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Crolla il ponte Morandi a Genova: problema strutturale, ma perchè ?

Ecco il resoconto - aggiornato di ora in ora - di quanto accaduto a Genova

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E' crollato il Ponte Morandi. E' crollato il ponte Polcevera. E' crollato un ponte simbolo. Simbolo del genio italiano dell'ingegneria dei ponti. Simbolo dell'attraversamento di una Città dalla struttura e viabilità complessa. Simbolo di un Paese dove sono gruppi di cittadini che possono scegliere - senza alcuna preparazione - il destino infrastrutturale di un Paese. Simbolo di una politica che incarica la società autostrade di studiare 5 soluzioni alternative e poi le boccia tutte con il suo governatore (stiamo parlando del 1996 ...). Simbolo di una politica che un giorno afferma che il terzo valico non serve, che il problema della sicurezza del Ponte Morandi è una favoletta, che occorre spostare l'attenzione dalle grandi infrastrutture alle piccole, e il giorno dopo si trova nuda davanti alla propria non consocenza dei problemi. Simbolo di un Paese in cui un parlamentare scrive 2 interpellanze al senato sul problema del ponte e il Ministro MIT Graziano Delrio non si preoccupa neppure di rispondere.  Simbolo di un Paese in cui un comico in un comizio pubblico dichiarava 4 anni fa che la Gronda andava fermata con l'esercito. Simbolo di un Paese che si sveglia solo dopo le disgrazie. Simbolo di un Paese in cui per cambiare le norme tecniche occorrono 3 anni di lavoro tecnico e 4 di burocrazia. Simbolo di un Paese in cui la manutenzione - come ha detto Zambrano - non è oggetto di valutazione economica: occorre andare oltre!

Intanto ora occorre fare attenzione, come ci ha scritto il prof. de Miranda, ora è a rischio la parte strallata rimasta in piedi, perchè l'antenna sopporta un carico non bilanciato (vedi commento più avanti).

Ora i tuttologi metteranno in dubbio il genio di Morandi, non si porranno il problema che in sessantanni la ricerca e l'innovazione corre anche nell'edilizia, e che i concetti di valutazione della durabilità degli anni 60 non erano forse adeguati a quelli che abbiamo ora, e che i carichi dinamici per il quale era stato progettato forse oggi sono stati ampiamente superati e che quindi quel ponte andava - come richiesto da Maurizio Rossi, senatore al gruppo misto - sostituito e ampliata la viabilità della Superba. Tutti si concentreranno sul bla bla bla mediatico mentre nessuno ascoltava pochi mesi fa il presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Genova quando affermava al Sindaco, e io ero presente, che le strutture sono come il latte, hanno una scadenza ...

A poche ore dalla disgrazia solo due cose sono certe: Riccardo Morandi con il suo genio ci ha dato 50 anni di viabilità, qualcuno con la sua inconpetenza ci ha dato morte e disagi.

Ma tranquilli, fra una settimana tornerà tutto come prima. La colpa sarà individuata, ma i processi dureranno anni e nessuno finirà in galera. La città di Genova ulteriormente bloccata. I lavori sulle infrastutture fermi. E i giornali torneranno a parlare di Cristian Ronaldo.

Nel frattempo, con questo articolo aggiornato di ora in ora, abbiamo cercato di raccontare questa tragedia sotto i diversi punti di vista, e continueremo a tenere caldo il ferro sul tema delle costruzioni.

Andrea Dari, INGENIO


Crolla il ponte Polcevera

Il 14 agosto 2018, poco prima di mezzogiorno, è crollato a Genova un pezzo del viadotto Polcevera, noto come ponte Morandi, sulla A10, a Genova. Testimoni oculari hanno riferito di aver visto il ponte colpito da un fulmine prima che collassasse. 

Al momento sono state registrate quarantatre vittime, secondo fonti dei vigili del fuoco e una ventina di feriti. Il bilancio però potrebbe aggravarsi: sono ancora numerosi i dispersi che i soccorritori stanno cercando tra le macerie. 

"Al momento del crollo transitavano 30-35 autovetture e tre mezzi pesanti", ha detto il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli.

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Il video del crollo del ponte Morandi a Genova:

Chiamato, da chi lo percorre quotidianamente, "il ponte di Brooklyn" attraversa la Valpolcevera come tratto autostradale A10 Genova Ventimiglia unendo la collina di Belvedere (Sampierdarena) con quella di Coronata (Cornigliano) con due corsie larghe oltre sette metri per senso di marcia.

Crollo Ponte Morandi: Non coinvolte le strutture sottostanti

Per fortuna "Il crollo non ha interessato le strutture sottostanti al Ponte Morandi, ma prevalentemente il greto del fiume. Anche l’area ferroviaria, dopo le opportune verifiche, è stata riaperta». E’ quanto affermato dal capo delle emergenze della Protezione civile, Luigi D’Angelo. «Sono coinvolte solo le persone che si trovavano in macchina al momento del crollo», spiega. «Ci sono case già evacuate e tutte le persone sono state messe in sicurezza».

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Crollo Ponte Morandi: Ipotesi cedimento strutturale

A causare il crollo potrebbe essere stato un cedimento strutturale nel tratto che sovrasta via Walter Fillak, nella zona di Sampierdarena. Entrambe le carreggiate sono precipitate al suolo per circa 100 metri.

Il ponte Morandi, costruito negli anni Sessanta, si trova tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano, è lungo oltre un chilometro e alto 90 metri. Il viadotto collega l’autostrada A10 con il casello di Genova Ovest ed è uno degli snodi principali dell’area: inaugurato nel 1967, negli anni è stato oggetto di diverse manutenzioni.

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Interessante il video con i commenti dei Proff. Giovanni Solari e Luigi Gambarotta dell'Università di Genova su RaiNEws24: ecco il LINK al video

Non è stato un problema di fondazioni

I primi risultati della doppia inchiesta sul crollo del ponte Morandi portano a due ipotesi principali.

La prima, quella della rottura di uno strallo del pilone 9, è emersa fin dalle prime ore dopo il disastro. Ma resta da capire se il tirante si sia spezzato per primo o se invece sia stata la conseguenza di un altro guasto. La rottura dello strallo è l’indiziato principale perché il ponte prima è rotato, come se la rottura avesse innescato un effetto «frusta» sull’enorme cavalcavia. Quali le ragioni ipotizzate della rottura: Due i casi: o a causa della corrosione oppure per «strappo», un eccesso di carico o un collasso strutturale. Nella prima eventualità la frattura del cavo sarebbe netta nel punto di rottura e con presenza di ruggine e corrosione. Nel secondo i resti presenterebbero segni di allungamento e assottigliamento. Come quando si strappa un filo di nylon. Altro punto critico sono gli «appoggi» al pilone, dove i cavi sono agganciati alla struttura di cemento armato.

L’altra ipotesi riguarda la caduta di un «impalcato» (quello centrale tra i piloni 9 e 10) che poggiava grazie a «mensole» sulle due sezioni sostenute dagli stralli. In questo caso, però, il crollo sarebbe stato preceduto da «segnali premonitori». «Problemi che non sono stati evidenziati» hanno chiarito le Autostrade.

Viene esclusa, invece, l’ipotesi che il crollo sia partito dal pilone.

Renzo Rosso, professore ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia nel Politecnico di Milano: "Non è colpa del fiume, nel senso che la pila non è stata scalzata".

A rischio anche la parte del ponte rimasta

Tra i vari commenti che mi sono arrivati, trovo molto utile per qualche valutazione quello del Prof. Mario de Miranda, esperto progettista di ponti, e figlio del compianto prof. Fabrizio de Miranda, altro grandissimo espero in materia.

Ecco un estratto del suo commento:

"Il ponte ha oltre 50 anni di età ed è stato il primo ponte strallato al mondo, costruito con stralli in calcestruzzo precompresso. La tecnologia era molto innovativa e coraggiosa, degna certamente di plauso tecnico.

La struttura è costituita da tre macrostrutture indipendenti, Ciascuna delle quali è costituita da un una antenna a cavalletto che sorregge sui due lati un impalcato mediante due coppie sottostanti di puntoni inclinati che partono dalla base dell’antenna e due coppie di tiranti, sovrastanti, che partono dalla sommità dell’antenna. Alle estremità dell’impalcato sospeso sono posate, in semplice appoggio, delle travate di chiusura che collegano le tre macrostrutture tra loro e con le campate di accesso.

La presenza di queste travate, sui due lati della macrostruttura Antenna-Stralli-Impalcato, ne equilibra i carichi sulla stessa antenna. Se una travata tampone viene a mancare il carico sul cavalletto risulta squilibrato, e questa è la condizione in cui si trova oggi una delle antenne-cavalletto rimaste intatte, condizione che richiede attenzione; ed è una condizione aggravata da effetti dinamici, in cui si potrebbe essere trovata l’antenna collassata nel caso del precedente cedimento di una travata tampone, o di parte di essa, per esempio una seggiola di appoggio.

Ulteriori riflessioni del Prof. Mario de Miranda sono riportate su un articolo ad hoc che è possibile leggere a questo LINK.

Sullo stato di sicurezza della parte rimasta vi sono però anche pareri di segno opposto.

L'ing. Massimo Mariani, consigliere del CNI, ha evidenziato il alcune trasmissioni televisive come, proprio per la natura e i principi con cui è stata progettata e costruita l'opera, ogni campata è indipendentemente equilibrata. Gli scricchiolii che si sentono dovrebbero essere dovuti probabilmente da un ritorno alla forma originale di una struttura ora non più caricata dal traffico.

Le ultime indicazioni che arrivano dalla stampa vanno comunque nella direzione dell'abbattimento:

"Abbiamo ricevuto una relazione dal presidente della commissione ministeriale che segnala sul pilone 10 un evidente stato di corrosione di grado elevato». Lo ha detto oggi il prefetto di Genova, Fiamma Spena, al termine della riunione del centro coordinamento soccorsi. Il pilone 10 è quello che sostiene il moncone est del ponte crollato una settimana fa e che, secondo il governatore della Liguria, Giovanni Toti, «deve essere abbattuto tutto al più presto».

Costituita Commissione del MIT per indagare le cause del crollo

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con decreto del 14 agosto 2018, ha istituito una Commissione ispettiva per svolgere verifiche e analisi tecniche sul crollo all’altezza del Comune di Genova del Viadotto Polcevera nel tratto dell’Autostrada A10 di collegamento con l’Autostrada A7.  

Il Ministero ha comunicato che il lavoro della Commissione ispettiva è il primo atto con cui il MIT intende fare luce sull’accaduto e avviare tutti gli accertamenti necessari, nel rispetto del contraddittorio con le parti interessate, per la contestazione di eventuali inadempienze del concessionario, soggetto su cui, ai sensi dell’art. 14 del Codice della strada, ricade la responsabilità di assicurare la sicurezza dell’infrastruttura. Le risultanze del lavoro svolto dalla Commissione entreranno nella valutazione per la procedura di un’eventuale revoca della concessione.

Entro 30 giorni dovrà fornire al Ministro una dettagliata relazione sui fatti accertati.

