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Condono edilizio per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo: serve l'ok delle PA competenti

Consiglio di Stato: il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso

E' impossibile ottenere un permesso di costruire in sanatoria per un'opera eseguita su immobili sottoposti a vincolo, a meno che non siano le stesse amministrazioni preposte alla tutela del vincolo a dare parere favorevole al 'condono'.

Lo ribadisce con forza il Consiglio di Stato nella sentenza 7591/2022 dello scorso 31 agosto, che ha per protagonista tre domande di condono edilizio presentate del dicembre 2004 e relative a tre unità abitative (due al piano terra e una al piano seminterrato).

Condono edilizio per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo: serve l'ok delle PA competenti

Perché il condono è stato negato

Il comune (e poi il TAR) hanno confermato l'impossibilità della sanatoria partendo dal presupposto che l’impugnato provvedimento di diniego di condono edilizio si basa su una pluralità di motivi ostativi, autonomamente idonei a sorreggerlo.

La sentenza del TAR impugnata individua nell’articolo 32, comma 27, lett. d), del d.l. 30 settembre 2003 n. 269 (convertito dalla legge 24 novembre 2003 n. 326), il maggior ostacolo all’accoglimento dell’istanza di condono perché le opere abusive erano state realizzate su un’area soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, imposto sulla base di leggi statali prima della esecuzione di dette opere, in assenza di titolo abilitativo e non conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti.

Insomma: non c'era la doppia conformità e c'era pure il vincolo (anzi, come vedremo, ce n'erano ben 2...).

 

Tutto corretto: impossibile la sanatoria in zona vincolata

Il Consiglio di Stato conferma il corretto operato del Tar - e del comune - in quanto la norma prevede che il vincolo debba essere imposto “sulla base” di una legge statale e non “con” una legge statale.

Per Palazzo Spada, “sulla base” costituisce il riconoscimento che (in determinate condizioni di fatto e con il procedimento indicato nel regolamento attuativo) l’autorità amministrativa (nel caso di specie il Ministro per la pubblica istruzione di concerto con il Ministro per la marina mercantile) può effettuare rendendo la dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, che costituisce il necessario presupposto legislativo per l’adozione del provvedimento di vincolo.

La dichiarazione di notevole interesse pubblico deve essere effettuata con un provvedimento amministrativo e non con una “legge provvedimento”.

Il motivo non può trovare accoglimento perché la zona nella quale sono stati realizzati gli immobili su cui si controverte era sottoposta al vincolo derivante dal citato decreto ministeriale 1° dicembre 1970. Non occorreva (così come sostiene parte appellante) una legge (in senso formale) per istituire il vincolo.

 

Edificio sottoposto a 2 vincoli

Il provvedimento impugnato in primo grado - tra l'altro - nega il condono non solo perché la zona nella quale è ubicato l’immobile abusivo è gravata da vincolo panoramico ex lege n. 1497/1939 imposto con D.M. 1° dicembre 1970, ma anche da vincolo idrogeologico di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, anch’esso imposto prima della edificazione del manufatto abusivo in questione.

 

L'unica speranza 'sarebbe' l'ok delle PA competenti al vincolo

Il comma 1 dell’articolo 32 della legge 47/1985 (come modificato e, ratione temporis, disciplinante la fattispecie in esame concernente domande di condono presentate nell’anno 2004 e, quindi nel vigore della norma in esame) dispone che “Fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte”.

Quindi - chiude Palazzo Spada - anche ammettendo (ma non è questo il caso) che le opere di cui sopra fossero sanabili, il ricorso in appello non potrebbe trovare accoglimento per la mancanza (nel caso in esame) del parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.

Parte appellante non ha mai indicato quando questo parere sarebbe stato rilasciato, né ha dedotto (e provato) di aver presentato ricorso avverso il silenzio rifiuto.


Per l'approfondimento completo sulla sanabilità delle opere in vincolo (paesaggistico), rimandiamo ai due approfondimenti sul tema realizzati dal Prof. Ermete Dalprato


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