Dissesto Idrogeologico | Territorio
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Dissesto idrogeologico: servono 26 mld di euro per tutti gli interventi necessari

Il report CNI sul dissesto idrogeologico mostra come servano oltre 26 mld per risolvere il problema, quando negli ultimi 20 anni ne sono stati spesi appena 6.6. Ora però si può fare affidamento sui 14.3 mld del piano ProteggItalia e su ulteriori 2.4 mld del PNRR. Se ne è parlato nel corso del 67° Congresso CNI a Catania.

Rischio frane e idraulico: quasi 10 mln di persone vivono in zone non sicure

Si è parlato anche di dissesto idrogeologico nel corso del 67° Congresso CNI, in corso di svolgimento a Catania. A prendere la parola su questo tema è stato il consigliere del Consiglio Nazionale Ingegneri Alberto Romagnoli, che ha spiegato come una consistente fetta della popolazione italiana viva in territori a rischio, alto o medio. Nel primo caso si parla di 2.4 mln di cittadini, mentre nel secondo il dato sale 9.2 mln.
Per mettere al sicuro i cittadini e il Paese servirebbero ingenti risorse, circa 26 mld e mezzo di euro (dato RENDIS).
Daniele Spizzichino
(ISPRA) ha spiegato che "ci sono milioni di persone a rischio frana e idraulico. Se sappiamo i rischi a cui siamo esposti possiamo intervenire. Noi supportiamo il monitoraggio degli interventi". "Bisogna spiegare alle persone – ha aggiunto - cosa fare in caso di allerta meteo, ci sono dei protocolli di comportamento da seguire ma devono essere diffusi".

Questo report era già stato presentato dal CNI qualche mese fa e in questi giorni è stato ripreso nel corso del Convegno: ecco di seguito il testo.

Il 15% della popolazione italiana vive in aree a rischio alluvionale alto o medio

Quanto è grave il rischio di frane e alluvioni nel nostro Paese? Il rischio alluvioni coinvolge una parte del Paese ancora più estesa rispetto ad una situazione già molto critica legata ad eventi franosi.
L’Ispra rileva che 6,8 milioni di abitanti risiedono in aree a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni vivono in zone alluvionali ad alto rischio, complessivamente il 15% della popolazione. Gli edifici in zone alluvionali ad alto e medio rischio sono 2,1 milioni, il 15% del totale. Le regioni a maggior rischio alluvionale sono l’Emilia-Romagna, la Toscana, la Campania, il Veneto, la Lombardia e la Liguria. Più di 3 milioni di famiglie (16% del totale) sono esposte a rischio alto o medio.

Territorio e popolazione esposti a rischio alluvionale in Italia – dati 2020 - Fonte. Piattaforma RENDIS

Per comprendere quanto sia reale e grave il problema vale la pena di osservare la cartografia prodotta dall’Ispra. L’Emilia-Romagna ed esempio non ricade tra le aree a maggiore rischio ma a rischio medio. Tuttavia, quanto accaduto a metà maggio 2023 mette in evidenza che anche nelle zone non sottoposte a maggiore allerta gli eventi possono ormai essere disastrosi, impensabili, forse, anche secondo i più sofisticati modelli previsionali.

Aree allagabili per scenario di pericolosità da alluvione media (Medium Probability Hazard – MPH) – Mosaicatura ISPRA, 2020

1,3 milioni di abitanti sono esposti ad elevato rischio frane per corrispondenti 1,3 milioni di abitanti e oltre 565.000 edifici.

Territorio e popolazione esposti a rischio frane in Italia – dati 2020. Fonte: Piattaforma RENDIS

Nel complesso è sufficiente pensare che il 94% dei comuni italiani è a rischio di frane, alluvioni o erosione costiera.
Tra il 1971 ed il 2020 si sono registrati complessivamente 1.630 morti per frana o inondazione ed oltre
320.000 evacuati e senzatetto.

Eventi franosi e di inondazione con vittime nel periodo 1971-2020. Fonte: CNR Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica

Programmazione e spesa degli interventi di contrasto del rischio idrogeologico in Italia

L’Ispra rileva che negli ultimi 20 anni la spesa per interventi sia stata pari a 6,6 miliardi di euro, per un totale di 6.063 interventi ed un valore medio di poco superiore a 300 milioni di euro. Pochi o molti? Un certo sforzo è stato messo in campo, ma si stima, dai diversi dati disponibili, che per innalzare in modo “efficace” il livello di sicurezza contro i rischi sempre più imminenti, servirebbero ancora 8.000 opere di prevenzione per una spesa intorno a 27 miliardi di euro.

A ben guardare, sebbene il valore degli investimenti necessari sia imponente, il problema principale potrebbe non essere quello della carenza di risorse finanziarie. Il Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico (ProteggItalia) varato nel 2019, prevede per il periodo compreso tra il 2019 ed il 2030 stanziamenti per 14,3 miliardi di euro, parte dei quali destinati a opere emergenziali connesse ad eventi calamitosi, interventi di messa in sicurezza dei territori ed infrastrutture, interventi per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico.

