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Che cosa è la lavorabilità del calcestruzzo?

Che cosa è la lavorabilità del calcestruzzo ? è la consistenza ? o la viscosità ? o qualcosa di più ? ecco le mie riflessioni.

La definizione di lavorabilità

Innazitutto devo precisare che nella UNI EN 206 del 2021, l'ultima pubblicata, non si parla di lavorabilità (come invece il mitrico Neville ci ha insegnato) ma di consistenza.

E nella stessa norma di classifica il calcestruzzo in funzione della consistenza secondo diversi metodi di prova in diverse  classi.

Come si misura la consistenza di un calcestruzzo

Per esempio, se si usa la prova di abbassamento al cono (che si realizza secondo la norma EN 12350-2) il calcestruzzo si classifica in 5 classi di consistenza:

  • S1 = con un abbassamento da 10 a 40 mm
  • S2 = con un abbasamento da 50  a 90 mm
  • S3 = con un abbassamento da 100 a 150 cm
  • S4 = con un abbassamento da 160 a  210 mm
  • S5 = con un abbasssamento sopra i 220 mm

La mia breve esperienza sul campo mi porta a dire che ai due estremi la prova di abbassamento funzioni male. E allora si può utilizzare la prova di Spandimento alla tavola a scosse, tanto amata dal mio maestro Roberto Marino, che si esegue secondo la norma EN-12350-5 e classifica il calcestruzzo in sei classi diverse:

  • F1 = con uno spandimento inferiore a 340 mm
  • F2 = con uno spandimento compreso tra 350 e 410 mm
  • F3 = con uno spandimento compreso tra 420 e 480 mm
  • F4 = con uno spandimento compreso tra 490 e 550 mm
  • F5 = con uno spandimento compreso tra 560 e 620 mm
  • F6 = con uno spandimento superiore ai 630 mm

La mia sempre breve esperienza sul campo mi porta a dire che anche in questo caso ai due estremi la prova di abbassamento funzioni non così bene.

Sempre la EN 206 consiglia quindi altri due metodi di prova e classificazione: la classe di compattabilità, secondo la norma EN 12350-4, e la classe di spandimento al cono di Abrams, secondo la EN 12350-8, che possono essere utili rispettivamente sui due estremi prima indicati.

Come si misura la viscosità di un SCC

La norma UNI EN 206 da delle indicazioni anche per il calcestruzzo autocpompattante.

In questo caso si parla di viscosità o di capacità di attraversamento (di un ostacolo standard) e quindi sono definiti diversi metodi di prova e sistemi di classificazione:

  • Classe di Viscosità t500 secondo la EN 12350-8
  • Classi di viscosità tv secondo la EN 12350-9
  • Classi di capacità di attraversamento - Scatola a L secondo la EN 12350-10
  • Classi di capacità di attraversamento - Anello a J secondo la EN 12350-12
  • Classi di resistenza alla segregazione al setaccio secondo la EN 12350-11

Il parere del Neville

Personalmente non mi piace la scelta fatta dalla norma europea di scegliere questi due termini, il primo non so neppure quanto realmente allineato alla prestazione del calcestruzzo, perchè non tengono conto di quella che è l'esigenza del cliente, ovvero la lavorabilità.

Per il dizionario Treccani la consistenza deriva dal tardo latino onsistentia, e in una delle sue definizioni indica "Solidità, resistenza relativa alle deformazioni o alla pressione, densità"

Per il termine lavorabilità che deriva da lavorabile il dizionario da la definizione "Attitudine a essere lavorato"

Voglio rifarmi al maestro dei maestri, Adam Neville, per avere un parere più autorevole: "Si dice che un calcestruzzo che può essere facilmente compattato sia lavorabile, ma dire semplicemente che la lavorabilità determina la facilità di posa e la resistenza alla segregazione è una descrizione troppo generica di questa proprietà vitale del calcestruzzo.

