Rigenerazione Urbana
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Francesco Miceli: la Rigenerazione urbana non coincide con la riqualificazione immobiliare

Con l'obiettivo di ridurre fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché migliorare la qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, il tema della rigenerazione urbana è oggi al centro delle politiche nazionali.

Per attuare infatti politiche di rigenerazione urbana sul territorio il piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha previsto, per gli anni 2021-2026, ingenti contributi.

Citiamo alcuni numeri: 3,4 mld di euro i fondi recentemente assegnati ai Comuni sopra i 15mila abitanti, oltre 2,8 mld di euro quelli stanziati per finanziare gli oltre 150 progetti ammessi al programma PINQuA, circa 2,5 milioni di euro sono i fondi che saranno stanziati attraverso i Piani Urbani Integrati per le Città Metropolitane e, infine, la Legge di Bilancio 2022 ha stanziato circa 300 milioni di euro per i Comuni sotto i 15mila abitanti.

Si tratta di un’opportunità unica per rigenerare le nostre città, ma sorge comunque spontaneo domandarsi: abbiamo tutti gli strumenti necessari per poter realizzare questi importanti interventi di rigenerazione nelle nostre città? Sono state definite strategie e linee guida di riferimento? I nostri tecnici sapranno elaborare progetti di qualità? Dulcis in fundo, riusciremo a realizzare questi interventi nei tempi imposti dal PNRR?

L’arch. Francesco Miceli, presidente del CNAPPC, e l’ing. Ermete Dalprato, professore di Pianificazione Territoriale e Urbanistica, hanno conversato sulla complessità della rigenerazione urbana con Andrea Dari, editore di INGENIO. Di seguito la sintesi dell’incontro/confronto.


Attivare processi di Rigenerazione Urbana: cosa significa?

Che cosa è la rigenerazione urbana? Accade troppo spesso che il termine, anche tra gli addetti ai lavori, sia equiparato alla riqualificazione urbana, o addirittura, a progetti di natura immobiliare. È bene chiarire fin dal principio che questo non è corretto. Rispetto alla riqualificazione urbana, la rigenerazione è “un processo articolato e complesso ha sottolineato Francesco Miceli.

A riguardo, infatti, il Presidente del CNAPPC nel corso della conversazione ha chiarito: “La rigenerazione urbana non riguarda solo il tema del recupero/riuso del patrimonio edilizio esistente – ne è solo una parte, precisa l’architetto. – Attivare un meccanismo e un processo di rigenerazione urbana è qualcosa di molto articolato e complesso perché nelle strategie deve tener conto di aspetti di diversa natura - economica, sociale, culturale e relazionale. - Letteralmente il termine “rigenerazione” significa “dare nuova vita”, in questo caso ridare vita a una parte di città.

Già da qualche anno circola nelle sale di Palazzo Madama il DDL Misure per la Rigenerazione Urbana. Un documento, frutto di una sintesi di sette proposte di legge presentate anni addietro, che ambisce a fornire una definizione condivisa su cosa sia la rigenerazione urbana dettandone principi, modalità e strategie per la sua messa in campo.

 

Francesco Miceli: la Rigenerazione urbana non coincide con la riqualificazione immobiliare

 

Domanda: ma perché, nonostante sia stato presentato l’11 marzo 2019, solo oggi questo DDL è in corso di esame in commissione al Senato?

Per il Presidente Miceli “la motivazione sta nel fatto che il PNRR dedica risorse consistenti ai sistemi urbani e alle politiche urbane. Avere oggi a disposizione una legge che stabilisca principi e modalità per la messa in campo di strategie di rigenerazione urbana è una priorità, di natura quasi essenzialmente politica. La corsa ai ripari da più fronti è inevitabile ed evidente ma, essendo stato presentato nel 2019, questo DDL non è di certo "attualizzato" alle opportunità offerte dal PNRR e del New Green Deal. Una sua tempestiva revisione è necessaria per poter rendere compatibili tempi e regole di attuazione in materia. Ecco la dura sfida da vincere.

Anche l’ing. Ermete Dalprato concorda con l’architetto Francesco Miceli sul fatto che dare una definizione alla Rigenerazione Urbana sia complesso: “A mio avviso la rigenerazione urbana è una metodologia d’approccio che si applica per ri-dare vitalità, ri-generare appunto, porzioni di città degradate e marginalizzate. La rigenerazione si potrà attuare attraverso una serie di interventi di natura urbanistico-edilizia ma non solo, in quanto i fattori economici, sociali e culturali coinvolti sono di diversa natura. Il termine rigenerazione urbana ci piace, ci convince ma mi preme sottolineare che non è un’innovazione.