I componenti della Commissione del MIT di indagine sulle cause del crollo

La commissione ispettiva è composta da:

  • Arch. Roberto Ferrazza, provveditore alle opere pubbliche per il Piemonte, Liguria e Val d’Aosta, con funzioni di Presidente;

  • Prof. Ing. Ivo Vanzi, Componente esperto del Consiglio superiore dei lavori pubblici

  • Prof. Ing. Antonio Brencich Professore associato dell’Università degli studi di Genova

  • Ing. Gianluca Ievolella, Consigliere di supporto al Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici

  • Ing. Michele Franzese, Dirigente tecnico della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali

  • Ing. Bruno Santoro, Dirigente tecnico della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali

Per saperne di più: a questo LINK l'articolo dedicato

Revocato incarico a Roberto Ferrazza

Nel seguito, l’incarico a Roberto Ferrazza di Presidente della Commissione è stato revocato e il prof. Antonio Brencich si è dimesso. 

Antonio Brencich ha dato le dimissioni “per ragioni di opportunità politica. Giuridicamente non c’era incompatibilità ma è evidente che mi sia stato posto un problema e io ho deciso di tirarmi indietro.”

Il Ministero ha spiegato la revoca dell’incarico a Ferrazza con ragioni di opportunità in relazione a tutte le istituzioni coinvolte in questa vicenda. Sia Ferrazza che Brencich infatti facevano parte del comitato tecnico amministrativo del Provveditorato ai LLPP di Genova che sottoscrisse il parere  che diede l’ok alla ristrutturazione del Ponte Morandi i primo febbraio 2018 (come già dettagliato nell’articolo).

Dal Ministero si evidenzia infatti che “Roberto Ferrazza era l’unico che, sentiti gli enti locali, poteva provvedere a limitazioni del tragico sul viadotto Morandi: il livello di ammaliamento del ponte pur molto elevato non faceva scattare un’obbligo per legge di chiusura della Circolazione. Ma Ferrazza, in quanto provveditore ai LLPP avrebbe, se non dovuto, potuto farlo” (Fonte La Verità).

Ferrazza ha risposto alla domanda sul perchè non si siano presi provvedimenti limitando il traffico sul ponte in attesa dei lavori: “Nel 1995 quando furono eseguiti i lavori al pilone 11 furono eseguite deviazioni e cambi di carreggiata. Posso pensare, ma non è più mia materia, che eventuali fasi di chiusura al traffico, o limitazioni al traffico di mezzi pesanti sarebbero avvenute in fase di cantiere.”

Il provveditore ha poi aggiunto “Anche se è che di fronte alla sicurezza delle vite si fa di tutto, di chiudere il ponte, sulla base di una dichiarazione resa soltanto da un Politecnico e suffragata da altre esperienze ? Esiste anche un reato di procurato allarme.”

Nominato al momento l'ing. Alfredo Principio Mortellaro, ex Sisde, dirigente del Consiglio Superiore dei LL.PP. 

Mortellaro si è laureato al Politecnico di Torino nel 1980, e si occupa al Consiglio Superiore di sicurezza stradale, verifiche nelle gallerie e negli impianti antincendio. Ha lavorato anche al collaudo di opere del terzo valico. Dall’ottobre scorso è dirigente dell’ufficio che vigila sulle concessioni autostradali con il compito di supervisionare i piani tariffari e gli investimenti a carico dei privati.

Per tutte le infrastrutture ? nasce una task force composta da dirigenti ministero ed esperti indipendenti

Il MIT crea una task force per monitorare lo stato delle dighe e delle infrastruttureRoma, 16 agosto 2018 - Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per il tramite delle sue direzioni generali, ha formalmente avviato con la massima urgenza un’azione di monitoraggio sullo stato di conservazione e manutenzione delle opere, viarie e non.

Le direzioni generali del Ministero a stretto giro invieranno a tutti gli enti e soggetti gestori di strade, autostrade e dighe una comunicazione formale in cui si chiede che entro il 1 settembre 2018 vengano segnalati al Ministero tutti gli interventi necessari a rimuovere condizioni di rischio riscontrate sulle infrastrutture di propria competenza, corredando le relative segnalazioni di adeguate attestazioni tecniche e indicazioni di priorità.

Per saperne di più leggi l'articolo a questo LINK

Durabilità, Traffico pesante? ne aveva già parlato Riccardo Morandi

Il degrado potrebbe anche essere stato aggravato dal traffico pesante sul ponte che si trovava su una grande arteria, la A10, che serve la riviera italiana e collega l'Italia settentrionale con la Francia.

"Le file di automobili e il volume del traffico provocano un intenso degrado della struttura del ponte ogni giorno nelle ore di punta, in quanto soggetto a forti richieste", ha detto il rapporto, citato dall'agenzia di stampa italiana Ansa.

NEWS importante: ecco un commento del 1979 di Riccardo Morandi sul PONTE

Su questo tema abbiamo trovato un rapporto del 1979 di Riccardo Morandi proprio dedicato a questo ponte: "Il comportamento a lungo termine dei viadotti sottoposti al traffico pesante e situato in un ambiente aggressivo ambiente: il viadotto sul Polcevera in Genova".

Il rapporto, scritto dopo 12 anni dall'inaugurazione del ponte, dimostra come al tempo della progettazione molte nozioni sulla durabilità del ponte non fossero conosciute. In docici anni molti progressi erano stati fatti.

Il rapporto inizia in questo modo:

"Alcuni decenni trascorsi a progettare, dirigere e supervisionare le costruzioni di ponti in cemento armato mi autorizzano ad esprimermi opinioni sulla loro durata e sulla frequenza di ripetuti inconvenienti che possono verificarsi nel corso del tempo. Cercherò di fare una classificazione sintetica di tale inconveniente e concluderò riportando il comportamento di due strutture, sia costruite che in funzione da diversi anni, una con la normale e l'altra con caratteristiche esplicative. Li ho scelti tra molti altri perché potrebbero sorgere osservazioni interessanti."

... l'approfondimento di questo rapporto a firma di Riccardo Morandi è trattato in un articolo che si può leggere a questo LINK.

Per chi vuole leggere il testo in inglese lo riportiamo in allegato (in fondo all'articolo).

Nel 1992 la sostituzione degli stralli della Pila 11.

Nel 1992 il viadotto ebbe un intervento di manutenzione importante, effettuata durante le “Colombiadi” di Genova, quindi in un momento di grande traffico per il capoluogo ligure. Ce lo ha raccontato l’ex Direttore della Ricerca e Manutenzione di Autostrade, Gabriele Camomilla, uno degli autori e quindi delle figure che seguirono l’intervento.

"Gabriele Camomilla: Il ponte era oggetto di ispezioni accuratissime e costanti, anche alla sommità dei piloni   90 metri dal suolo.

Durante uno di questi controlli scoprimmo che sull’ultima porzione di uno strallo, in cima alla struttura del numero 11, sullo strallo lato Genova (lato nord), il cemento aveva lasciato scoperta una porzione d’acciaio e questo aveva portato alla corrosione per dissoluzione di circa il 30 % dei trefoli. Va sottolineato che le azioni a cui l’acciaio portante dello strallo lavorava (circa 7.000 kg) erano di gran lunga inferiori alle capacità di resistenza dell’acciaio che lo costituiva (15.000 kg).

Il difetto costruttivo era questo: i fili ad altissima resistenza avrebbero dovuto essere tra loro tutti distanziati per essere tutti avviluppati dal calcestruzzo, che ha un notevole potere di protezione dalla corrosione delle strutture di acciaio. A causa di un difetto costruttivo, invece, tutti questi fili si sono trovati impacchettati in sommità alla pila, per cui non erano bene avviluppati dal calcestruzzo. Questo consentiva il passaggio di una parte di aria, e quindi l’attacco dell’acciaio.

In pochi giorni avviammo l’intervento. Allora non c’era una legge che burocratizzasse la manutenzione, quindi fu relativamente semplice farlo, a parte le discussioni sul “come” farlo. Autostrade aveva una sua società di costruzioni, Italstrade Spa sempre IRI con la sua filiale locale ISA Appalti, e con essa avviammo l’intervento."

Tutta la descrizione dell'intervento e le pubblicazioni tecniche:

  • la pubblicazione IABSE dove gli autori sono prof. F. Martinez Y Cabrera, l’Ing. Camomilla, l'ing. Marioni e l’ing. Pisani.
  • la pubblicazione che fu presentata in ambito scientifico a Shangai dal prof. F. Martinez Y Cabrera, l’Ing. Camomilla, l’arch. Donferri Mitelli e l’ing. Pisani

sono disponibili a questo LINK.

Nella sua intervista Camomilla ci parla anche di Sensori montati nel 1992, ma poi recenti dichiarazioni del Prof. Carmelo Gentile riferiscono che i sensori sono stati tolti nel 1996. 

Nel 2013 un allarme lanciato dal prof. Malerba del Politecnico di Milano

"Il viadotto rappresenta un riferimento eccezionale dal punto di vista concettuale, estetico e tecnico. Ma al giorno d’oggi, un simile schema non può essere riproposto". Troppi rischi, troppe debolezze.

Il prof. Pier Giorgio Malerba l’aveva messo nero su bianco nel 2013 per la rivista scientifica internazionale Structure and Infrastrutture Engineering firmando un ampio servizio intitolato «Diagnosi e riparazione di vecchi ponti». (LINK all'articolo).

L'allarme di Malerba (ora Pier Giorgio Malerba è uno dei super periti della procura) riguardava non solo il ponte Morandi, ma un patrimonio oramai vecchio di ponti italiani:

"Many bridges of Italian road and railway infrastructural networks are now between 50 and 150 years old. The structural typologies, the technologies and the materials used for these bridges were very different from those used today, and so were the traffic loads considered for the structural checks. Although such bridges still provide adequate functional and structural performances, nevertheless they require specific inspections and maintenance operations, together with static and seismic adjustment interventions."

Malerba spiegava nel dettaglio le debolezze del sistema Morandi, partendo dall’intervento di riparazione straordinaria del 1992-1994 eseguito da Italstrade (NDR: vedi articolo "come e perché intervenimmo sugli stralli della pila 11 del Ponte Morandi nel 1992"). «Dopo circa 25 anni di vita, molte componenti del ponte (realizzato nel 1967, ndr) presentavano gravi danni. Sui tiranti del telaio 11, lato Genova, apparivano evidenti tracce di corrosione... Danni minori erano stati rilevati sul 10 e in altre parti del ponte. Sul 9 non erano stati adottati interventi particolari».

Ecco il testo originale delle conclusioni estratte dall'articolo di Malerba:

"General considerations on the Polcevera Bridge

The Polcevera Bridge and other Morandi tied bridges represent an exceptional reference from the conceptual, aesthetic and technical point of view, which is even more relevant if related to the times in which these structures were built. Nowadays, however, similar static schemes, though brilliant, cannot be proposed. According to the modern criteria of durability, the ‘pre-stressed concrete tie’ does not appear as a safe solution for elements in tension. Moreover, the suspension action entrusted to a limited number of elements makes the whole structure little robust and the maintenance actions quite difficult.

Modern bridge configurations, characterised by a relative great number of stays (a ‘curtain of stays’), are designed so that, should the failure of one of the many stays occur, the subsequent loss of suspension action would be made up for by other suspension elements, making the cables maintenance and/or substitution easier."

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L'articolo riprende in modo minuzioso tutto l'intervento di sostituzione degli stralli della pila 11. Argomento che con INGENIO abbiamo approfondito con una lunga intervista all'Ing. Gabriele Camomilla, in cui riportiamo anche due articoli pubblicati in ambito internazionale proprio su questo intervento (vedi articolo "come e perché intervenimmo sugli stralli della pila 11 del Ponte Morandi nel 1992").