Inoltre, la lavorabilità desiderata in ogni caso particolare dipenderebbe dai mezzi di compattazione disponibili; allo stesso modo, una lavorabilità adeguata al calcestruzzo di massa non è necessariamente sufficiente per sezioni sottili, impervie o fortemente armate.

Per questi motivi, la lavorabilità dovrebbe essere definita come una proprietà fisica del solo calcestruzzo senza riferimento alle circostanze di un particolare tipo di costruzione.

Per ottenere una tale definizione è necessario considerare cosa accade durante la compattazione del calcestruzzo.

Indipendentemente dal fatto che la compattazione sia ottenuta mediante battitura o vibrazione, il processo consiste essenzialmente nell'eliminazione dell'aria intrappolata dal calcestruzzo fino a quando non ha raggiunto una configurazione quanto più simile possibile per un dato impasto. Il lavoro svolto serve quindi a vincere l'attrito tra le singole particelle del calcestruzzo e anche tra il calcestruzzo e la superficie dello stampo o dell'armatura. Questi due possono essere chiamati rispettivamente attrito interno e attrito superficiale. Inoltre parte del lavoro svolto viene utilizzato per far vibrare lo stampo o per urto e, appunto, per far vibrare quelle parti del calcestruzzo che sono già state completamente consolidate.

Quindi il lavoro svolto è costituito da una parte "sprecata" e da un lavoro "utile", quest'ultimo, come accennato in precedenza, comprendente il lavoro svolto per vincere l'attrito interno e l'attrito superficiale.

Poiché solo l'attrito interno è una proprietà intrinseca della miscela, la lavorabilità può essere meglio definita come la quantità di lavoro interno utile necessario per produrre una compattazione completa.

Questa definizione è stata sviluppata da Glanville ed altri che hanno esaminato in modo esaustivo il campo della compattazione e della lavorabilità.

La definizione di lavorabilità ASTM C 125-09a è un po' più qualitativa: “proprietà che determina lo sforzo richiesto per manipolare una quantità di calcestruzzo appena miscelato con una minima perdita di omogeneità”.

La definizione ACI di lavorabilità, data in ACI 116R- 90,4.46 è: “quella proprietà del calcestruzzo o della malta appena impastata che determina la facilità e l'omogeneità con cui può essere impastato, posto in opera, consolidato e rifinito”.

Un altro termine usato per descrivere lo stato del calcestruzzo fresco è consistenza. Nell'uso ordinario inglese, questa parola si riferisce alla fermezza della forma di una sostanza o alla facilità con cui fluirà. Nel caso del calcestruzzo, per consistenza si intende talvolta il grado di umidità; entro certi limiti, i calcestruzzi umidi sono più lavorabili dei calcestruzzi asciutti, ma i calcestruzzi della stessa consistenza possono variare in lavorabilità. La definizione di consistenza dell'ACI è: “la capacità di scorrimento del calcestruzzo o della malta appena impastati” ...

La letteratura tecnica abbonda di variazioni delle definizioni di lavorabilità e coerenza, ma sono tutte di natura qualitativa e riflettono più un punto di vista personale piuttosto che una precisione scientifica. Lo stesso vale per la pletora di termini come: fluidità, mobilità e pompabilità. Esiste anche un termine "stabilità" che si riferisce alla coesione del mix, cioè alla sua resistenza alla segregazione. Questi termini hanno un significato specifico ma solo in una serie di determinate circostanze; raramente possono essere utilizzati come descrizione oggettiva e quantificabile di una miscela di calcestruzzo."

Una visione esterna

La pubblicazione del portale INGENIO mi ha portato ad abituarmi a svestire i panni dell'addetto ai lavori e di cercare di guardare ogni aspetto con una visione più trasversale, e quindi anche dall'esterno.

Provo quindi a pensare alla lavorabilità non dagli occhi del tecnico del calcestruzzo, ma del progettista, dell'impresa, della direzione lavori.

Prendo in considerazione la visione dell'impresa.

