Calcestruzzo Armato | Normativa Tecnica
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Calcestruzzo e normative tecniche, Roberto Marino: "puntare su una mentalità prestazionale"

In questa intervista rilasciata al nostro Editore e Direttore Andrea Dari, l'esperto del settore del calcestruzzo Roberto Marino esprime la propria opinione sulla prescrizione e progettazione del materiale, sulla normativa tecnica EN 206, che definisce "intoccabile" e sulla sostenibilità del calcestruzzo.

Prescrizioni del calcestruzzo e mix design: le responsabilità produttore-utilizzatore restino ben distinte

Andrea Dari:

Alla luce delle nuove tecnologie, all’uso dei cementi di miscela così come di prodotti speciali, a tuo parere si dovrebbe superare la prescrizione del rapporto acqua/cemento per andare nella direzione di una richiesta prestazionale, per esempio sui limiti della penetrazione cloruri e penetrazione acqua?

Roberto Marino:

I cosiddetti prodotti speciali nacquero in un determinato periodo della nostra storia.
Oggi, personalmente, non li chiamo più così, uso una definizione più appropriata ai nostri tempi e più completa: Prodotti a Destinazione d’Uso.
Circa a metà degli anni ’90 decidemmo di imprimere alcune novità al settore del calcestruzzo preconfezionato, sia tecnologiche sia di “marketing”, troppo ancorato ad impostazioni che noi consideravano obsolete.

Con Michele Valente e Mario Collepardi (domando scusa se nelle risposte della presente intervista ometterò i titoli delle persone citate dal momento che le stesse sono ben note) decidemmo di prendere iniziative adeguate ai tempi.
Tempi che stavano di fatto cambiando, grazie all’offerta di nuovi prodotti da parte del settore della produzione degli additivi per calcestruzzo, grazie alle prime norme europee che incominciavano a definire le prime prescrizioni per la durabilità delle strutture, imponendo dei requisiti al calcestruzzo nei termini che oggi conosciamo, grazie anche alle nuove esigenze dell’imprese, interessate soprattutto a velocizzare i getti con minor costo di mano d’opera unitamente alla formazione di coloro che dettavano le specifiche del calcestruzzo per le opere.
Devi permettermi, però, di sottolineare che la vera “rivoluzione” che apportammo fu l’introduzione dei listini a resistenza garantita, minima, associata ad una classe di esposizione ambientale.

Abbandonammo, di fatto, tutta l’impostazione aziendale basata, fino a quel momento, sulla vendita del calcestruzzo a dosaggio, la quale copriva allora una percentuale di produzione circa al 70-75%.
Caro Andrea, se ben ricordi, fummo investiti da critiche piuttosto pesanti delle quali, naturalmente, non parlerò.

Rimane, però, un fatto molto importante: io credo che quella iniziativa abbia contribuito in maniera determinante a far cambiare pagina al nostro settore, avvicinandosi a traguardi prestazionali e non più di tipo composizionale, di cui, purtroppo, ancor oggi subiamo le conseguenze: il requisito del dosaggio minimo cos’è se non una barriera antiscientifica, un impedimento che trova ragioni commerciali o altre motivazioni che non hanno nulla a che fare con la tecnologia intesa come sommatoria di prestazioni fisico chimico meccaniche che deve soddisfare il progettista?

Ho fatto questa doverosa premessa per dire che la prescrizione del rapporto a/c ha permesso realmente di introdurre una “mentalità” prestazionale, grazie alla quale si sono prodotti e forniti calcestruzzi nel pieno rispetto delle prescrizioni progettuali e in coerenza con la vita utile di servizio delle strutture stabilita dai progettisti.

Ancor oggi credo che associare una curva di tipo esponenziale della resistenza meccanica al rapporto a/c, per ogni determinata tipologia di cemento, sia una strada di cui si debba tenere conto nel bilancio proprio delle stesse prestazioni, sia fisico meccaniche sia chimico meccaniche.

Ho scritto che bisogna tenerne conto perché, nella tecnologia moderna dei calcestruzzi e per determinati “taylor made concrete”, cito Adam Neville, si considera già il rapporto a/l, cioè acqua/leganti, come ricorda Riccardo Schvarcz, il rapporto a/p, cioè acqua/polveri e a/c equivalente, cioè il rapporto acqua/cemento equivalente.

È indubbio che con i cementi di miscela, la possibilità di impiegare filler calcarei, aggiunte minerali, incrementatori di resistenza, additivi di riduzione del ritiro, additivi di self healing, ci troviamo in condizione di elaborare miscele che guardano alle prestazioni con requisiti prescrittivi meno rigidi.

Andrea Dari: 

Nella prescrizione del calcestruzzo dovrebbe essere eliminata la parte di prescrizione a favore di una maggiore esplicitazione delle indicazioni prestazionali lasciando al fornitore di calcestruzzo la libertà di individuare il mix design più corretto per soddisfare le esigenze del progetto e dell’impresa?

Roberto Marino:

La domanda è assai delicata dal momento che il rapporto produttore-utilizzatore è, effettivamente, regolato da contratti molto spesso imprecisi unitamente a requisiti definiti nei CSA.

Sono ancora dell’idea che le responsabilità debbano essere ben distinte, dal momento che nel nostro settore i contenziosi sono all’ordine del giorno!
Le norme non permettono al produttore di “creare” sufficientemente mix design “in libertà” e le norme sono importantissime per tutti gli attori del processo perché è attraverso le norme che si derimano poi i contenziosi.
Inoltre, siamo sicuri che la libertà possa esistere senza regole?

