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Ascensore: è possibile ridurre la larghezza di una scala in nome del principio di solidarietà?

La scala rappresenta una delle parti comuni degli edifici condominiali, esse devono garantire non solo l'accessibilità, ma anche la sicurezza degli utenti, attraverso dimensioni e caratteristiche specifiche. La questione dell'installazione di ascensori nei condomini, utile per il superamento delle barriere architettoniche presenti, viene affrontata alla luce della sentenza del TAR della Campania n. 380/2025, che ha rifiutato la conformità di un progetto che prevedeva la riduzione della larghezza della scala, evidenziando come tale intervento compromettesse la sicurezza e il deflusso in caso di emergenza.

Scale condominiali: normative e sicurezza

Gli edifici che si sviluppano su più piani sono dotati di scale per consentire il collegamento verticale tra i vari piani, in particolare, nei condomini esse costituiscono generalmente una delle principali parti comuni. Questo perché, insieme alla struttura, alla corte e all’ingresso, esse rappresentano un elemento comune a tutti i condomini, che ne risultano comproprietari in proporzione ai rispettivi millesimi.

Bisogna subito precisare che una scala deve essere progettata e costruita rispettando la norma, in modo da evitare problematiche di sicurezza per gli utenti, ecco perché dovrà presentare non solo un andamento regolare ma anche dimensioni precise e costanti. Non a caso le rampe delle scale presentano generalmente gradini con la stessa alzata e pedata e possibilmente lo stesso numero di gradini tra le varie rampe.

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Esempio di una scala

Le dimensioni delle scale sono disciplinate dall’art.8.1.10. del DM 236/1989, norma di riferimento per l’eliminazione delle barriere architettoniche, il quale impone che

“Le rampe di scale che costituiscono parte comune o siano di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 1,20 m ed avere una pendenza limitata e costante per l'intero sviluppo della scala. I gradini devono essere caratterizzati da un corretto rapporto tra alzata e pedata (pedata minimo 30 cm): la somma tra il doppio dell'alzata e la pedata deve essere compresa tra 62-64 cm. (…) Le rampe di scale che non costituiscono parte comune o non sono di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 0,80 m. In tal caso devono comunque essere rispettati il già citato rapporto tra alzata e pedata (in questo caso minimo 25 cm), e l'altezza minima del parapetto.”

 

Proporzionamento della rampa di una scala_ formula di BLONDEL
Proporzionamento della rampa di una scala. (formula di BLONDEL)

 

Però la norma a volte si scontra con la realtà, poiché spesso nei condomini vi è la necessità di istallare degli ascensori per superare la barriera architettonica relativa al superamento dei dislivelli tra i piani risolto mediante la realizzazione della sola scala. Ciò può comportare però la riduzione degli spazi comuni o il taglio del vano scale condominiale, a chiarire sino a che punto tale intervento sia possibile è la sentenza del TAR della Campania n. 380/2025.

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Accessibilità vs sicurezza: chiarimenti sui limiti per l'installazione di ascensori

Il TAR della Campania ha recentemente respinto un ricorso presentato da un condominio, il quale si era opposto al diniego, da parte dell’amministrazione comunale, dell’istanza di accertamento di conformità relativa all’installazione di un ascensore all’interno del vano scale dell’edificio.

Il condominio aveva richiesto il riconoscimento di conformità per un intervento già avviato, consistente nella parziale eliminazione delle rampe della scala A, per l’inserimento di un ascensore a servizio di due unità residenziali abitate da persone con grave riduzione delle capacità motorie. Il progetto prevedeva un vano ascensore di dimensioni contenute (0,80 x 1,50 m, con cabina da 0,72 x 1,20 m), che avrebbe ridotto la larghezza utile della scala da 1,20 m a 0,85 m.

L’amministrazione aveva rigettato la richiesta fornendo varie motivazioni, in particolare la stessa riteneva inaccettabile la riduzione della larghezza delle rampe a 0,85 m perché in palese violazione del vigente DM 236/1989, nel quale si prescrive una misura minima di 1,20 m per le scale oggetto di uso comune.