"Il ponte era oggetto di ispezioni accuratissime e costanti, anche alla sommità dei piloni   90 metri dal suolo. Durante uno di questi controlli scoprimmo che sull’ultima porzione di uno strallo, in cima alla struttura del numero 11, sullo strallo lato Genova (lato nord), il cemento aveva lasciato scoperta una porzione d’acciaio e questo aveva portato alla corrosione per dissoluzione di circa il 30 % dei trefoli. Va sottolineato che le azioni a cui l’acciaio portante dello strallo lavorava (circa 7.000 kg) erano di gran lunga inferiori alle capacità di resistenza dell’acciaio che lo costituiva (15.000 kg).

Il difetto costruttivo era questo: i fili ad altissima resistenza avrebbero dovuto essere tra loro tutti distanziati per essere tutti avviluppati dal calcestruzzo, che ha un notevole potere di protezione dalla corrosione delle strutture di acciaio. A causa di un difetto costruttivo, invece, tutti questi fili si sono trovati impacchettati in sommità alla pila, per cui non erano bene avviluppati dal calcestruzzo. Questo consentiva il passaggio di una parte di aria, e quindi l’attacco dell’acciaio.

In pochi giorni avviammo l’intervento. Allora non c’era una legge che burocratizzasse la manutenzione, quindi fu relativamente semplice farlo, a parte le discussioni sul “come” farlo. Autostrade aveva una sua società di costruzioni, Italstrade Spa sempre IRI con la sua filiale locale ISA Appalti, e con essa avviammo l’intervento."

Due interpellanze al Senato sulla sicurezza del ponte nel 2015 e 2016

Il Senatore Maurizio Rossi ha posto due interpellanze al Senato sul tema della sicurezza del ponte al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La prima il 20 ottobre 2015:

"Premesso che: 

  • dal punto di vista dei collegamenti, i liguri vivono quotidianamente una situazione di grave disagio, tanto da ravvisare una vera e propria emergenza trasporti;
  • molti tratti autostradali liguri non sono conformi alle normative di sicurezza europee e, nelle ore di punta, si verificano continuamente code di decine di chilometri, rallentamenti e numerosi incidenti che bloccano l'area intorno a Genova;
  • le tariffe su tali tratti sono fra le più elevate del Paese;
  • sul nodo autostradale di Genova è noto il grave problema del ponte Morandi che attraversa la città e del quale non si conosce la sicurezza nel tempo. Risulta pertanto indispensabile procedere con sollecitudine a cantierare il progetto denominato "gronda di Genova" per il quale la società Autostrade ha già in cassa le risorse necessarie per iniziare i lavori derivanti dagli aumenti tariffari concordati in cambio della concessione ottenuta;

La seconda il 26 aprile 2016, in cui il senatore è quanto mai preoccupato (e lungimirante) nelle sue richieste di chiarimento al Ministro:

"considerato che:

  • il viadotto Polcevera dell'autostrada A10, chiamato ponte Morandi, è un'imponente realizzazione lunga 1.182 metri, costituita su 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza che collega l'autostrada Genova-Milano al tratto Genova-Ventimiglia, attraversando la città sulla val Polcevera;
  • recentemente, il ponte è stato oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un'opera straordinaria di manutenzione senza la quale è concreto il rischio di una sua chiusura;
  • se non si predispone immediatamente una nuova strategia stradale di più ampio respiro del capoluogo ligure, i mancati lavori di realizzazione della gronda sommati alla possibile futura chiusura totale o parziale del ponte Morandi determinerebbero inevitabilmente il collasso dell'intero sistema viario genovese,

si chiede di sapere:

  • ... stante la richiesta di proroga della concessione, se società Autostrade ritenga di mettere a norma di sicurezza, secondo gli standard europei, la rete autostradale ligure, con particolare riguardo proprio al tratto tra Voltri e Genova che comprende l'uscita per l'aeroporto e il ponte Morandi, ad oggi fuori dalle normative comunitarie così come altre parti delle autostrade liguri;
  • quale sia in dettaglio l'attuale situazione dei lavori di messa in sicurezza del ponte Morandi, quali siano gli interventi che ancora devono essere realizzati e se gli interventi saranno tali da comportare gravi disagi alla circolazione della città e quale sia la tempistica di fine lavori;
  • se corrisponda al vero che il ponte Morandi, viste le attuali condizioni di criticità, potrebbe venir chiuso almeno al traffico pesante, entro pochi anni, gettando la città nel totale caos. ..."

Ma il Ministro Graziano Delrio non ha mai risposto a queste interpellanze.

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Solo 10 mesi fa: il viadotto non presenta alcun problema di carattere strutturale

Il 23 ottobre 2017, in occasione di un Consiglio regionale, l’assessore alla Protezione civile Giacomo Giampedrone è impegnato in una “interrogazione a risposta immediata” per far fronte alle preoccupazioni di chi abita sotto il ponte Morandi, a Genova.

“Al momento il viadotto non presenta alcun problema di carattere strutturale”, assicura Giampedrone. "Ho sentito il direttore del primo tronco delle Autostrade italiane, Stefano Marigliani", il quale ha chiesto a Giampedrone di tranquillizzare i cittadini. “I lavori attualmente in corso sono opere manutentive, e sono in progetto due interventi di carattere strutturale da realizzarsi nel 2018 che consisteranno nell’installazione di stralli e impalcati per il rafforzamento della infrastruttura”

Ma dal Politecnico di Milano indicazioni diverse: problemi ad alcuni stralli

Come riporta il Corriere della Sera, alle rassicurazioni emerse da quel Consiglio regionale si contrappone la relazione di due professori del Politecnico di Milano, Carmelo Gentile e Antonello Ruoccolo, chiamati da Autostrade per una consulenza periodica sullo stato del ponte.

La relazione dei due professori sarà presentata il 12 novembre successivo e in essa verrà evidenziata chiaramente una “evidente” disparità di tenuta tra gli stralli. Quegli stessi stralli – i tiranti, quindi – che potrebbero essere alla base del crollo di martedì scorso.

“In particolare gli stralli, ovvero i tiranti, del sistema numero 9 si presentano con una deformata modale non conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali”, si legge nella relazione.

Un’irregolarità, quella messa in evidenza dai due esperti, che potrebbe essere attribuita forse ai possibili fenomeni di corrosione o da difetti di iniezione del cemento armato. 

Autostrade: "Da controlli mai emerso nulla”

Il crollo è «per noi qualcosa di inaspettato e imprevisto rispetto all’attività di monitoraggio che veniva fatta sul ponte. Nulla lasciava presagire» che potesse accadere, ha detto il direttore del Tronco di Genova di Autostrade per l’Italia Stefano Marigliani, sottolineando che «assolutamente non c’era nessun elemento per considerare il ponte pericoloso».

Il ponte Morandi, ha spiegato il direttore del Tronco genovese, «è stato interessata da interventi di manutenzione su diversi fronti»: in particolare erano «in fase di ultimazione gli interventi sulle barriere di sicurezza» iniziati nel 2016. Inoltre, anche in questo periodo ''erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto", ha comunicato Autostrade per l'Italia in una nota aggiungendo che ''i lavori e lo stato del viadotto erano sottoposti a costante attività di osservazione e vigilanza da parte della direzione di tronco di Genova''.

Ecco il LINK alla gara di appalto di Società Autostrade

«Questa opera è soggetta da parte nostra da costante attenzione e cura», ha sottolineato. In particolare, per verificare la sicurezza della struttura, le Autostrade utilizzano «strumenti avanzati» e sul ponte venivano effettuate «prove riflettometriche» per rilevare la situazione all’interno del calcestruzzo: «dalle ultime, effettuate ad inizio 2017 - ha detto Marigliani - non è emerso nulla».

Ma non era così, ecco il verbale del progetto di rifacimento stralli presentato nel dicembre 2017

"Con nota n. 22127 del 05.12.2017 del M.I.T. - Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessioni Autostradali - Divisione 4" - inviata al Provveditorato Provveditorato Interregionale per le OO.PP. PiemonteN alle d'Aosta/Liguria, è stato trasmesso il Progetto Esecutivo per gli Interventi di retrofitting strutturale del Viadotto Polcevera al km 000 + 551 - Autostrada A/10 Genova -Savona per l'acquisizione del parere di questo C.T.A. presso detto Istituto, secondo quanto previsto dagli artt. 215, c. 3 e 5 del D. Lgs n. 18.04.2016 n. 50 e dall'art. 127, c. 1, lett. b del D. Lgs 19.04. 2017 n. 56.

Il Progetto è stato redatto dalla Spea Engineering ed è a firma dell'ing. Emanuele De Angelis (Ord. Ingg. Viterbo n. A936) - Responsabile Progettazione Specialistica e ing. Massimiliano Giacobbi (Ord. Ingg. Milano n. 20746) - Responsabile Integrazione Prestazioni Specialistiche e Direttore Tecnico."

E' un estratto del testo del verbale del PROVVEDITORATO INTERREGIONALE PER LE OPERE PUBBLICHE delle regioni Valle D'Aosta, Piemonte e Liguria (NDR diretto da Arch. Roberto Ferrazza, ora a capo del team di indagine costituito dal MIT) in cui i relatori erano Relatori:l'ing. Salvatore Buonaccorso - l'ing. Giuseppe Sisca (Interni al MIT) - prof. ing. Antonio Brencich Ph.D. - prof. ing. Mario Servetta riguardante il progetto di retrofitting strutturale del Viadotto Polcevera.

Quindi qualcosa che non andasse c'era e l'autostrada ne era consapevole.

Nel verbale è peraltro riportato: "Come detto, il viadotto è stato oggetto nel tempo di continue attività di controllo e monitoraggio, proseguite anche successivamente al richiamato intervento degli anni '90; le periodiche ispezioni e le indagini diagnostiche (sempre in fieri) consentono di tenere sotto controllo tutto il viadotto nel suo complesso (stralli, cassoni, solette, travi, appoggi, pile antenne ecc.). La Relazione che accompagna il Progetto Esecutivo all'esame di questo Consesso richiama puntualmente tutte le indagini, prove ed ispezioni che hanno interessato gli stralli nel corso degli anni i cui risultati, viene specificato, sono stati utilizzati per la taratura dei modelli di calcolo alla base della progettazione stessa."

Quindi non solo ci si era accorti del problema, ma ne era stata valutata l'entità e, da questo, era stato fatto il progetto di intervento.

"Alla Relazione Generale che accompagna il Progetto sono stati allegati tutti gli esiti delle indagini, che formano una corposa documentazione tecnica di 546 pagine; allegati a tale relazione sono i seguenti elaborati tecnici: 

  • 001A - Sorveglianza Riflettometrica dei Cavi di Precompressione degli Stralli Lato Valle 001B - Sorveglianza Riflettometrica dei Cavi di Precompressione degli Stralli Lato Monte 001 C - Indagini diagnostiche sugli stralli di pila 9 e pila 1 O 
  • 001 D - Caratterizzazione dinamica dei sistemi bilanciati n 9 e 1 O del Viadotto 
  • 00IE - Indagini Diagnostiche sulle travi di bordo esterno in e.a.precompresso 
  • 00IF - Indagini diagnostiche sulle travi in e.a.precompresso 
  • 001 G - Misure riflettometriche sui cavi di precompressione 2015"

Ma lla corposa indagine non aveva evidenziato l'urgenza degli interventi, ed è stato proprio questo il nodo che ci ha portato alla situazione di oggi. Se ne fosse evidenziata la gravità si sarebbe forse intervenuti subito e non aspettato un anno.

