Edilizia | Urbanistica
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Distanze tra costruzioni e pareti finestrate: quando gli edifici non sono frontistanti?

Se l'edificio preesistente a quello nel quale si effettuano i lavori edilizi è situato ad un livello più alto rispetto al nuovo progetto, i due edifici non sono frontistanti e l'articolo 9 del D.M. 1444/1968 non si applica.

Come si riconosce la situazione di 'frontistanza' in materia di distanze tra edifici?

Lo spiega, nella sentenza 173/2024 il Tar Latina, che si trova a dover dirimere una controversia tra un privato e un comune sull'improcedibilità di una DIA per presunta violazione dell'articolo 9 del DM 1444/1968 sulle distanze tra pareti finestrate (distanze tra costruzioni).

 

Ampliamento di fabbricati e problema delle distanze: il caso

I ricorrenti sono proprietari di un'area in cui sono presenti 4 piccoli fabbricati.

La DIA presentata riguardava un progetto di ampliamento di due di questi fabbricati (denominati nn. 1 e 4), usufruendo dei benefici previsti dalla legge regionale 21/2009 (cd. piano casa).

In dettaglio, il progetto prevedeva un ampliamento in adiacenza e in sopraelevazione dell'edificio 1 e un ampliamento dell'edificio 4 per riempire uno spazio vuoto creatosi dopo la demolizione di una costruzione abusiva.

Il comune respinge la DIA per la realizzazione dele opere previste per questi motivi:

  • a) per l'edificio n. 1, l'ampliamento è considerato incompatibile con la normativa vigente riguardante le distanze dai confini e dalle strade;
  • b) per l'edificio n.4, l'ampliamento sarebbe stato posto a confine con proprietà altrui e avrebbe violato le distanze minime stabilite dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, poiché sarebbe stato troppo vicino a un edificio adiacente (distanza di 5,50 metri).

 

Ampliamento al di sotto del piano di edificazione dell'altro edificio

I ricorrenti rilevano che:

  • a) in ordine alle aperture che verrebbero chiuse, la chiusura di queste luci è stata concordata con lo stesso proprietario confinante e che tale circostanza era stata segnalata al comune, che l'ha ignorata, negli elaborati presentati;
  • b) in ordine alle distanze tra pareti finestrate, il problema in realtà nemmeno si pone in quanto “l’ampliamento sarà edificato in aderenza con il muro dell’immobile confinante e rimarrà al di sotto del piano di edificazione di quest’ultimo. Per cui non si pone né un problema di pareti finestrate antistanti né un problema di distanze dall’immobile confinante”.

 

Distanze tra edifici: deroga ai 10 metri solo per gruppi di edifici del piano particolareggiato

La deroga dell'art. 9 ultimo comma DM 1444/1968 riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata, per cui non può operare per un singolo edificio inserito in un contesto già edificato in precedenza.


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La teoria del comune: la distanza si calcola a tutte le pareti finestrate

Il comune, in ordine al secondo profilo, richiama la giurisprudenza formatasi in materia secondo la quale la distanza minima tra pareti finestrate – la cui prescrizione è pacificamente inderogabile – “va calcolata con riferimento a ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano (Cons. Stato, V, 16 febbraio 1979, n. 89)” evidenziando che “tale calcolo si riferisce a tutte le pareti finestrate e non soltanto a quella principale, prescindendo altresì dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (Cass., II, 30 marzo 2001, n. 4715), indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all'altra (Cass., II, 3 agosto 1999, n. 8383; Cons. Stato, IV, 5 dicembre 2005 , n. 6909; 2 novembre 2010, n. 7731)”, risultando “sufficiente che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta: il rispetto della distanza minima è dovuto anche per i tratti di parete che sono in parte privi di finestra, indipendentemente dalla circostanza che la parete finestrata si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all'altra (Cons. Stato, IV, 5 dicembre 2005, n. 6909; Cass. Civ., II, 20 giugno 2011, n. 13547; 28 settembre 2007, n. 20574)”.

 

Distanze minime tra edifici, vedute, visione frontale: la regola dei 10 metri non si applica alle luci

L'articolo 9 del D.M. 1444/1968 fissa la distanza minima che deve intercorrere tra "pareti finestrate e pareti di edifici antistanti", dovendosi intendere solamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci.


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La decisione definitiva: gli edifici non sono antistanti o frontistanti. Ecco perché

Entrambi i ricorsi vengono accolti.

Per quanto riguarda l'edificio n. 1, si concorda con i ricorrenti sulla violazione dell'art.3 della legge regionale n. 21/2009,il quale prevede deroghe alle disposizioni urbanistiche vigenti, con l'unico limite delle distanze stabilite dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, riguardanti le distanze tra fabbricati e non rispetto alle strade o ai confini. Il comune ha interpretato erroneamente questa deroga, ritenendola limitata al solo aumento del volume edificabile, mentre la normativa prevede deroghe più ampie relative ad altezze, distanze, superfici e volumi.

Per quanto riguarda invece l'edificio 4, la parte più interessante della pronuncia, il problema riguarda la distanza minima tra pareti finestrate, ma considerando la posizione particolare dei fabbricati, con l'edificio preesistente situato ad un livello più alto rispetto al nuovo progetto, si conclude che i due edifici non sono frontistanti e l'articolo 9 del D.M. 1444/168 non si applica.

Più nello specifico, la tesi dei ricorrenti secondo cui nella fattispecie non ricorrerebbe il presupposto applicativo dell'articolo 9 è corretta data la particolarità del caso in cui il preesistente edificio è collocato su un piano diverso e a quota più alta rispetto a quello di progetto cosicchè può essere escluso che i due edifici siano antistanti o frontistanti.

Sul punto, peraltro, la Cassazione ha avuto modo di chiarire che “la nozione di frontistanza ricorre nella situazione di edifici che, da bande opposte rispetto alla linea di confine, presentino le rispettive facciate che si fronteggino almeno per un segmento, di guisa che, supponendo di farle avanzare, in modo lineare e non radiale (o a raggio) come invece previsto in materia di vedute (art. 907 c.c.), e precisamente in linea ortogonale tra i diversi fronti, si incontrino almeno in quel segmento. Se tale possibilità di fronteggiamento non esiste, non si lede alcuna norma sulle distanze fra costruzioni” (Cassazione civile, sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3403, id., 3 ottobre 2018, n. 24076).

Nella fattispecie - ipotizzando il movimento lineare delle due facciate nel senso descritto - il loro incontro non si verifica perché l'immobile di progetto è interamente sottoposto a quello preesistente e quindi l’articolo 9 non è applicabile.


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