Per l’ingegnere però al momento non si rileva nessuna vera novità nel testo del DDL per la rigenerazione urbana. Infatti, come sottolinea l’ingegnere, “già a partire dagli anni ‘90 furono istituiti dalla normativa nazionale i cd. Programmi Complessi, ovvero strumenti a metà strada tra piani urbanistici tradizionali e il progetto edilizio. Programmi che rispondevano alle esigenze della rigenerazione urbana di vaste aree del territorio che versavano in condizioni di degrado e marginalità. Parliamo di strumenti di durata relativamente breve rispetto al periodo medio-lungo del PRG, le risorse finanziarie per l’attuazione dei programmi potevano essere di provenienza sia pubblica che privata e questi strumenti avevano la possibilità di operare in variante al PRG. La nascita dei Programmi Complessi è stata una risposta alla crisi irreversibile degli strumenti urbanistici tradizionali, crisi iniziata già negli anni ‘80. Tra gli strumenti complessi si annoverano: i cd. Programmi integrati di intervento, i Programmi di recupero urbano e di riqualificazione urbana, i P.R.U.S.S.T - Programmi di Recupero Urbano e Sviluppo Sostenibile del Territorio.

 

Una Legge sulla Rigenerazione Urbana è davvero necessaria?

Alla luce di queste considerazioni, Andrea Dari ha rivolto al presidente Miceli e al prof. Dalprato questa domanda: è davvero necessaria una legge per la Rigenerazione Urbana?

Secondo Francesco Miceli “portare avanti questo DLL è un’opportunità importante per fissare alcuni concetti in termini di principii e obiettivi da perseguire. Significa mettere al centro della politica nazionale il tema rigenerazione urbana. La nota positiva è che finalmente si parla dopo molti anni di Agenda Urbana. È importante ora riempire questa agenda di contenuti, ma sui contenuti c’è ancora molto lavoro da fare”.

Per Ermete Dalprato il DDL Misure sulla Rigenerazione Urbana per come è oggi strutturato è però una proposta di legge debole in quanto nello stesso titolo del DDL il termine “Misure” anticipa che il documento non sarà una legge di principii: “Anche se all’interno del documento vengono riportati alcuni principii, questi non sono validi in termini di pianificazione in generale - ha dichiarato l’ing. Dalprato. - Sono ancora in attesa della traduzione in legge del disegno Lupi e Mantini del 2005 o della loro modifica o evoluzione che ancora non pare aver trovato un assetto concluso e condiviso. Dal 2005 ad oggi di principii relativi all’urbanistica se ne è parlato ben poco. Bisogna distinguere i principii dagli strumenti veri e propri. Sono molti i soggetti che oggi si occupano di urbanistica, la sfida è quella di riuscire a mettere a sistema questi suggerimenti. Quello di cui mi rendo conto è che non conosciamo bene la nostra storia e gli strumenti di cui già disponiamo.


Una norma può dare una misura alla qualità urbana?

In un processo così complesso, quale è la rigenerazione urbana, la normativa può definire dei parametri, o degli standard, per misurare la qualità urbana?

Per Francesco Miceli definire il concetto di qualità attraverso una norma è difficile. La normativa attuale stabilisce standard minimi solo sul piano quantitativo e non qualitativo: “Ognuno di noi ha una sua misura nei confronti della qualità, si tratta di un parametro soggettivo che difficilmente può essere quantificato. Il progetto urbanistico e di architettura, in generale, è diventato un processo culturale e tecnico complesso. Richiede la partecipazione di competenze e saperi diversi per raggiungere i livelli di qualità attesi. La qualità sarebbe auspicabile perseguirla attraverso la libera competizione, aperta a tutti e trasparente. Più ampia è la partecipazione più è facile ottenere progetti di qualità. I concorsi di progettazione sono l’unico strumento che può garantire la selezione qualitativa dei progetti".

Dello stesso parere anche l’ingegnere Dalprato: “La normativa deve darci i principii di carattere generale. La qualità è un esito difficilmente misurabile da un punto di vista metrico. La qualità si lega alla capacità progettuale, cosa che a mio avviso in parte abbiamo perduto. Cerchiamo di sopperire a questa perdita con una esasperazione normativa che spesso diventa una limitazione. La buona urbanistica e la buona edilizia dipendono dalla capacità di interpretazione, dalla capacità di progettare e di tradurre la teoria in pratica.