"DESCRIZIONE DIFETTI - STRALLI PILE 9 E 1O 

Sulla base della vasta banca dati ormai disponibile, è risultato uno stato di conservazione degli stralli delle pile 9 e 1 O discreto; tuttavia i risultati delle prove riflettometriche hanno evidenziato un lento trend di degrado dei cavi costituenti gli stralli (riduzione d'area totale dei cavi dal 10 al 20%): e proprio per tale considerazione la Committente ha ritenuto opportuno avviare una progettazione finalizzata al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 1O.".

SPEA aveva anche proposto un piano specifico di monitoraggio delle lavorazioni.

"Inoltre, data l'importanza della struttura e la complessità delle lavorazioni, il progetto prevede la realizzazione di un complesso SISTEMA DI MONITORAGGIO da istallarsi sulle Pile 9, 10 e 11 del Viadotto. L'Elaborato Progettuale MOI 001 "Piano di monitoraggio sistemi bilanciati nn. 9 -10 e 11" riguarda appunto l'installazione di un network di sensori per monitoraggio statico e dinamico, le scelte di natura tecnologica, la selezione del tipo di sensore ed il posizionamento, l'approvvigionamento energetico, la frequenza di campionamento e di lettura, il sistema di trasmissione e l'analisi dei dati acquisiti, cui dovrà  attenersi l'Esecutore dell'opera. 

La Società Progettista ha evidenzia come l'intervento proposto è in grado di coprire ammaloramenti fino al 40% e che eventuali successivi ammaloramenti maggiori possono essere gestiti dal sistema progettato che prevede la possibilità di effettuare operazioni  successive di ritesatura. 

Ed erano statte studiate attentamente le INTERFERENZE "Il Progetto analizza dettagliatamente tutte le interferenze che inevitabilmente si verificheranno  durante l'esecuzione dei lavori (Elaborati di Progetto da n. 046 a n. 055)." con proposte sul tema della gestione traffico sul viadotto, sulla viabilità sottostante e su tutto il contesto.

Come era stato quindi giudicato il progetto: positivamente:

"L'intervento proposto, unitamente al sistema di monitoraggio che verrà contestualmente installato sugli stralli, è pertanto da considerarsi come un provvedimento migliorativo che, pur non portando a sostanziali modifiche del comportamento dell'opera, induce sugli stralli una favorevole coazione di compressione che allunga la vita utile di questi elementi, fondamentali per la statica del ponte, incrementando così il valore del cespite. 

Considerata pertanto la natura e le finalità migliorative dell'intervento proposto si ritiene che lo stesso possa trovare allocazione economica all'interno dei casi previsto dalla Convenzione Unica."

Autostrade a maggio aveva lanciato un bando

E di conseguenza, a maggio, 6 mesi dopo la presentazione del progetto, ricevuto il parere positivo del Provvidetorato, Autostrade per l'Italia ha pubblicato un bando per l'assegnazione di importanti interventi strutturali per oltre 20 milioni di euro sul viadotto sul torrente Polcevera.  

I lavori, che non sono mai iniziati perché la gara non è ancora stata assegnata, riguardavano "interventi di retrofitting strutturale del Viadotto Polcevera al km 000+551 dell'Autostrada A10 Genova-Savona".

In particolare "il progetto di retrofitting" si legge nei documenti presenti sul sito web di Autostrade per l'Italia, "prevede il rinforzo degli stralli di pila n. 9 e 10 poichè quelli di pila n. 11 sono stati oggetti di rinforzo negli anni '90".

Il bando valeva quasi 20 milioni e 160 mila euro e il tempo massimo previsto per i lavori era di 784 giorni.

Nell'"inquadramento dell'opera" si legge che il Viadotto Polcevera "è un opera strategica" ed è "l'unico strallato di tutta la rete autostrade per l'Italia".

Da notare il passaggio dedicato alla parte del ponte che sarebbe crollata: "Le tre campate principali (su undici totali, ndr) necessarie per superare il torrente Polcevera, il parco ferroviario ed alcune importanti arterie viarie cittadine, sono state realizzate con il sistema bilanciato, in cui l'impalcato è sostenuto da tiranti di cemento armato precompresso, denominati stralli, che partono dalle sommità di antenne ad "A", alte fino a 50 metri dal fondo valle". Particolare attenzione, nel bando di gara, viene riservata allo "stato attuale dei sistemi bilanciati": "La zona a sistema bilanciato è costituita da tre pile strallate (pila n. 9, 10 e 11) unite tra loro da cavi in cemento armato precompressso. Tutte e tre le pile strallate sono costituite da quattro elementi fondamentali: antenna, cavalletto, impalcato e stralli. I sistemi oggetti di intervento strutturale di retrofitting sono il sistema 9 e 10".

L'intervento previsto consisteva "nella disposizione di nuovi cavi esterni che vanno dal traversone dell'impalcato fino alla sommità delle antenne". Erano inoltre previsti lungo lo strallo "delle cravatte porta cavi in acciaio collegati al traversone dell''impalcato e alla sommità dell'antenna per mezzo di blocchi di ancoraggio in acciaio". Questa ulteriore operazione necessitava l'utilizzo di gru ed era previsto che si sarebbe svolta solo "con lavorazioni notturne".

Complessivamente nel bando erano previsti 550 mila chilogrammi di acciaio e 1200 metri cubi di calcestruzzo e malte. La gara si è chiusa l'11 luglio scorso. (FONTE RAI)

Quel che resta del pilone centrale del ponte morandi

Autostrade non si fida del provveditorato ?

 

Dalle indagini della procura emerge anche un altro documento. Alla metà di luglio scorso i vertici del primo tronco stipularono una convenzione con l’università di Genova : agli esperi del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale Autostrade chiese di valutare il progetto di rinforzo degli stralli nonostante fosse già stato approvato dal Ministero. (Fonte La Verità)

Procura: sul Ponte non funzionavano le telecamere di sicurezza

Sul ponte Morandi non funzionavano neppure le telecamere di sicurezza. «I video che abbiamo acquisito - ha dichiarato ieri il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi - non ci offrono elementi utili per le indagini. Ci sono interruzioni delle riprese». Prima, durante e dopo il crollo.

«Interferenze e buchi neri - ha aggiunto il magistrato - dovuti, credo, al forte maltempo che ha provocato il malfunzionamento del sistema video». 

La Gronda Autostradale di Genova

La Gronda autostradale di Genova dopo un lungo iter ha ricevuto tutti i via libera e dovrebbe partire entro l'anno.

Prevede 10 anni di lavori e un investimento da oltre miliardi di euro. Si tratta di costruire nuovi tracciati autostradali per 72 Km, di cui 54 in galleria oltre a 13 nuovi viadotti e 11 pontenziati.

I primi lavori sono già partiti ma i cantieri principali saranno avviati all'inizio dell'anno prossimo.

Due settimane fa il ministro dei trasporti e infrastrutture Danilo Toninelli alla Camera aveva indicato le grandi opere da sottoporre "ad una revisione complessiva, che contempli anche l'abbandono del progetto". Oltre alla Tav figura anche la Gronda autostradale di Genova.

Su Libero ho trovato un interessante articolo di Franco Bechis che riprende la storia della Gronda: LINK.

Sullo stesso argomento anche questo articolo sul sito dell'AGI: LINK

il percorso della gronda

Ecco un video realizzato nel 2017 da Autostrade che racconta il progetto della "Gronda": LINK

Il Ponte Morandi

NEWS: La descrizione di Riccardo Morandi del Ponte (da IIC del '69)

Nel 1967 l'ing. Riccardo Morandi - pochi mesi dopo l'inaugurazione del ponte strallato di Genova pubblicò un articolo su l'Industria Italiana del Cemento dal titolo "Il viadotto sul Polcevera per l'autostrada Genova Savona.

Dopo una breve descrizione del contesto geografico e morfologico in cui l'opera è stata realizzata l'ingegnere entra nel merito della descrizione generale dell'opera.

Morandi suddivide l'opera in queste parti:

  • il viadotto principale
  • pista di raccordo da Serravalle a Savona
  • pista di raccordo da Savona a Serravalle
  • pista di raccordo da Savona a Genova
  • pista di raccordo da Genova a Savona

e per ognuna di queste approfondisce numeri e considerazioni tecniche.

Il viadotto consta delle seguenti luci teoriche (a partire dalla spalla terminale lato Savona):

  • una luce da 43 m
  • cinque luci da 73,2 m
  • una luce da 75,313 m
  • una luce da 142,655 m
  • una luce da 207,884 m
  • una luce da 202,50 m
  • una luce da 65,10 m

E Morandi evidenzia che "le luci, di così disparata ampiezza, trovano il loro legame di consezione in una serie di travste tutte uguali di calcestruzzo precompresso della luce di 36,00 m, vincolate a semplice appoggio su una serie di sistemi speciali, tra cui potremmo distinguere due diversi tipi fondamentali:

il sistema a a cavalletto per le luci minori costituito da due stilate oblique collegate in testa da una travata a doppio cantilever di lunghezza variabile. Il tutto di calcestruzzo armato, vincolato al piede da una zattera a sua volta poggiata su una palificata fondale di pali trivellati dal diametro di 110 cm e di lunghezza variabile fino a 48 m.

il sistema bilanciato per le luci maggiori. Detto sistema è costituito da una travata continua a 3 luci su quattro appoggi con due sbalzi teminali alle cui estremità sono appoggiate le travi da 36 m di cui sopra

I due appoggi più esterni dei quattro vincoli della travata sono costituiti dai terminali di due tiranti in acciaio pretesi che passano al di sopra di un'antenna disposta in corrispondenza dell'asse del sistema dell'altezza di 90 metri da terra e di circa 45 m sul piano viabile del ponte".

La presentazione dell'articolo è riportata a questo LINK: "Il viadotto sul Polcevera: Ecco l'articolo di Riccardo Morandi del 1967 con tutti i dettagli progettualidove ho cercato di ricordare le parti principali dell'articolo di Riccardo Morandi e l'articolo integrale.

"LE STRUTTURE STRALLATE IN CEMENTO ARMATO"

"Ventitre anni fa, nella primavera del 1957, sotto l’assillo di dover inventare una inusitata applicazione del calcestruzzo, cioè un ponte con grandissime luci (almeno per allora) per cui non era conveniente ricorrere a strutture spingenti e non era conveniente nemmeno usare strutture metalliche data l’eccezionale aggressività dell’atmosfera è nata la prima idea della struttura strillata omogeneizzata in calcestruzzo.

Poichè da allora e per ventitré anni ho perseverato nell’intento di perfezionare sempre di più un’applicazione che si è subito rilevata particolarmente adatta per contribuire alla conquista di luci sempre maggiori per opere in calcestruzzo armato, ritengo sia interessante ripercorrere questo ormai lungo cammino, rileggendo criticamente le soluzioni adottate per i vari temi, spesso così diversi specialmente dal punto di vista ambientale.

Nel prosieguo quindi mostrerò e commenterò brevemente i più importanti ponti strallati in cemento armato da me progettati …” 

Con queste parole Riccardo Morandi su un articolo sulla splendida, e purtroppo chiusa, rivista "L'Industria Italiana del Cemento" raccontava la storia dei suoi ponti strallati in calcestruzzo armato. Abbiamo avuto l'articolo grazie a un post dell'ing. Maurizio Loi, che ringraziamo.

Riprenderemo altre parti dell'articolo, ma per chi vuole leggerlo, lo trova in allegato al presente approfondimento.

