Doppio titolo edilizio in presenza di vincoli paesaggistici o in caso di demolizione
L’analisi del ruolo del doppio titolo edilizio nell’ambito della tutela del patrimonio paesaggistico italiano evidenzia come la normativa vigente, rappresentata dal DLGS 42/2004 e dal DPR 31/2017, imponga un regime autorizzativo molto articolato per le opere realizzate in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. La sentenza n. 775/2025 del TAR della Campania rafforza questa prospettiva, confermando che operazioni edilizie abusive o prive del necessario doppio titolo siano soggette a sanzioni demolitorie, anche in contesti di interventi apparentemente minori come la SCIA o la CILAS.
Il ruolo del doppio titolo edilizio nella protezione del patrimonio paesaggistico
L’Italia è territorio dove regnano sovrani paesaggi meravigliosi, tesori che devono essere tutelati e che la normativa, per l’appunto, assoggetta a rigorosi vincoli paesaggistici, che impongono rigide regole a chiunque intenda realizzare interventi edilizi o qualsivoglia modifica al territorio (esempio variazioni dei profili altimetrici del terreno).
È chiaro che gli interventi edilizi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico sono molto complessi e qualora si voglia realizzare un progetto edilizio, si dovrà verificare l’iter e le opere realizzabili nella specifica area sottoposta a vincolo paesaggistico.
La normativa di riferimento è il DLGS 42/2004 (Codice di Beni culturali), affiancata da DPR 31/2017 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata).
Gli artt. più rilevanti del DLGS 42/2004 sono:
- l’art. 136, con il quale vengono individuate le aree di notevole interesse pubblico;
- l’art. 142, ove vengono individuate le aree tutelate per legge;
- l’art. 146, che regola il procedimento di autorizzazione paesaggistica.
In tali contesti quindi diventa chiaro che non basta un solo titolo edilizio ma vige il principio del cosiddetto doppio titolo edilizio.
Tale principio impone che qualsiasi opera che ricada in zona vincolata paesaggisticamente non solo dovrà presentare un valido titolo abilitativo edilizio (come CILA, SCIA o Permesso di Costruire), ma anche una specifica autorizzazione paesaggistica, prevista dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio.
La necessità di questo doppio livello autorizzatorio nasce dall’esigenza di tutelare il patrimonio paesaggistico nazionale mediante la supervisione di un ente opportunamente qualificato.
Qualora ciò non avvenga ci saranno delle conseguenze rilevanti che possono comportare anche una sanzione demolitoria da parte dell’Amministrazione.
Quindi l’assenza o l’irregolarità di uno dei due titoli comporta l’illegittimità dell’intervento, con rilevanti conseguenze, tali principi vengono sono stati ribaditi anche dalla sentenza del TAR della Campania n. 775 del 2025.
Il ruolo delle autorizzazioni paesaggistiche nelle zone soggette a vincolo
Con la sentenza n. 775/2025 il TAR della Campania ha rigettato il ricorso promosso da un privato cittadino, contro il Comune di Castellabate, confermando un’ordinanza di demolizione per la realizzazione di una serie di opere edilizie abusive, in zona sottoposta a vincoli paesaggistici e ambientali.
Il ricorrente aveva contestato l’atto comunale sostenendo, tra le varie motivazioni addotte, la mancata comunicazione di avvio del procedimento e un difetto di motivazione del provvedimento impugnato. Tuttavia, il TAR ha respinto il ricorso sostenendo che l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato, privo di discrezionalità e, come tale, non richiede un confronto dialettico preventivo con il destinatario.
Il ricorrente aveva presentato una SCIA per lavori di consolidamento sismico e una successiva CILAS per ulteriori interventi minoritari. Ma in seguito ad un sopralluogo tecnico da parte del Comune sono emerse numerose opere non consentite.
Secondo il TAR “nel caso di specie, si ravvisano gli estremi della nuova costruzione, intendendosi per qualsiasi intervento che consista in una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, attuata attraverso opere di rimodellamento della morfologia del terreno, ovvero costruzioni (…) che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal grado di amovibilità, presentino un simultaneo carattere di stabilità fisica e di permanenza temporale, dovendosi con ciò intendere qualunque manufatto che sia fisicamente ancorato al suolo. Il tratto distintivo e qualificante viene, dunque, assunto nell’irreversibilità spazio-temporale dell’intervento (…), i tratti qualificanti della nuova costruzione, proprio in ragione della creazione di nuovo volume e nuova superficie, come tale, impattante sull’assetto urbanistico circostante, si ravvisano negli abusi in contestazione (…)”
Le opere realizzate si identificano, quindi, secondo i giudici amministrativi come equipollenti ad una nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3 del DPR 380/2001, in quanto comportano una trasformazione stabile e permanente del territorio, con impatto significativo sull’assetto urbanistico.
Inoltre la natura abusiva degli interventi è stata ulteriormente aggravata dal fatto che l’area in questione ricade all’interno del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in zona E2 (agricola di salvaguardia paesaggistica) e in un sito protetto della Rete Natura 2000 (ZPS “Costa tra Punta Tresino e le Ripe Rosse”). Ma soprattutto l’area di intervento è anche soggetta a vincolo idrogeologico e paesaggistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004.
Alla luce di ciò, il TAR ha sottolineato che “(…) in zona paesaggisticamente vincolata, assume che è legittima la comminatoria della sanzione demolitoria relativamente alle opere eseguite in assenza del previo titolo edilizio minore costituito dalla D.I.A. o dalla S.C.I.A. laddove gli abusi, ancorché in ipotesi assoggettati al regime della DIA o della SCIA, siano stati realizzati in territori soggetti a vincoli di tutela paesaggistica e ambientale; ciò in ossequio ad un canone di indifferenza del titolo edilizio necessario all'esecuzione di opere in zone vincolate; infatti, è necessaria la presenza, per le opere edilizie eseguite in ambito soggetto a vincolo paesaggistico, di due distinti titoli: il titolo edilizio e l'autorizzazione paesaggistica e l'opera va sanzionata se risulti priva di uno di essi (…)”.
Quindi per le opere realizzate in zone vincolate è necessario il doppio titolo abilitativo ossia il titolo edilizio e l’autorizzazione paesaggistica. Ciò implica che l’assenza anche di uno solo di questi atti amministrativi rende legittimo l’intervento repressivo da parte dell’amministrazione.
In conclusione, la sentenza del TAR Campania ribadisce con chiarezza la centralità del principio del doppio titolo edilizio nelle aree sottoposte a vincoli paesaggistici. Nel caso di specie, la presenza della SCIA e della CILAS, pur regolarmente presentate, non possono legittimare gli interventi realizzati in assenza della necessaria autorizzazione paesaggistica. Il Tribunale ha dunque confermato la legittimità dell’ordinanza di demolizione, ritenendo irrilevante le motivazioni sollevate dal ricorrente e riconoscendo la natura delle opere contestate, perché di fatto classificabili come nuova costruzione.
LA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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