Già cambiare la prescrizione della classe di consistenza, o il metodo con la quale si misura, è un problema infinito. Fortuna vuole che a volte ci sono anche Direzione Lavori illuminate.
Come tu ben sai, sono stato sempre favorevole ad emanare Raccomandazioni, Linee Guida, o documenti in genere, per sviluppare meglio il concetto di calcestruzzo a prestazione equivalente, ECPC e il concetto di prestazione equivalente delle combinazioni, EPCC, come richiamato a pag. 27 della UNI EN 206.

Non nascondo il fatto che io stesso, per particolari lavori in cui bisognava soddisfare determinati requisiti a fronte di fatti contingenti e logistici, in alcune relazioni tecniche ho fatto riferimento alle norme inglesi, BS EN, più chiare, per esempio, nelle combinazioni cemento-aggiunta.

Infine, non posso che prendere atto che nel corso degli ultimi anni i produttori di calcestruzzo siano piuttosto assenti in termini di pubblicazioni scientifiche su prove di laboratorio, su particolari ricerche, su determinati sviluppi o su proposte tecnologiche innovative, senza le quali trovo difficile che il nostro settore possa crescere in termini più rapidi mediante le esperienze stesse di ciascun produttore.

Quando pubblicavo i miei articoli scientifici l’allora amministratore delegato mi diceva: “non si preoccupi se ci copiano si preoccupi di rimanere sempre il primo.

Andrea Dari:

Oggi la norma UNI EN 206 sulla durabilità è più focalizzata sul calcestruzzo all’interno dello specifico ambiente che all’opera nello specifico ambiente. Qual è la tua valutazione, ovvero, è corretta questa impostazione, oppure la norma dovrebbe essere meno prescrittiva e più limitata alle prestazioni oppure dovrebbe scendere in maggiori dettagli prescrittivi per ogni soluzione?

Roberto Marino:

NESSUNO TOCCHI CAINO! È questo il bellissimo slogan della lodevolissima Associazione che si batte per l’abolizione della pena di morte in tutti i Paesi del mondo: giustizia senza vendetta!!
È questo il significato dello slogan.
Parafrasando, quindi, dico NESSUNO TOCCHI LA EN 206!
La 206 è una norma moderna che offre, naturalmente, margini di miglioramento e aggiornamento, ma per favore non mettiamola in discussione!!!

Penso, invece, che in Italia si debbano ringraziare i normatori europei attraverso i quali il nostro settore è notevolmente migliorato, grazie ad una visione moderna della tecnologia sulla base di prescrizioni sufficientemente chiare in cui si associa ad ogni classe di esposizione ambientale una resistenza caratteristica minima, per non parlare poi delle varie tipologie di classificazione della consistenza dei calcestruzzi che mettono in condizione il produttore di suggerire o consigliare la giusta lavorabilità per tipologia di opera, di aver prescritto, nell’ultima versione, il requisito del Diametro massimo superiore e del Diametro massimo inferiore, fornendo gli strumenti idonei al miglioramento delle nostre miscele in termini innovativi e moderni.
Anche i progettisti hanno usufruito correttamente delle prescrizioni della EN 206 che, come è ben noto, viene richiamata dall’EC2.

Inoltre, le procedure di controllo della produzione degli impianti, controllo sul quale dovremmo stendere un velo pietoso vista la obsolescenza delle LLGG dell’FPC, dimostra l’incapacità di adeguare le stesse FPC alla EN 206.
Per rispondere alla domanda circa il fatto che la 206 dovrebbe essere meno prescrittiva e con più dettagli per ogni soluzione, credo che sia pura utopia: sono troppo complesse le varie tipologie di opera per affrontare argomenti che rimangono essi stessi complessi.

Caro Andrea, sono le qualifiche che sono importanti, soprattutto se prima di farle ci si siede intorno ad un tavolo con impresa e progettista/DL e ci si mette d’accordo sulle criticità, sulle particolarità essenziali come può essere la giusta maturazione delle strutture. Credimi, così facendo i contenziosi si riducono drasticamente se non addirittura si annullano completamente!

Andrea Dari:

L’impatto sulla sostenibilità del calcestruzzo dovrebbe essere considerato a partire dall’impronta di CO2 del calcestruzzo stesso o considerando il ciclo di vita completo dell’opera?

Roberto Marino:

Ricordo che Antonio Migliacci del Politecnico di Milano, in una presentazione ad un convegno, paragonò la durabilità di una struttura ad una catena con tanti anelli.
Se in questa catena un anello, per varie ragioni, diventa debole, tutta la catena ne risentirà in modo significativo compromettendo le caratteristiche dell’opera.

Per rispondere alla domanda posso ragionevolmente pensare che, ricordando vagamente la Teoria degli Insiemi, definirei Sottoinsieme, il calcestruzzo, e Insieme, l’opera.

Naturalmente, sarebbe bene domandarsi quale tipo di opera dovremmo prendere in esame: esistono opere in cui il calcestruzzo occupa l’80-90% del volume e altre opere dove il calcestruzzo è di circa il 10-15%.
Pertanto, sarei portato a pensare che in termini di sostenibilità non si debbano fare tante differenze, il calcestruzzo dovrà essere comunque sostenibile per ogni opera che si andrà a costruire.
Ma questo è un aspetto che affronteranno le prossime generazioni.

Infine, non dimentichiamo che ancor oggi esiste una certa “ignoranza” nel considerare il calcestruzzo il solo colpevole in caso di contenzioso.

Il progettista ha correttamente calcolato il giusto copriferro? La Direzione Lavori ha correttamente eseguito i Controlli di Accettazione? La Direzione Lavori ha verificato il copriferro? L’impresa ha correttamente maturato la struttura secondo le specifiche delle Linee Guide? L’impresa ha impiegato mezzi idonei nel getto e nella compattazione del calcestruzzo?

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