Inaugurazione ponte Morandi

Ponte sul Polcevera, inaugurato nel 1967

Inaugurato nel settembre 1967, il viadotto Polcevera rappresenta una pietra miliare nella storia delle autostrade italiane, sia per la complessità della soluzione tecnica, sia per l'elevato risultato estetico. 

Il viadotto, progettato da Riccardo Morandi, aveva lo scopo di connettere la nuova A10 con la A7, scavalcando un vasto parco ferroviario, case e industrie.

Si trattava di un compito arduo, data la quasi totale occupazione del suolo sotto il viadotto: esso venne brillantemente risolto con una raffinata struttura a due campate principali (lato est), sorrette da tre alti piloni e tiranti in calcestruzzo armato, cui seguivano verso ovest ulteriori campate minori tradizionali. 

Due le particolarità strutturali di questo ponte: gli stralli, che a differenza di quanto avviene per i ponti in acciaio non formano un ventaglio o un’arpa, sono solo una coppia per lato e sono realizzati in calcestruzzo armato precompresso; le modalità di realizzazione dell’impalcato (la parte che sostiene direttamente il piano viabile) in calcestruzzo armato precompresso, secondo un brevetto ideato dallo stesso Morandi. (cit. Occhiuzzi)

È stato costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d’Acqua. Il viadotto Polcevera è in realtà conosciuto come ponte Morandi.
Il ponte morandi nei primi anni di attività

Ha una lunghezza di 1.182 metri, un’altezza al piano stradale di 45 metri e attraversa il torrente Polcevera tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano, passando anche sopra la rete ferroviaria. Si tratta di un ponte a trave strallata: un ponte di tipo «sospeso» nel quale l’impalcato è retto da una serie di cavi (gli stralli) ancorati a piloni (o torri) di sostegno.

È stato costruito con calcestruzzo armato precompresso.

La forma delle pile (alte 90 metri) viene chiamata cavalletto rovesciato bilanciato.

Gli stralli (cioè i cavi) sono dei trefoli in acciaio rivestiti di calcestruzzo.

NEWS: perchè i tiranti sono rivestiti di cemento

Su questa scelta strutturale abbiamo trovato - grazie all'Ing. Vincenzo Caruso - uno scritto di Morandi, che parla però del simile ponte sul lago di Maracaibo:

"Se avessi previsto dei semplici tiranti di acciaio mi sarei imbattuto, per il passaggio dei carichi accidentali (pernso in particolare a quelli severissimi ferroviari) in due serie difficoltà: la prima che l'allungamento dei tiranti dovuti al suddetto passaggio dei carichi avrebbe lesionaito qualsiasi guaina in calcestruzzo gettata a loro protezione e che l'allungamento stesso sarebbe stato di tale entità da disturbare addirittura il transito dei veicoli ferroviari sul ponte (l'abbassamento della sede stradale sarebbe stato di circa 1 metro).

Ho pensato quindi che se i cavi di acciaio fossero stati pretesi in maniera tale che una guaina di calcestruzzo preventivamente disposta intorno ad essi fosse risultata compressa, il passaggio dei carichi avrebbe operato su di essa soltanto una diminuzione di compressione, senza mai raggiungere il valore zero, per cui fossero da escludersi concettualmente le fessuraizonei e le deformazioni sarebbero state ridotte dal rapporto tra modulo elastico dell'acciaio e quello del calcestruzzo. E' da considerare inoltre che la componente orizzontale della reazione, in corrispondenza del punto di innesco del tirante della travata orizzontale, costituisce uno sforzo di autocompressione della travata che contribuisce sensibilmente alla buona risoluzione economica del problema."

Alleghiamo l'articolo completo di Riccardo Morandi dal titolo "Su alcune recenti realizzazioni di strutture in cemento armato e cemento armato precompresso" da cui è tratto questo pezzo.

L’inaugurazione è avvenuta il 4 settembre 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.

Il ponte Morandi dalla sua costruzione ha sempre fatto discutere dividendo anche gli ingegneri.

Il ponte Morandi è un fallimento dell’ingegneria

Era il 2016, Antonio Brencich, docente di Costruzioni in cemento armato presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, era stato chiaro. In un’intervista rilasciata all’emittente Primocanale aveva detto. «Quel ponte è sbagliato. Prima o poi dovrà essere sostituito. Non so quando. Ma ci sarà un momento in cui il costo della manutenzione sarà superiore a quello della sostituzione. Alla fine degli anni Novanta erano già oltre l’80 per cento del costo della costruzione».

LINK alla video intervista ad Antonio Brencich

«Se di ponti di quel tipo ce ne sono tre in tutto il mondo, un motivo ci sarà» ha aggiunto il prof. Brencich. 

Il professore, oggi inserito nella commissione di inchiesta, ha fatto anche alcune ipotesi sul crollo: ​Che la causa del crollo del ponte di Genova possa essere stata «la rottura di uno strallo è un'ipotesi di lavoro seria ma dopo tre giorni è solo un'ipotesi», ha sottolineato Brencich. Il docente ha invece smentito che possa essere stato un eccesso di carico a provocare il crollo del ponte Morandi: «La pioggia, i tuoni, l'eccesso di carico sono ipotesi fantasiose - ha detto - che non vanno prese neanche in considerazione».

Mario Paolo Petrangeli: "Nessun errore nel progetto"

"Tenuto conto del contesto storico, il progetto era assolutamente corretto. Chi dice il contrario cerca lo scoop o ama la battuta facile". Mario Paolo Petrangeli era un giovane collaboratore di Riccarod Morandi ed è stato intervistato da LaPresse.  Il ponte di Genova Petrangeli lo conosceva bene e non ha problemi a rispedire al mittente tutte le polemiche sul progetto e sui materiali. L'errore lo esclude "nel modo più assoluto": "C'erano conoscenze all'epoca limitate, che si sono andate arricchendo. Stando così le cose, è chiaro che ci fosse bisogno di una manutenzione molto più attenta di quanto si faccia con i ponti costruiti dopo". Il calcestruzzo "era di buona qualità, me lo ricordo. Fu costruito da Condotte, che era un'impresa valida e di altissimo livello. I materiali erano buoni. Se fosse stato difettoso non sarebbe durato 60 anni".

"Allora le conoscenze sui materiali erano molto modeste, erano i primi esempi di ponti di quel tipo che si facevano nel mondo. È chiaro che la parte critica sono gli stralli, le funi che tengono sospesa la travata. A quel tempo erano abbastanza semplici, ora sono molto più sofisticati, principalmente per quel che riguarda la protezione contro la corrosione. Quel ponte aveva sicuramente problemi di manutenzione degli stralli che erano corrosi". 

Scheda tecnica del Ponte Morandi

  • Anno di costruzione: 1963-1967 (inaugurato nel 1967)
  • Campata maggiore: 210 m
  • Lunghezza: 1182 m
  • Tecnologia costruttiva: calcestruzzo armato precompresso
  • Forma delle pile: cavalletto rovesciato bilanciato
  • Altezza delle pile: 90 m
  • Stralli: Trefoli in acciaio rivestiti di calcestruzzo

Chi è Riccardo Morandi

Riccardo Morandi (Roma, 1º settembre 1902 – Roma, 25 dicembre 1989) è stato un ingegnere italiano. Ha iniziato la sua attività in Calabria, sullo scorcio degli anni venti, con la progettazione di strutture in cemento armato per il recupero di edifici di pregio (principalmente chiese) che riportavano ancora i danni del terremoto del 1908. Tornò poi a Roma continuando lo studio o la soluzione dei problemi tecnici connessi a questo tipo di struttura (allora nuova per l'Italia), ricca di promesse e di avvenire. Insegnò Tecnologia dei materiali e Tecnica delle costruzioni presso l'Università degli studi di Roma. Ricevette la laurea honoris causa dalla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Monaco di Baviera e dalla Facoltà di Architettura dell'Università di Reggio Calabria. Morì il 25 dicembre 1989.

Egli rappresenta l'uomo che con maggior coraggio ha cercato di superare i limiti dei materiale e delle forme strutturali. La leggerezza delle sue strutture e le loro stesse forme e proporzioni, testimoniano una continua ricerca di una intelligente utilizzazione dei materiale fino ai limiti consentiti dalla sua natura. Dopo il 1951 egli realizzò tutta una serie di ponti ad arco e a travatura: il ponte delia Vella, presso Sulmona di 22 metri e con cavalletti obliqui; il viadotto della Fiumarella (Catanzaro), lungo 467 m; il ponte di Maracaibo in Venezuela lungo otto chilometri e settecento metri; il viadotto sul Polcevera a Genova (quello crollato). Fra le molte opere egli realizza anche un hangar a Firenze, che ricopre un'area di 3.500 M2 senza sostegni intermedi; il padiglione sotterraneo dell'automobile a Torino, superficie senza appoggi di 160 m per 70 m e le aviorimesse Alitalia a Fiumicino (1960-1962).

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Un approfondimento pubblicato su INGENIO su un'opera di Riccardo Morandi

 

Michel Virlogeux: il ponte di Morandi sul Maracaibo in Venezuela uno dei 5 ponti più importanti al mondo

Grazie al Prof. Dezi abbiamo recuperato una memoria di Michel Virlogeux, dedicata ai grandi progettisti di ponti dei due secoli scorsi, presentata ad un Symposium internazionale tenutosi a Dundee nel 2003, in cui si evidenzia l’ammirazione di Virlogeux stesso per Morandi, che considera un progettista che ha operato sempre coerentemente con la propria filosofia progettuale. Virlogeux ritiene il ponte sul Maracaibo in Venezuela uno dei 5 ponti più importanti al mondo, assieme al ponte di BrooKlyn, al ponte sul Firth of Forth, al ponte di Washington e al Golden Gate. Una straordinaria testimonianza da parte di un progettista di ponti (non italiano), che viene considerato oggi tra i più grandi progettisti viventi se non il più grande.
 
"Riccardo Morandi (1902-1989) 
I have a very special appreciation of Riccardo Morandi who developed his own structural philosophy without any relation with the intemational trends. 
His most famous construction is the Maracaibo bridge in Venezuela (1962) which I consider as one of the major ones in the world, together with the Brooklyn Bridge, the bridge across the Firth ofForth, the Washington bridge and the Golden Gate bridge. This is one of the largest constructions of the time, one of the first large concrete constructions built with heavy equipment. lt is remarkable that, like the bridge above the Firth of Forth, this is a hopeless solution : the gigantic truss of the Firth of Forth was overpassed by suspension bridges, lighter and much cheaper to erect, more elegant also; and the Morandi's system for cable-stayed bridges was overpassed by the design of the German cable-stayed bridges, with flexible pylons and deck; lighter, at much lower cost and finally more elegant. But what a strength in these two designs, the Firth of Forth and Maracaibo ! How evident is the flow of forces, even if not the most logica! ! This is not a surprise if these two bridges, two deadlocks, are highly appreciated by architects and the public ; they express their strength and their behaviour.
Morandi kept the same line during ali his career, mainly inspired by the architecture and the art of the twenties and thirties ; priviledging assemblies of beams and slabs. ... He develops his prestressing systems (1949) and a new technique to erect arches : each half-arch is built almost vertical inside a scaffolding, and then rotated with the help of maintaining cables to take its final position ; the Lussia pedestrian bridge (1954) and the Storms river bridge in South Africa (1954) are built that way. And then he begins building his cable-stayed bridges : the Maracaibo bridge (1962), the Polcevera viaduct in Genoa (1964) and the Wadi-kuffbridge in Lybia (1971) with the same design; and some more recent with amended solutions, tending to the intemational way. But he also builds cable-supported roofs for Alitalia in the Fiumicino airport and a very large arch bridge, the Fiumarella bridge with the same design philosophy.
A rather rare example of a man who followed his own way with no relation with the intemational trends and fashion. "

I Ponti Strallati

Si è convenuto di chiamare ponte strallato un sistema resistente a travata rettilinea vincolata su appoggi, in parte concettualmente rigidi (le spalle e le pile) ed in parte a comportamento notevolmente diverso dai precedenti e cioè caratterizzati dal valore della loro costante elastica comparabilmente molto minore, perchè costituiti dai terminali di tiranti obliqui (gli stralli) passanti sulle estremità superiori di antenne verticali poste in corrispondenza degli appoggi di cui sopra.”