Alle risorse messe a disposizione da questo Piano si aggiungono quelle messe a disposizione dal PNRR, pari a 2,4 miliardi di euro per “Misure per la gestione del rischio alluvionale e per la riduzione del rischio idrogeologico” nell’ambito della Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Insomma, nel breve periodo sembrano esservi risorse pubbliche relativamente sufficienti per effettuare almeno gli interventi più urgenti.

Le criticità dei programmi e delle politiche di contrasto del rischio idrogeologico

È probabile tuttavia che il Paese, nonostante gli sforzi compiuti, resti carente in termini di programmazione efficace di un piano di prevenzione del rischio idrogeologico. Occorre tenere conto che il “fronte” del rischio e del dissesto idrogeologico è talmente diffuso nel territorio che servirebbe un’opera continua e capillare di intervento che rivela dei limiti oggettivi. Agire su rinforzi spondali, su golene, corsi d’acqua, manutenzione di aree abbandonate, richiede attività di monitoraggio, progettazione ed intervento che non sempre possono essere realizzati in tempi brevi.

Tuttavia occorre considerare ulteriori elementi ostativi, legati più alla programmazione, alla modalità di gestione delle risorse e alla governance complessiva degli interventi di contrasto al rischio idrogeologico.

Relativamente a tali aspetti, la Corte dei Conti nella propria indagine su “Gli interventi della Amministrazione dello Stato per la mitigazione del rischio idrogeologico”, svolta nel 2021, mette chiaramente in luce alcuni elementi interessanti che possono essere sintetizzati come segue:

  • resta piuttosto squilibrata la durata delle diverse fasi che portano alla realizzazione delle opere di mitigazione e di prevenzione. In Italia la durata media totale di realizzazione di opere di contrasto al rischio idrogeologico e di 4,8 anni, di cui mediamente 2,3 anni vengono assorbiti dalla fase di progettazione, 7 mesi vengono impiegati per l’affidamento e 1,8 anni per l’esecuzione effettiva dell’opera. I tempi amministrativi e i tempi morti rappresentano il 48,6% del tempo;
  • negli anni le risorse pubbliche disponibili sono state prevalentemente devolute ad interventi emergenziali, cioè successivi ad eventi catastrofici, mentre minore spazio è stato dedicato alla prevenzione con una prospettiva di medio-lungo periodo. Questo rispecchia una grave debolezza della programmazione in ambito di contrasto al rischio idrogeologico. La Corte dei Conti sottolinea come lo stesso Piano ProteggItalia non ha individuato strumenti di pianificazione territoriali efficaci;
  • il Piano ProteggItalia non ha unificato i criteri e le procedure di spesa di competenze di Ministeri e Dipartimenti diversi e non ha risolto il problema dell’unicità di interventi con sfumature e obiettivi diversi;
  • non sembra esservi stato negli ultimi anni una accelerazione nell’uso delle risorse finanziarie disponibili il che chiama in causa complessità procedurali a monte, gestite dalle Amministrazioni competenti per i singoli capitoli di spesa, fatta eccezione per il Dipartimento della Protezione Civile che opera in regime di emergenza;
  • la Corte dei Conti sottolinea inoltre la ridotta capacità progettuale e di spesa delle Regioni e anche degli stessi Commissari straordinari/Presidenti delle Regioni anche a causa della carenza di strutture tecniche dedicate alla programmazione e monitoraggio degli interventi in ambito idrogeologico;
  • il consistente numero di strutture di indirizzo e gestionali (strutture di missione, cabine di regia, segreterie tecniche e task force), istituite negli anni, secondo la Corte dei Conti non sembrano avere contribuito in modo determinate a realizzare un piano efficace di interventi;
  • il ritardo con cui le Autorità di Bacino intervengono non ha aiutato secondo la Corte dei Conti ad avviare un percorso di programmazione di cui il Paese necessita;
  • la scarsa capacità di spesa delle Amministrazioni pubbliche in termini di interventi di prevenzione dal rischio idrogeologico è il frutto di progetti di scarsa valenza pratica perché basati su ipotesi di massima che poi non vengono approfondite per cambi di orientamento o per lunghezze autorizzative.

Persiste, dunque, la difficoltà da parte delle Istituzioni di attuare in modo rapido e di programmare in modo efficace gli interventi di contrasto al rischio idrogeologico.
Anche alla luce dei più recenti avvenimenti, occorrerebbe riformulare in tempi assai brevi, le modalità di gestione di un piano nazionale di contrasto sistematico al rischio idrogeologico.

IN ALLEGATO È POSSIBILE SCARICARE E VISUALIZZARE IL REPORT INTEGRALE.

Allegati

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Degrado ambientale dovuto principalmente all'attività erosiva delle acque superficiali, in contesti geologici naturalmente predisposti o per cause antropiche.

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