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Deducibilità delle spese di vitto e alloggio per il professionista

FISCO: per i professionisti, vitto e alloggio, spese a deducibilità limitata

ARTICOLO PUBBLICATO: 02/07/2015

L’art.54 del Tuir detta le regole generali di determinazione dei redditi di lavoro autonomo stabilendo che esso è costituito dalla differenza tra due valori ben definiti:

• l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde

• l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.

Dall’utilizzo, da parte della norma, dei termini “compensi percepiti” e “spese sostenute” si evince che la determinazione del reddito avviene, diversamente di quanto previsto in materia di reddito d’impresa, utilizzando il criterio di cassa. A riguardo l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n.30/E/2006 ha chiarito che l’art.54 sancisce “l’applicazione del criterio di cassa come il principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, che può esser derogato solo nei casi espressamente previsti dai successivi commi della medesima disposizione”

Atteso che il principio di cassa rappresenta il criterio generalmente applicabile nella determinazione del reddito da lavoro autonomo, l’art.54 del Tuir prevede però alcune deroghe specifiche; trattasi dei seguenti casi:

• beni strumentali, deducibili per quote di ammortamento che devono essere calcolate in base alle aliquote fiscali fissate dal D.M. 31 dicembre 1988;

• canoni lo locazione finanziaria, deducibili nell’anno di maturazione nel rispetto di determinati parametri collegati sempre alla lunghezza dell’ammortamento fiscale di cui al D.M. 31 dicembre 1988;

• trattamento di fine rapporto dei dipendenti, deducibile per quote in base alla relativa maturazione;

• spese di natura non incrementativa di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di beni immobili, deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo dei beni ammortizzabili esistenti all’inizio del periodo d’imposta e per l’eccedenza in quote costanti nel successivi 5 anni.

Inoltre, in relazione ai componenti negativi deducibili, sempre l’art. 54, al comma 5, stabilisce specifiche limitazioni alla deducibilità con riferimento alle:

• spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande che sono deducibili nella misura del 75 per cento del reddito di lavoro autonomo con l’ulteriore limite relativo al loro importo complessivo che non può comunque eccedere il 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel corso del periodo d’imposta;

• spese di rappresentanza che sono deducibili nei limiti dell’1 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel corso del periodo d’imposta;

• le spese di partecipazione a convegni, congressi e eventi simili oppure a corsi di aggiornamento, incluse quelle di viaggio e soggiorno, che sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

Occorre poi considerare che la disposizione che limita al 75 per cento la deducibilità dei costi per prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti bevande, rileva anche con riferimento a quelli aventi natura di spese di rappresentanza e a quelli sostenuti in occasione di partecipazione a convegni e corsi di aggiornamento.

Infatti, secondo un’interpretazione logico sistematica, si ritiene che detta limitazione debba trovare un’applicazione generale a prescindere dalla finalità per cui la relativa spesa viene sostenuta. Ne deriva che le spese di vitto e alloggio sostenute da un professionista per la partecipazione ad un convengo devono essere assunte nella misura del 75 per cento e sono ammesse in deduzione nel limiti del 50 per cento: in sostanza per calcolare l’importo deducibile occorre calcolare il 50 per cento del 75 per cento del costo sostenuto (si veda la tabella seguente).

Infine, si ricorda che fino al 2014, posto che per il professionista costituivano compensi, ancorché in natura, i riaddebiti che egli esponeva in fattura a titolo di rimborso delle spese di vitto e alloggio sostenute per l’espletamento della prestazione nonché le spese di vitto e alloggio anticipate direttamente dal committente per suo conto, in deroga alla regola generale, tali spese rappresentavano costi integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo. 

A partire dal 2015, invece, per effetto delle modifiche apportate dall’art.10 del decreto semplificazioni, le spese di vitto e alloggio acquistate direttamente dal committente ovvero il rimborso di dette spese da parte del committente:

• non costituiscono compenso, e pertanto

• non rappresentano costi deducibili.

In altri termini, ciò “comporta per il professionista la completa irrilevanza dei valori corrispondenti alle prestazioni e somministrazioni, acquistate dal committente, di cui lo stesso professionista ha beneficiato per rendere la propria prestazione, sia quali compensi in natura, sia quali spese per la produzione del reddito (da addebitare in fattura)” (circolare dell’Agenzia delle Entrate n.31/E/2015). 

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