Questa è la definizione data dallo stesso Morandi nel già citato articolo pubblicato nel 1980 sull'Industria Italiana del Cemento.

La caratteristica saliente dei ponti strallati è quella di assumere un comportamento statico, anche per i carichi mobili, di tipo "quasi reticolare", ovvero con soli sforzi assiali nelle membrature della struttura.

Nella maggioranza dei casi i ponti adottano uno schema di tipo autoancorato (es. Ponte di Normandia in Francia) e l'impalcato è così soggetto a sforzi prevalentemente di compressione, mentre nei ponti strallati ancorati a terra (es. Ponte all'Indiano a Firenze) l'impalcato è prevalentemente in trazione. Gli stralli risultano sempre tesi, anche quelli di ormeggio o di mezzeria che, in base ad alcune condizioni di carico, sono soggetti a grandi escursioni di sforzo, rimanendo però sempre in trazione. La deformabilità dei ponti strallati non dipende essenzialmente dalla rigidezza dell'impalcato (come nei ponti sospesi classici a travata irrigidente) ma principalmente dal sistema di strallatura.

Se progettato correttamente il ponte strallato ha un regime di sollecitazioni flessionali nell'impalcato di tipo secondario, consentendo così altezze dell'impalcato molto ridotte (sostanzialmente legate alla larghezza dello stesso) con notevoli benefici anche sul piano estetico. Il confronto con il ponte sospeso vede sicuramente prevalere il ponte strallato nel campo di luci tra i 200 m e i 1100 m, soprattutto se è previsto il transito ferroviario. Infatti il ponte strallato rispetto al ponte sospeso è meno deformabile, più facilmente costruibile e comporta un quantitativo di acciaio ad alta resistenza (per i cavi) decisamente inferiore.

Il ponte strallato omogeneo in cemento armato

Riccardo Morandi per la sua soluzione, in cui inguaina i tiranti nel cemento armato precompresso, sua questo termine OMOGENEO, e nel suo articolo ci spiega perchè:  “l’eliminazione concettuale delle fessurazioni nel calcestruzzo delle guaine garantisce una efficace protezione dell’acciaio dagli agenti atmosferici. I tiranti, quindi, almeno nelle condizioni di esercizio, si comportano come delle lunghe e sottili travi di calcestruzzo, precompresse e sollecitate essenzialmente a decompressione al passaggio dei carichi, pertanto il sistema, con tutte le sue membrature, avrà un comportamento comparabile e potrà considerarsi omogeneo. Questa è la ragione per cui si è ritenuto definire tali strutture PONTI STRALLATI OMOGENEIZZATI.”

Tragedia di Genova, nessun parallelo con il ponte di Morandi di Catanzaro

Gerlando Cuffaro, Presidente dell’Ordine Ingegneri di Catanzaro, ha emesso un comunicato per evitare qualsiasi polemica ed equivoco di collegamento tra i due ponti progettati da Morandi.

"Con riferimento al tragico evento che ha comportato il crollo parziale del ponte Morandi di Genova, in qualità di Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Catanzaro tengo a precisare che ho telefonicamente contattato l’Ing Marco Moladori, responsabile A.N.A.S. dell’area compartimentale sud, il quale mi ha assicurato che gli interventi manutentivi del ponte ad arco Morandi di Catanzaro stanno procedendo secondo la programmazione precedentemente stabilita, per cui appare fuorviante ogni diversa valutazione, spesso da non addetti ai lavori, in merito ad una presunta inadeguata sicurezza del viadotto.

Non appare condivisibile effettuare un superficiale parallelo tra i due ponti, quello di Genova e quello di Catanzaro, solo per essere stati progettati dallo stesso ingegnere Riccardo Morandi, che è stato un eminente professionista e che ha operato in tutto il mondo con sistemi innovativi soprattutto per quanto attiene al cemento armato precompresso, avendo, egli stesso, brevettato alcuni tra i più importanti sistemi di ancoraggio di cavi presollecitati, tra cui il sistema M3, a tre trefoli di acciaio armonico e il sistema M5, quello utilizzato nel ponte di Genova.

E' possibile leggere tutto il comunicato stampa del Presidente del'Ordine degli Ingegneri di Catanzaro a questo LINK. 

Cnr: “Decine di migliaia di ponti hanno superato la durata di vita per la quale sono stati costruiti”

Per l'Istituto di tecnologia delle costruzioni del Centro nazionale delle ricerche "serve un piano Marshall per sostituire gran parte delle infrastrutture: in moltissimi casi i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione. Le cifre necessarie per l'ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro"

“La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità“. Lo sottolinea in una nota l’Istituto di tecnologia delle costruzioni (Itc) del Cnr. “L’elemento in comune è l’età (media) delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60)”, continua l’Istituto. In pratica”decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti”.

E in moltissimi casi “i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione: le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro”.  Come ben sanno, oltre che nelle concessionarie autostradali come quella dei Benetton titolare della A10, anche all’Anas cui fa capo la manutenzione di oltre 26mila chilometri di strade.

I ponti ricostruiti, inoltre, “sarebbero dimensionati per i carichi dei veicoli attuali, molto maggiori di quelli presenti sulla rete stradale italiana nella metà del secolo scorso”. Secondo l’Itc del Cnr, quindi, “per evitare tragedie come quella accaduta stamattina sarebbe indispensabile una sorta di “piano Marshall” per le infrastrutture stradali italiane, basato su una sostituzione di gran parte dei ponti italiani“.

Quanto alla casistica, l’istituto ricorda che nel luglio 2014 è crollata una campata del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata (Agrigento), “spezzandosi a metà per effetto della crisi del sistema di precompressione”. Nell’ottobre 2016 è invece crollato un cavalcavia ad Annone (Lecco) per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura, “che però è risultata molto invecchiata rispetto all’originaria capacità”. Nel marzo 2017, poi, è crollato un sovrappasso dell’autostrada adriatica, “ma per effetto di un evento accidentale durante i lavori di manutenzione”. Un mese dopo è invece venuta giù una campata della tangenziale di Fossano (Cuneo), spezzandosi a metà in assenza di veicoli in transito e con modalità molto simili a quelle del viadotto Petrulla

E ora, un piano di intervento su tutte le infrastrutture: le proposte del CNI 

Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri è intervenuto nel dibattito facendo delle proposte concrete al governo.  Precisamente:

  • Un piano nazionale pluriennale di verifica delle infrastrutture, con un’anagrafe delle opere d’arte importanti ed a rischio e delle condizioni di sicurezza, basata su dati messi a disposizione dagli enti proprietari/concessionari, verificati, con metodi scientifici, da un soggetto indipendente. Un impegno condiviso e sottoscritto dal Governo.
  • La gestione ed il coordinamento di questo piano devono essere affidati ad una specifica struttura dello Stato allo scopo dedicata ed operante in stretto accordo con i ministeri competenti che devono esserne l’anima, ponendo fine ad inutili e dannosi antagonismi che, a volte, sono emersi nell’attribuzione di ruoli e competenze.
  • Il piano di manutenzione, che è da anni un elemento obbligatorio a corredo del progetto esecutivo, deve essere redatto da soggetti competenti e deve essere aggiornato sulla base di un costante monitoraggio diagnostico, dell’avanzamento delle ricerche scientifiche, delle conoscenze, delle tecnologie. Esso va esteso anche alle opere esistenti.

Per saperne di più leggi l'articolo: Crollo ponte Morandi: dal CNI proposte concrete per garantire la sicurezza di ponti e viadotti

Ponti, infrastrutture e investimenti costruzioni

I dati del Centro Studi del CNI

Da una elaborazione del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli INGEGNERI su dati Aiscat risultano 1.608 ponti e viadotti in tutta la rete autostradale e che sono lunghi complessivamente 1.013 km su un totale di circa 6.000 km di rete.

Si può quindi assumere che circa il 15% dei km totali della rete sia composta da ponti e viadotti.

Mantenendo tali proporzioni si può stimare che siano presenti 61 mila ponti e viadotti lungo i 255.000 km totali (dato nel MIT) che compongono la rete stradale italiana fatta da autostrade, statali, regionali provinciali e comunali) per una lunghezza complessiva di 38.000 km.

Investimenti in costruzioni

Per il settore dell’ingegneria e per quello delle costruzioni uno dei punti critici riguarda, ancora, il ciclo negativo degli investimenti in opere pubbliche. Tra il 2008 ed il 2017 la sola spesa per nuove opere stradali e del Genio Civile è passata da 16,4 miliardi di euro a 10,4 miliardi. Vi sono stati anni, come il 2012, in cui la flessione degli investimenti in opere pubbliche (considerando sia le opere nuove che gli investimenti in manutenzione) è stata superiore al 12% e vicina al 10% nel 2013. Solo a partire dal 2018 è prevista la prima inversione del ciclo negativo, con un incremento del 2,5%.

E’ significativo il fatto che la capacità di investimento e di progettazione dello Stato in opere pubbliche si sia ridotta non solo in valore assoluto, ma anche in rapporto agli investimenti complessivi in costruzioni. Da poco più del 20% nel 2011, già in piena crisi, si è attualmente al 18,8%.ponte-morandi-crollo-dati-cs-cni.jpg

In effetti anche i siti stranieri mettono in evidenza il problema degli investimenti fatti in Italia sul tema delle strade. Sul sito della BBC si ipotizza il problema della manutenzione "But the bridge may have also suffered from the marked drop in investment in the country's infrastructure, which lags behind other economies in western Europe " e si riporta questo grafico.

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Spesa media in manutenzione stradeUn'altra fonte, l'OCSE, da un dato diverso sul tema della manutenzione delle strade. Dai dati forniti si evidenzia che siamo il secondo paese in Europa per spese in manutenzione.

Siteb: Servirebbero 42 miliardi.

Il bollettino elaborato periodicamente dall’associazione SITEB evidenzia come a causa del costante blocco dei lavori di manutenzione oggi occorrerebbero oltre 42 miliardi di euro per rimettere in sesto le nostre strade, ripristinando, ove necessario, anche gli strati più profondi della sovrastruttura stradale.

Un costo decisamente elevato, ma necessario per preservare il valore complessivo della nostra rete stimato in 5.000 miliardi di euro.

Altre cifre dall'ANAS. In un articolo pubblicato su Edilizia e Territorio del 20 aprile 2017 si scriveva che per la manutenzione straordinaria (messa in sicurezza e miglioramento) della rete stradale nazionale (26.436 km) servirebbero 2,5 miliardi di euro di investimenti effettivi all’anno (mappatura Anas).

Il Piano 2016-2020 della società nazionale delle strade (23,5 miliardi di euro, di cui 16 disponibili), prevede manutenzioni per 1,04 miliardi di euro in media all'anno. La spesa effettiva ad oggi, seppure raddoppiata rispetto agli anni scorsi, è stata di 450 milioni di euro nel 2016, e salirà solo a 5-600 milioni nel 2017.