Tuttavia il condominio sosteneva che il rifiuto violasse diverse norme, tra cui la Legge 104/1992 a tutela delle persone con disabilità, le Norme Tecniche di Attuazione del PRG del Comune di Napoli, il codice civile e lo stesso DM 236/1989 per quanto concerne il diritto all’accessibilità in caso vi fossero i presupposti di adattabilità. In particolare, il condominio discuteva l’applicazione rigida della norma sulla larghezza minima delle scale, sostenendo che l’intervento aveva finalità inclusive, volte per l’appunto all’adattabilità dei luoghi in virtù degli stessi principi previsti dal DM 236/1989 per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Dall’analisi del caso il TAR ha chiarito che “nella parte qui di interesse di cui all’art. 8.1.10. “Scale”, dispone che “Le rampe di scale che costituiscono parte comune o siano di uso pubblico devono avere una larghezza minima di 1,20 m”; la norma – correttamente indicata nella sua portata precettiva dal Comune (art. 7.1. del medesimo D.M. 236/1989) - in caso di (nuova) installazione di un ascensore nel vano scala, può, in effetti, essere derogata, ma senza compromissione della “fruibilità delle rampe e dei ripiani orizzontali, soprattutto in relazione alla necessità di garantire un adeguato deflusso in caso di evacuazione in situazione di emergenza” (art. 6 D.M. 236/1989).”

Inoltre il Tar ha tenuto a sottolineare, in virtù del richiamo dei ricorrenti al Testo Unico sulla Sicurezza, come il DM 236/1989 fosse tuttora vigente e non che non sia stato mai abrogato o superato dal DLGS 81/2008, il quale riguarda solo la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il decreto legislativo infine non risulta in contrasto con il decreto del Ministro dei Lavori Pubblici e non soltanto perché relativo ad ambiti di applicazione differenti, come evidenziato dallo stesso tribunale: “(…) il D.M. 236/1989 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”), richiamato dal provvedimento impugnato, è tutt’ora in vigore e non è stato abrogato (né espressamente né implicitamente) dal D.lgs. 81 del 2008, limitandosi quest’ultimo a specificare la disciplina nell’ambito – diverso e più circoscritto - della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (…) Alla luce delle considerazioni sin qui esposte e ribadita, vieppiù, l’inconferenza del richiamo al D.lgs. 81 del 2008 (concernente, come visto, la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, e, quindi, aspetti e profili che non vengono in rilievo nel caso al vaglio del Collegio, non essendo – pacificamente - l’immobile di cui è causa adibito “a luogo di lavoro”), ritiene il Collegio la legittimità del provvedimento impugnato, nella parte in cui (cfr., supra, n. 1), valuta l’intervento non conforme alle prescrizioni del D.M. 236/1989”.

In definitiva, l’art. 8.1.10 del DM 236/1989 diventa fondamentale in quanto impone, salvo deroghe ben motivate, una larghezza minima di 1,20 m per le scale comuni, anche ai fini dell’evacuazione in caso di emergenza. L’intervento proposto quindi comporterebbe un restringimento non conforme (a 0,85 m), compromettendo la sicurezza dei residenti in caso di esodo in condizioni emergenziali, inoltre le dimensioni della cabina installata, comunque limitata (0,72 x 1,20 m), rende ulteriormente discutibile l’efficacia dell’intervento proposto.

La sentenza del TAR Campania chiarisce ancora l’importanza del rispetto delle normative tecniche in materia di sicurezza e accessibilità, anche a fronte di esigenze socialmente importanti. Infatti l’intervento proposto dal condominio, pur avendo una finalità lodevole, viola la legittimità del DM 236/1989 che vincola le stesse opere realizzate per l’abbattimento delle barriere architettoniche ad essere realizzate nel rispetto di limiti normativi ben definiti a garanzia di tutti i soggetti coinvolti.

 

LA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA n. 380/2025 È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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