Nel settore dei pavimenti industriali un calcestruzzo lavorabile è un prodotto sicuramente pompabile, facilmente stendibile, che espelle l'aria ma non fa onde, ovvero non tende collosamente a seguire la staggia creando delle ondulazioni della superficie. Ovviamente la lavorabilità dipende dal medoto di posa, perchè diverso è il caso in cui si una una laser screed da quello in cui si opera manualmente.

In un ambito di questo tipo parlare semplicemente di consistenza o di viscosità mi sembra improprio. Ricordando quello che si fece negli anni novanta quando si tolsero le classi S1 e S2 dai listini degli impianti di calcestruzzo, sarei portato ad affermare che sul fronte della lavorabilità le scelta del calcestruzzo dovrebbe avvenire in funzione del tipo di posa in opera e di dimensione del getto nell'ambito di una prescrizione che l'impresa da i requisiti attesi e il fornitore gli da il prodotto che si lavora.

Pensiamo invece al getto dei pilastri di un edificio a telaio, ovviamente in calcestruzzo armato. In questo caso oltre alla fluidità del calcestruzzo occorre tenere conto della pompabilità, per getti singoli in genere non di grande volume, omogeneità, capacità di attraversamento delle armature, e di non segregare. La voluminosità del getto è un dato importante, da tenere in conto, perchè se per un pavimento industriale il getto continuo di quantità importanti di calcestruzzo portano a determinate scelte su tempo di presa e omogenità nelle prime fasi di getto, in questo caso dove devo gettare singoli elementi di dimensioni a volte limitate, la omogneità delle prime mandate di materiale è un fatto più critico. Non basta una semplice indicazione a progetto di un S4, ma anche in questo caso un dialogo tra progettista, impresa e fornitore per arrivare al prodotto che abbia le caratteristiche di lavorabilità, tutte, corrette.

La lavorabilità è un valore importante

Personalmente non sono quindi così in accordo con il maestro Neville, che la lavorabilità debba essere una caratteristica misurata sul calcestruzzo solo considerando le sue proprietà intrinseche, ma debba divenire un valore in termini economici del calcestruzzo più importante.

La semplice classificazione in qualche classe di abbassamento o spandimento riduce di fatto il valore del prodotto, facendolo diventare una commodity differenziata solo da prestazioni meccaniche, classe di durabilità e consistenza (e diametro massimo).

La strada che dovrebbe essere perseguita, come vent'anni fa sottolineava Michele Valente, è quella della vendita del prodotto per l'uso, per la specifica applicazione, in cui da un lato vengono espresse le esigenze in termini di prestazioni e cantierabilità e dall'altro c'è uno specialista che ti fornisce il prodotto, non il materiale (prodotto è materiale più servizio) che serve a soddisfare quelle esigenze.

Attenzione, non sto dicendo che i metodi di prova dati dalla EN 206 siano inutili e sbagliati. Tutt'altro. A fronte di una prestazione è necessario avere degli strumenti per analizzarla. Dico che è sbagliato caratterizzare una proposta commerciale fotocopiando di fatto una norma.

Un listino dovrebbe saper comunicare al cliente, guidandolo nelle scelte, dei valori che lui riconosce, in modo che si possa superare il problema di un settore che fatica ancora a crescere in termini qualitativi e quantitativi.

I moderni cementi di miscela, le fibre, gli additivi e le aggiunte più evolute sono oggi lo strumento per poter superare concetti come il rapporto acqua/cemento (stop alle prescrizioni) e arrivare creare un dialogo costruttivo tra chi il calcestruzzo lo deve fornire come specialista e chi il calcestruzzo lo deve prescrivere e utilizzare.

E' come se andassimo dal gommista dicendo: voglio un pneumatico con questa percentuale di fibre e di gomma, con questa indeformabilità, con questa scolpitura .... invece di dirgli voglio un pneumatico invernale di queste dimensioni e classi di velocità e questa marca, perchè è di questa marca che mi fido !!! certo, ci sarà chi vorrà sempre la gomma rivestita o quella qualunque purchè costa poco, ma non sarà il riferimento del mercato.

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