Tar Campania fa il punto sulla situazione fornendo principi e chiarimenti sulla sanzione pecuniaria massima prevista per la demolizione delle opere abusive in zona tutelata.

 

Il caso: piscina e capanno abusivi in zona vincolata

Il TAR Campania ha respinto il ricorso presentato dai proprietari di un immobile contro l'ordinanza comunale di demolizione che disponeva l'abbattimento di una piscina di 15 mq e di un capanno agricolo di circa 30 mq, oltre alla sanzione amministrativa di 20.000 euro.

I ricorrenti avevano realizzato le opere tra il 2017 e il 2020 senza alcun titolo abilitativo, presentando solo successivamente, nel dicembre 2022, una SCIA in sanatoria che però descriveva opere diverse da quelle effettivamente realizzate.

L'immobile ricade in area agricola paesaggisticamente protetta (zona E3 – interesse paesistico) e soggetta a:

  • Vincolo paesaggistico ex art. 136 D.Lgs. 42/2004;
  • Vincolo sismico;
  • Vincolo zona rossa Vesuvio;
  • Misure di salvaguardia Parco Nazionale del Vesuvio.

 

La corretta descrizione degli abusi

I ricorrenti avevano invocato l'assoluzione penale ottenuta dal Tribunale di Nola, ma il TAR ha chiarito che esiste una netta separazione tra giudizio penale e amministrativo.

L'assoluzione penale, motivata dall'intervenuto titolo abilitativo (la SCIA in sanatoria), non vincola l'amministrazione comunale nella valutazione dell'illecito edilizio.

Il TAR ha sottolineato che nella SCIA erano descritte opere di natura e destinazione diverse da quelle accertate: la vasca era indicata come raccolta acque piovane mentre si trattava pacificamente di una piscina, e il capanno risultava una struttura fissa di 35 mq con propria autonomia e sagoma.

 

Non basta la SCIA: ecco perché

Il TAR ha escluso categoricamente che le opere potessero essere realizzate con semplice SCIA per diversi motivi fondamentali:

  • in primis, l'immobile ricade in zona E3 agricola di interesse paesistico in area di protezione integrale del Piano Territoriale Paesistico dei Comuni Vesuviani, soggetta a vincolo paesaggistico ambientale;
  • inoltre, il capanno, comportando modificazione dei prospetti di consistenze immobiliari sottoposte a vincolo paesaggistico, richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire secondo l'articolo 10, comma 1, lettera c) del DPR 380/2001.

Il TAR ha precisato che un abuso edilizio va sempre considerato nel suo complesso e anche opere teoricamente assentibili con titoli diversi dal permesso di costruire possono subire la sanzione demolitoria se realizzate abusivamente e non conformi agli strumenti urbanistici.

 

Le regole per gli abusi in zona vincolata

In definitiva:

  • necessità di autorizzazione paesaggistica: per qualunque opera in zona vincolata serve anche il titolo paesaggistico, che non era stato richiesto né rilasciato;
  • difformità rispetto alla SCIA presentata: la SCIA prodotta dai ricorrenti descriveva opere di natura e destinazione diverse da quelle accertate (ad es. la “cisterna” era in realtà una piscina);
  • principio giurisprudenziale: anche opere che, in astratto, potrebbero essere assentite tramite SCIA, se realizzate in violazione di vincoli urbanistici e paesaggistici, non sono sanabili con SCIA ma devono essere rimosse. La mera SCIA, in assenza di conformità urbanistica e paesaggistica, non legittima l’intervento.

 

Il principio di indifferenza del titolo abilitativo

Per le opere abusive eseguite senza titolo edilizio in aree paesaggisticamente vincolate, il TAR evidenzia che vige un "principio di indifferenza del titolo necessario".

L'articolo 27, comma 2, del DPR 380/2001 non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe sufficiente la SCIA, imponendo di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere realizzate senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

Questo significa che in zona tutelata è legittimo l'esercizio del potere repressivo demolitorio in ogni caso, a prescindere dal titolo edilizio che sarebbe stato più appropriato.

 

Occhio: la sanzione massima è di 20 mila euro

Il Tribunale ha confermato la legittimità dell'applicazione della sanzione pecuniaria nella misura massima di 20.000 euro, richiamando la giurisprudenza consolidata secondo cui tale importo deve essere irrogato quando gli abusi sono realizzati su aree vincolate ai sensi del Decreto Legislativo 42/2004 (Codice dei Beni Culturali) o inedificabili o a rischio idrogeologico elevato.

Nel caso specifico, l'area era soggetta a vincolo ambientale-paesaggistico, rendendo automatica l'applicazione della sanzione massima.

Quindi, in conclusione: in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, qualsiasi abuso edilizio (anche potenzialmente sanabile con SCIA in zona non vincolata) comporta sempre demolizione e il rischio di vedersi comminare la sanzione pecuniaria massima di 20.000 euro.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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