Il presidente Miceli rimarca che “il tentativo di normare ogni cosa come soluzione al problema non è la soluzione. È complicato fare capire alla Governance questo aspetto. Alla Governance è demandato il compito di fornire gli strumenti in grado di avviare processi condivisi e partecipati.

 

Il ruolo della Governance, della PA e della libera professione

Nel corso della conversazione Andrea Dari fa notare ai nostri interlocutori che sia l’Alta Commissione per l’attuazione del programma PINQua e la Commissione sul Débat Public, istituite dal MIMS, sono povere in termini di rappresentanti delle professioni. Secondo Andrea Dari sembra che la Governance voglia negare ai professionisti questo ruolo ma, dall’altra parte, anche i professionisti sembrano non volerselo guadagnare. Qual è la realtà dei fatti?

Secondo Francesco Miceli: “Il mondo delle professioni è in una fase di transizione. ll ruolo della libera professione è quello di essere intermediario tra l’interesse privato e la salvaguardia dell’interesse pubblico. Questo concetto spesso non viene accolto dalla Governance. La riforma del sistema delle professioni dovrebbe partire da questo concetto, la libera professione svolge un ruolo e una attività che possono essere uno dei motori del perseguimento degli obiettivi dell’interesse pubblico."

E Andrea Dari incalza: “In Italia non esiste un albo degli urbanisti. Non sarebbe opportuno andare verso la direzione di una specializzazione?

Io non vedo una separazione di ruolo professionale tra chi opera all’interno di una PA e di chi opera in libera professione - afferma Dalprato. - Chiaramente si tratta di figure che operano per committenze diverse ma il modo di sentire e vedere certe problematiche dell’urbanistica deve essere comune. Se la rigenerazione urbana è un complesso di azioni coordinate che non si esaurisce in una serie di progetti e nella loro realizzazione ma in una politica del territorio, è altresì evidente che la politica del territorio deve essere fatta dagli organismi politici ma deve essere supportata da organismi tecnici, mano operativa di quest’ultimi. Deve esserci un’integrazione tra queste figure professionali che di fatto hanno la stessa matrice – accademica, culturale, professionale - Il tecnico opera in una attività di tipo e di interesse collettivo, questo è l’elemento che guida l’esercizio della professione al di là del committente specifico. Inoltre, ci tengo a sottolineare che l’urbanistica è una attività progettuale, prettamente tecnica che si avvale di regole giuridiche.

Oggi, purtroppo, la sensazione è che l’urbanistica sia 'scivolata’ nelle competenze degli avvocati. La principale preoccupazione del professionista di oggi è “avrò rispettato quello che dice la norma?” L’angoscia peggiore è il rischio di imbattersi in una denuncia presso la Procura della Repubblica. A riguardo, mi preme evidenziare che con l’ultimo DL Semplificazioni (2020) è stato derubricato il reato di Abuso d’Ufficio, limitato alla sola violazione di norme di legge e non alle norme regolamentari. Questo è un elemento che non riguarda la normativa urbanistica-edilizia in sé, ma riguarda la modalità con cui i professionisti
- pubblici o privati – oggi operano.

Anche il presidente Miceli ritiene importante, nell’ambito della pianificazione e dell’urbanistica, la costruzione di un rapporto diverso tra la libera professione e i professionisti alle dipendenze di una struttura pubblica.

“Sono dell’idea che le grandi trasformazioni urbane nel nostro Paese spesso non derivano dalla programmazione urbanistica approvata, gli esempi possono essere tanti. Peraltro molte norme e provvedimenti hanno sostenuto l’importanza della variante urbanistica. Questo accade perché i piani si realizzavano, e si realizzano tutt’ora, in un periodo di tempo troppo lungo – approvazione, adozione e attuazione – al punto che in fase attuativa le strategie e gli indirizzi del piano risultano già superate. Ecco che per me diventa importante cercare di avvicinare la libera professione con la struttura tecnico pubblica di gestione del piano. Sostengo quindi la tesi, recentemente riproposta dall’INU, di dar vita alle Agenzie Urbanistiche e del Territorio, che uniscono competenze di natura pubblica e privata. Queste Agenzie diventerebbero uno strumento importante per la programmazione e progettazione del territorio e della città. Si tratterebbe, inoltre, di realtà capaci di attivare anche i meccanismi della partecipazione e dell’inclusione sociale.

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