Calcestruzzo, Vivaldi (Colabeton): "Con alcuni cementi si possono migliorare le prestazioni pur abbassando i dosaggi"
In questa intervista rilasciata da Sergio Vivaldi (Colabeton) al nostro Editore e Direttore Andrea Dari ci si concentra sulla progettazione e prescrizione del calcestruzzo, senza dimenticare il tema della sostenibilità e le norme tecniche di riferimento, nello specifico la EN 206
EN 206: per Vivaldi auspicabile una semplificazione, dando più responsabilità al produttore
Andrea Dari:
Alla luce delle nuove tecnologie, all’uso dei cementi di miscela così come di prodotti speciali, a tuo parere si dovrebbe superare la prescrizione del rapporto acqua/cemento per andare nella direzione di una richiesta prestazionale, per esempio sui limiti della penetrazione cloruri e penetrazione dell’acqua?
Sergio Vivaldi:
Sicuramente si, in effetti anche chi redige i capitolati inserisce sempre più prove specifiche volte ad indagare la durabilità. Anche i dosaggi minimi di cemento sono ormai anacronistici, basti pensare agli additivi promotori di cristallizzazione il cui peculiare meccanismo d'azione è quello di promuove la formazione di prodotti di idratazione sulla superficie dei granuli di cemento, attivando la formazione di silicati di calcio idrati che contribuiscono ad un rapido sviluppo delle resistenze meccaniche a breve (24 ore) ma al tempo stesso riesce a migliorare la qualità della microstruttura della pasta cementizia in modo che anche alle medie e lunghe stagionature si evidenza un sensibile aumento delle resistenze meccaniche a compressione (14 e 28 giorni). Con alcuni cementi si possono diminuire notevolmente i dosaggi pur mantenendo inalterate le prestazioni richieste se non, addirittura, migliorarle. Unico problema i dosaggi minimi di cemento riportati nelle normative di riferimento.
Andrea Dari:
Nella prescrizione del calcestruzzo dovrebbe essere eliminata la parte di prescrizione a favore di una maggiore esplicitazione delle indicazioni prestazionali lasciando al fornitore di calcestruzzo la libertà di individuare il mix design più corretto per soddisfare le esigenze del progetto e dell’impresa?
Sergio Vivaldi:
Con questa domanda entriamo su un argomento che fa arrabbiare profondamente il produttore di calcestruzzo. Nonostante la certificazione di processo (FPC), considerata tra le altre cose meno di niente, ormai è prassi comune non solo da parte dei grandi committenti come Anas, Italferr, ecc, chiedere il dossier di prequalifica e, successivamente, andare in qualifica con miscele che non sono altro che quelle impiegate solitamente all’impianto. Ad ogni minima variazione che il produttore fa nella miscela (variazione infinitesimale dell’additivo, aggiustamenti fisiologici del fuso granulometrico, ecc) si deve consegnare un nuovo dossier di prequalifica e, non raramente, si deve tornare in qualifica.
La prestazione dovrebbe essere il target di riferimento sul quale essere misurati pur rispettando ovviamente i vincoli sulle materie prime riportati nei CSA. Non si capisce perché se il produttore cambia aggregato, nel rispetto di quanto previsto nel capitolato, si deve tornare a ripetere anche molte volte tutto l’iter di prequalifiche e qualifiche. Ormai qualificare le miscele è diventata una moda ma, sinceramente, non apporta niente se non svilire il lavoro di chi produce calcestruzzo.
Andrea Dari:
Oggi la norma UNI EN 206 sulla durabilità è più focalizzata sul calcestruzzo all’interno dello specifico ambiente che all’opera nello specifico ambiente. Qual’è la tua valutazione, ovvero, è corretta questa impostazione, oppure la norma dovrebbe essere meno prescrittiva e più limitata alle prestazioni oppure dovrebbe scendere in maggiori dettagli prescrittivi per ogni soluzione?
Sergio Vivaldi:
Le miscele di calcestruzzo sono personalizzate sempre di più per singoli cantieri, ritengo che la UNI EN 206 necessiti di un revamping che punti alle prestazioni dando modo al produttore di poter sfruttare il proprio know-how. Molto spesso il produttore di calcestruzzo diventa il consulente anche della Direzione dei Lavori contrariamente al passato dove queste dinamiche erano osteggiate.
Andrea Dari:
L’impatto sulla sostenibilità del calcestruzzo dovrebbe essere considerata a partire dall’impronta di CO2 del calcestruzzo stesso o considerando il ciclo di vita completo dell’opera?
Sergio Vivaldi:
Penso sia necessario qualcosa che riguardi il solo calcestruzzo, il ciclo di vita dell’opera è troppo articolato e comprensivo solo a specifici addetti ai lavori.
Andrea Dari:
Ritieni corretto classificare la sostenibilità di un calcestruzzo in base al suo contenuto di cemento (tenendo conto del suo EPD) e degli aggregati di riciclo o ritieni che sia un’indicazione non corretta perché può spingere committenti e progettisti a compiere scelte pregiudiziali che non tengono conto degli aspetti collegati all’opera completa?
Sergio Vivaldi:
Può rappresentare un punto di partenza, è quello che stanno definendo anche i grandi committenti per i prossimi capitolati. Certo bisogna stare attenti, ad esempio, a porre limiti assurdi in termini di CO2 equivalente magari per singola WBs e poi scoprire che tali limiti si ottengono con un cemento che si produce a 800 km di distanza dal cantiere. C’è, inoltre, una inflazione sulle certificazioni che misurano la sostenibilità e molto spesso creano confusione.
Andrea Dari:
Ritieni che alla luce dell’evoluzione tecnica del calcestruzzo sia necessario impostare un nuovo modo di presentare il calcestruzzo oppure è corretto mantenere un’impostazione allineata alla EN 206 come oggi?
Sergio Vivaldi:
Siccome, come sappiamo, la norma in oggetto non contempla tutte le specifiche indicazioni per la produzione del calcestruzzo ma rinvia a disposizioni complementari, sarebbe auspicabile che la norma entrasse sempre di più nei requisiti prestazionali legandoli alle strutture.
Andrea Dari:
La norma EN 206 andrebbe semplificata riducendo le prescrizioni su componenti e calcestruzzo, puntando su una maggiore responsabilizzazione del produttore e fornitore, oppure aggiornata alle nuove soluzioni aumentando il livello di dettaglio prescrittivo?
Sergio Vivaldi:
Ritengo sia il caso di puntare sulla responsabilizzazione del produttore, non dimentichiamoci che anche sul lato del controllo di processo ormai il settore è andato molto avanti e non tutti gli impianti sono uguali. Va bene la richiesta di prestazione che deve definire il produttore ma anche a richieste prestazionali per quanto riguarda il ciclo di produzione. Duemila impianti di calcestruzzo in Italia con differenze spesso abissali in termini di efficienza e affidabilità.
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