"Insomma, detta brutalmente: l’Italia sta spendendo 450-500 milioni l'anno per la manutenzione straordinaria delle strade, mentre bisognerebbe spendere cinque volte tanto." Sempre nello stesso articolo si trova una dichairazione di Matteo Ignaccolo, presidente dell’Associazione italiani ingegneri del traffico: "In Italia si è investito pochissimo nella manutenzione delle infrastrutture negli ultimi decenni, si preferisce tagliare nastri di nuove opere". «Il problema in Italia - spiega Ignaccolo - è anche che il traffico merci è quasi tutto su gomma, per cui le strade, ma soprattutto ponti e viadotti, sono sottoposti a iper sollecitazioni che ne accelerano l’obsolescenza».

Il problema dei ponti è internazionale, non solo italiano

Su "the Economist" un articolo in cui si parla del crollo del ponte sul polcevera e che evidenzia un dato importante: "Le infrastrutture fatiscenti sono un problema mondiale" (Crumbling infrastructure is a worldwide problem)

L'articolo infatti evidenza come "in tutto il mondo i ponti costruiti molto tempo fa, in particolare quelli che utilizzano cemento armato, si stanno deteriorando. Già nel 1999, uno studio ha rilevato che circa il 30% dei ponti stradali in Europa aveva un qualche tipo di difetto, in particolare la corrosione del loro rinforzo in acciaio o dei cavi precompressi.

Un rapporto dall'American Road & Transportation Builders Association di quest'anno ha calcolato che 54.259 dei 612.677 ponti di quel paese sono "strutturalmente deficitari". Questi ponti problematici hanno un'età media di 67 anni e sono attraversati da veicoli 174 milioni di volte al giorno. Al ritmo attuale di riparazione e sostituzione, ci vorranno 37 anni per rimediare a tutti i problemi, dice Alison Premo Black, capo economista dell'organizzazione.

Tra i fatto che aggravano il deterioramento dei ponti, vi è il traffico pesante, afferma Mehdi Kashani, esperto in meccanica strutturale presso l'Università di Southampton, in Gran Bretagna. Ciò è problematico per i ponti progettati negli anni '60, quando i flussi di traffico erano più bassi, le automobili erano più piccole e i camion molto più leggeri.

I primi commenti

Occorre andare oltre la manutenzione

Armando Zambrano, presidente Consiglio Nazionale Ingegneri, su RAI 1: "La questione è molto complessa però è anche abbastanza urgente, ormai ce ne siamo accorti anche in occasione dei terremoti, è il terzo agosto in cui abbiamo una grossa disgrazia: 3 anni fa avremmo il terremoto al centro sud. l' anno scorso l' Ischia, quest anno questo evento e tutto questo ci riporta a ragionare sui temi della prevenzione. E' evidente che la questione della manutenzione è fondamentale Ordinaria e Straordinaria, ed è chiaro che bisogna andare oltre anche quella straordinaria. L' esperienza che abbiamo avuto con questo crollo, del tutto inatteso, perché sappiamo che al di là di tutto quelle era una struttura ampiamente monitorata e controllata va che aldilà della manutenzione ordinaria e straordinaria: bisogna cominciare a pensare che molte di queste infrastrutture realizzate negli anni 50/60 con tecnologie diverse, con problemi anche riguardo il degrado del calcestruzzo e dell' ossidazione delle strutture, oggi, non solo vanno ripristinate, ma ne vanno migliorate le caratteristiche strutturali e le condizioni di stabilità. E' un piano ambizioso, ma non possiamo permetterci di perdere strutture strategiche come i ponti, che sono i più importanti; per questo condivido quello che diceva il ministro sulla necessità di una forma di verifica costante, anche da remoto, di tutte le strutture. Occorrerebbe un' anagrafe di tutti i ponti per poter consolidare anche meccanismi di intervento. Come Consiglio nazionale ingegneri, insieme agli architetti  e la Fondazione Inarcassa, abbiamo avviato un progetto che il 30 settembre vedrà la sua luce, dedicato alla prevenzione dei fabbricati privati"

 


Il tema della manutenzione va affrontato non solo dopo le tragedie

Giovanni Cardinale, vicepresidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, su SKY TG: "inutile aggiungere diagnosi a diagnosi del momento, ora occorre  comprendere e capire, non mancano le personalità tecniche per farlo. Se vogliamo parlare di manutenzione possiamo farlo, dispiace però doverlo fare sempre a valle di tragedie come queste, dovrebbe essere un abito da indossare sempre, a prescindere dalle divisioni della politica."

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Adesso silenzio, in memoria delle vittime, per rispetto ai famigliari, per rispetto al Genio Morandi

Edoardo Cosenza, Presidente Commissione Strutture UNI, su Facebook: Non mi chiedete niente. Senza approfondimenti assolutamente impossibile dare risposte: sbagliato dire qualcosa senza avere altre informazioni. Riccardo Morandi è stato un genio assoluto del cemento armato ed un grande innovatore nelle tecniche di precompressione. Ha progettato ponti di importanza e bellezza assoluta. Il ponte è molto ardito, un ponte strallato - piuttosto raro - in cemento armato con luci importanti, che certamente per esposizione marina e tipo di sollecitazioni meritava manutenzione continua. Con oltre 50 anni di vita. Con anche telai inferiori significativi e luce intermedia della campata appoggiata su - credo - selle Gerber. Adesso silenzio, in memoria delle vittime, per rispetto ai famigliari, per rispetto al Genio Morandi.


La fatica nei materiali è una “brutta bestia”  

Enzo Siviero, Bridge Builder, Rector University eCAMPUS Novedrate Como Italy: Io il Polcevera (così lo si chiamava tra gli addetti si lavori) non l’ho mai amato (ma sono tra i pochissimi che lo affermava pubblicamente anche perché Riccardo Morandi era una Icona nazionale e internazionale in tema di ponti... ma i suoi migliori sono quelli ad arco vedasi Catanzaro e Storms River in Sud Africa...). Si tratta di un ponte strallato in ca e cap tra loro intelligentemente accoppiati innovazione assoluta per l’epoca essendo i tiranti in cap anziché in acciaio come d’uso. Le due “stampelle” inclinate sottostanti riducono le luci in gioco migliorando decisamente il comportamento statico anche nel gioco “tiranti-puntoni”. Ciò detto , osservo: 

A. Era un “Fuori Scala” rispetto al contesto semiurbano . Troppo invasivo! 

B. Nessuna reale previsione di manutenzioni straordinarie . A quel tempo non era considerato necessario...il tema durabilità è entrato nel dibattito scientifico a partire dagli anni ‘80 e io me ne sono occupato per una decina di anni pubblicando un libro (credo primo in Italia...) . Tuttavia in questo caso, causa difficile accesso da sotto dove c’è “di tutto”, ciò era comunque molto problematico quindi costosissimo 

C. I tiranti in cemento armato precompresso erano un azzardo e nessuno , salvo Morandi, li ha mai più utilizzati . I soli altri due casi sempre di Morandi sono : il Wadi Kuf in Libia che io ho visitato a fine  anni ‘70 e ristrutturato molto bene pochi anni fa dall’impresa Rizzani De Eccher, e Maracaibo che non mi risulta stia troppo bene in salute 

In effetti circa un paio di decenni fa, un paio di tiranti sono stati anche sostituiti con i più adeguati stralli in acciaio (e avrebbero fatto bene a sostituirli tutti...) 

D. La fatica nei materiali è una “brutta bestia” e il traffico li era elevatissimo oltre che con un forte aumento dei carichi in transito quindi sollecitazioni ben più elevate. È quindi possibile  che si sia determinato un significativo decadimento della resistenza meccanica del calcestruzzo e dell’acciao, ulteriormente accelerato da fenomeni di aggressione dovuti all’ambiente marino. Ma anche se il monitoraggio di questo ponte era particolarmente accurato evidentemente non è stato sufficientemente approfondito. 

E. La sua demolizione era prima o poi pressoché inevitabile ( ma difficilmente realizzabile a causa della sua collocazione semiurbana e con la ferrovia sottostante, ma ira sarà inevitabile...) Poi mi risulta che sia  anche vincolato dalla soprintendenza essendo considerato un vero e proprio monumento (e forse lo è... o almeno così era ritenuto dalla quasi totalità degli addetti...) 

F. I  controlli e le manutenzioni negli ultimi decenni in Italia sono stati ampiamente sottovalutati (perché elettoralmente poco “redditizi” ) dando colpevolmente ampia priorità a guard rail e barriere antirumore


Gli stralli in calcestruzzo armato precompresso hanno mostrato una durabilità relativamente ridotta

Antonio Occhiuzzi, Direttore Cnr-Itc, sul sito ITC CNR: Il viadotto Morandi, che scavalca il fiume Polcevera alla periferia di Genova, deve il suo nome al geniale progettista/esecutore dell’opera, uno dei nomi che, insieme a Freyssinet (Francia), Leonhardt (Germania) e Maillart (Svizzera), nel XX secolo ha modificato la concezione dei ponti in Europa e nel mondo. Realizzato tra il 1963 al 1967, è un esempio di razionalismo 'assoluto': l’intera, essenziale geometria ripercorre le linee di forza che sono capaci di garantire l’equilibrio dell’opera sotto l’azione del peso proprio e del traffico stradale.

Il viadotto si compone di due tratti di accesso e di uscita e di una parte centrale, quella più caratteristica, formata da 6 tratti, sostenuti a due a due da un pilone centrale dal quale si dipartono gli elementi inclinati denominati “stralli”. Due le particolarità strutturali di questo ponte: gli stralli, che a differenza di quanto avviene per i ponti in acciaio non formano un ventaglio o un’arpa, sono solo una coppia per lato e sono realizzati in calcestruzzo armato precompresso; le modalità di realizzazione dell’impalcato (la parte che sostiene direttamente il piano viabile) in calcestruzzo armato precompresso, secondo un brevetto ideato dallo stesso Morandi.

Il crollo di stamattina, per quanto si può capire assolutamente improvviso, può dipendere da moltissime causa diverse. Preliminarmente, però, è possibile fare qualche considerazione di carattere generale.

Gli stralli in calcestruzzo armato precompresso, realizzati anche per altri viadotti analoghi (sul lago di Maracaibo in Venezuela, ma anche in Basilicata, per esempio), hanno mostrato una durabilità relativamente ridotta. E la statica di un ponte di questo tipo dipende fondamentalmente dal comportamento e dallo “stato di salute” degli stralli.

Nel caso in questione, in particolare, una parte degli stralli è stata oggetto di un importante e chiaramente visibile intervento di rinforzo, ma il tratto crollato è un altro. È necessario capire perché, in presenza di elementi che hanno indotto a rinforzare alcuni stralli, non siano state operate le medesime cure sugli altri, gemelli e coevi.

Risulta inoltre che il viadotto Morandi fosse sotto continua e costante osservazione, e non c’è alcun motivo di dubitare che la società concessionaria abbia utilizzato tutte le tecnologie oggi disponibili al riguardo. Il crollo improvviso, quindi, fa dedurre che i sistemi di monitoraggio e sorveglianza adottati non sono ancora sufficientemente evoluti per scongiurare tragedie come quella di stamattina.

A carattere ancor più generale, va ricordato che la sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante 'regolarità': nel luglio 2014 è crollata una campata del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata (Agrigento), spezzandosi a metà per effetto della crisi del sistema di precompressione; nell’ottobre 2016 è crollato un cavalcavia ad Annone (Lecco) per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura, che però è risultata molto invecchiata rispetto all’originaria capacità; nel marzo 2017 è crollato un sovrappasso dell’autostrada adriatica, ma per effetto di un evento accidentale durante i lavori di manutenzione; nell’aprile 2017 è crollata una campata della tangenziale di Fossano (Cuneo), spezzandosi a metà in assenza di veicoli in transito e con modalità molto simili a quelle del viadotto Petrulla. Oggi è crollata una parte del viadotto Morandi, che probabilmente comporterà la demolizione completa e la sostituzione dell’opera. L’elemento in comune alla fenomenologia descritta è l’età (media) delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60).

In pratica, decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti, secondo un equilibrio tra costi ed esigenze della ricostruzione nazionale dopo la seconda guerra mondiale e la durabilità delle opere. In moltissimi casi, i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione; quelli ricostruiti, inoltre, sarebbero dimensionati per i carichi dei veicoli attuali, molto maggiori di quelli presenti sulla rete stradale italiana nella metà del secolo scorso.

Il problema ha dimensioni grandissime: il costo di un ponte è pari a circa 2.000 euro/mq; pertanto, ipotizzando una dimensione 'media' di 800 mq e un numero di ponti pari a 10.000, le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro. Per evitare tragedie come quella accaduta stamattina sarebbe indispensabile una sorta di “piano Marshall” per le infrastrutture stradali italiane, basato su una sostituzione di gran parte dei ponti italiani con nuove opere caratterizzate da una vita utile di 100 anni. Così come avvenuto negli anni ’50 e ’60, d’altra parte, le ripercussioni positive sull’economia nazionale, ma anche quelle sull’indebitamento, sarebbero significative.


L'Italia costruita negli anni '50 e '60 ha urgente bisogno di ristrutturazione

Diego Zoppi, ex presidente dell'Ordine genovese, membro del Consiglio nazionale degli architetti: "Il problema del ponte Morandi è che i tiranti sono stati costruiti in calcestruzzo e non in metallo, e che negli anni Sessanta non si metteva in conto che il calcestruzzo si degrada e poi collassa. Cinquant'anni fa c'era una fiducia illimitata nel cemento armato. Si credeva fosse eterno. Invece si è capito che dura solo qualche decennio".   "L'ingegner Riccardo Morandi era un grandissimo strutturista, ma col ponte sul Polcevera ha voluto forzare la mano staticamente. Un ponte strallato è sostenuto da tiranti di metallo. Morandi, con la sua grande competenza in fatto di statica, volle farli in calcestruzzo. E' una soluzione ardita, perché il calcestruzzo lavora in compressione, mentre in trazione si usa il metallo. Il suo ponte era finito sulle riviste specializzate per questo". "Quello di cui non si teneva in conto all'epoca è che, con le continue vibrazioni del traffico, il calcestruzzo si microfessura, e lascia passare l'aria, che raggiunge la struttura interna di metallo e la fa ossidare. Viene quindi meno la funzione originaria del cemento, che dovrebbe proteggere l'acciaio. Il ponte per questa ragione ha sempre richiesto grossi lavori di manutenzione. Era molto costoso da gestire". "l'Italia costruita negli anni '50 e '60 ha urgente bisogno di ristrutturazione. Il pericolo di crolli è sottostimato. I manufatti costruiti in quell'epoca stanno arrivando a un'età in cui diventano a rischio".


Quello che in gergo tecnico si chiama 'rottura di fatica'

Massimo Mariani, componente del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni): "A Genova si è verificato il crollo strutturale di un pilone, un'eventualità assolutamente imprevedibile", su cui la pioggia battente sulla città non ha inciso. "Per capire cosa è successo bisogna ricordarsi che è un ponte degli anni Sessanta che, nel tempo, è stato sottoposto a tante sollecitazioni. Queste strutture ardite, opere importanti di ingegneria, hanno bisogno di un'attenzione continua. Quanto accaduto non è certo dovuto a un difetto di origine, ma a quello che in gergo tecnico si chiama 'rottura di fatica'". "L'opera di manutenzione deve essere programmata, deve essere fatta con un piano a lunga scadenza. Forse non paga dal punto di vista politico, ma occorre controllare queste opere: in Italia abbiamo circa 61 mila ponti e questi controlli vanno fatti"


Non esistono regole precise che impongano quando fare la “revisione

Camillo Nuti, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni (Fonte Edilizia e Territorio): «Una parte consistente del nostro patrimonio infrastrutturale ha l’età del ponte Morandi di Genova o poco meno, soprattutto le autostrade. Eppure non esistono regole precise che impongano - come per le automobili - quando fare la “revisione”: come fare i controlli e con quale frequenza, quanto spendere per la manutenzione, come intervenire». «Questa tragedia deve probabilmente spingerci a fare di più, è una riflessione in corso anche a livello europeo, con gli Eurocodici in preparazione sulle costruzioni esistenti».


Indispensabile attuare una seria politica di prevenzione dai rischi

Consiglio Nazionale dei Geologi: "Crollo ponte Genova, geologi: necessaria una politica di prevenzione attraverso un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza delle opere esistenti e del territorio."

“Il crollo del ponte autostradale Morandi avvenuto oggi a Genova, che si sarebbe verificato per cause di natura strutturale, conferma ancora una volta la necessità di dare avvio a una svolta culturale che veda finalmente l'adozione di un vero piano nazionale di manutenzione dell'edificato e di controllo del territorio”. Questo il commento del Consiglio Nazionale dei Geologi in merito al cedimento del viadotto sul torrente Polcevera.

“Molte delle infrastrutture viarie italiane – prosegue la nota del CNG - sono state costruite negli anni ‘60 e ‘70 e si rifanno dunque a normative tecniche non adeguate agli utilizzi e ai carichi di esercizio attuali, ma molte di esse sono anche carenti dal punto di vista della sicurezza geologica e sismica, perché il contributo di queste discipline non era contemplato dalle allora vigenti normative. E in tutto il Paese sono migliaia i ponti e i viadotti che rientrano in questa casistica. Per evitare che si ripetano tragedie simili, secondo i geologi è indispensabile attuare una seria politica di prevenzione dai rischi, finalizzata alla sicurezza e alla pubblica incolumità dei cittadini e a un sicuro risparmio economico solo attraverso un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza delle opere esistenti e del territorio, richiamato dopo ogni tragedia ma subito dopo sempre finito nel dimenticatoio.

“La manutenzione è stata normata solo con la legge quadro sui lavori pubblici del 1994, - afferma il CNG - in cui trova una prima esplicita definizione e risulta parte integrante della progettazione, esecuzione ed esercizio delle opere pubbliche. Anche le successive discipline dei lavori pubblici (D.Lgs 163/2006 e relativo regolamento attuativo e l’attuale D.Lgs 50/2016) riportano integralmente la disciplina sulla manutenzione contenuta nella precedente legge quadro. Lo sforzo del legislatore a partire dal ‘94, apprezzabile dal punto di vista culturale e giuridico, è stato di fatto vanificato dalla carenza di cultura della manutenzione nella pubblica amministrazione, i cui decisori ne hanno sottovalutato l’importanza, facendo sì che il piano di manutenzione e/o di monitoraggio strutturale e geotecnico fossero eseguiti dal progettista e dai progettisti specialisti, ma spesso senza previsione del finanziamento per l’attuazione, come prevede la legge” concludono i geologi. 


Dopo Morandi, la tecnica e gli strumenti di analisi sono progrediti

Marco Menegotto, presidente AICAP: "Riccardo Morandi è stato un grande progettista e un innovatore dell’uso del calcestruzzo strutturale, creando opere di risonanza mondiale, che hanno dato prestigio all’ingegneria italiana.

Fra l’altro, ha iniziato il sistema dei moderni ponti strallati, di cui il Polcevera fu un esempio notevole e che permettono il superamento di grandi luci senza pile intermedie, con vantaggi rispetto ai ponti sospesi. Tale sistema si è sviluppato molto e oggi la quasi totalità dei ponti di grande luce hanno impalcati di calcestruzzo strallati. Solo le luci libere di oltre 1 km vengono superate ancora con ponti sospesi. Il recente celebre terzo ponte sul Bosforo, di 1,4 km, ha una combinazione di stralli e di cavi sospesi.

Il ponte in questione ha il numero di stralli minimo richiesto dall’equilibrio statico: il cedimento di uno solo di essi, per una qualsiasi causa, provoca il collasso dell’opera, priva di percorsi resistenti di riserva, pur se menomati. Non sappiamo ancora quale causa abbia potuto innescare la crisi di uno strallo ma verosimilmente questa ha avuto luogo, coinvolgendo tutto il tronco di ponte dipendente dal pilone che lo ospitava.

Dopo Morandi, la tecnica e gli strumenti di analisi sono progrediti: oggi, i ponti si realizzano con un numero sovrabbondante di stralli, per ognuno dei quali si prevede la possibile rimozione, accidentale o programmata, senza che sia compromessa la funzionalità dell’opera. Ciò per il requisito di ‘robustezza’, ormai entrato esplicitamente nella normativa tecnica e che può essere soddisfatto attraverso la ridondanza di percorsi statici alternativi (che permettono anche facili sostituzioni, riparazioni o manutenzioni, con l’opera in esercizio).

Resta il fatto che il viadotto Polcevera ha funzionato per oltre 50 anni, portando volumi di traffico ben maggiori del previsto e provando la validità dell’idea di Morandi, che naturalmente è stata perfezionata col tempo.

Al di là delle strutture, il concetto di ridondanza dei percorsi è un elemento di sicurezza con valenza generale, applicabile in particolare anche alla viabilità."


Cedimento alla base di uno di piloni

Matteo Ignaccolo, presidente dell'Associazione Italiana per l’Ingegneria del Traffico e dei Trasporti (su FANPAGE): il viadotto Polcevera andava "Adeguato, tenuto sempre sotto controllo ed eventualmente ricostruito". Il viadotto, costruito negli anni Sessanta, era stato progettato per un flusso veicolare molto inferiore a quello di oggi e per una tipologia di veicoli diversa. Inoltre, spiega il prof. Ignaccolo, in passato gli studi sull'impatto ambientale di opere come quella del ponte "Morandi", dal nome del suo progettista, non erano determinanti come oggi. Secondo il prof. Ignaccolo, le cause del crollo andrebbero ricercate nel cedimento alla base di uno dei piloni che sorreggeva la strada. Le cause sarebbero dunque da ricercare nella conformazione del terreno dove insistono le fondamenta del pilone.(LINK).


La manutenzione ha riguardato solo l'intonaco

Saverio Ferrari, uno degli ingegneri che ha costruito il ponte Morandi (su Repubblica) spiega le ragioni del crollo a Genova: "Il collaudo nel '67 era stato effettuato con le motrici Fiat, nel '79 sono arrivati gli autotreni, quindi la portata è aumentata notevolmente". L'ingegnere punta il dito contro il tipo di manutenzione effettuata nel corso degli anni: "Sono passato parecchie volte sul ponte e ho sentito le vibrazioni del piano stradale, proprio dove c'erano le giunture. Denunciai queste oscillazioni all'ufficio progettazione della società Morandi, mi risposero che non c'erano i soldi per sistemarlo". L'ingegnere stima anche i tempi di costruzione del nuovo ponte: "Ci vorranno tra i 24 e i 30 mesi".  Ecco il video all'intervista

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