Energy Release 2.0, il “calmiere verde” che allunga la vita alla manifattura italiana
In una corsa che intreccia competitività industriale e transizione ecologica, l’Energy Release 2.0 irrompe come respiro strategico: elettricità rinnovabile a prezzo calmierato, obbligo di restituzione in nuova capacità verde, 5 GW di impianti in arrivo. Il via libera di Bruxelles ridisegna il costo dell’energia italiana, aprendo un’autostrada sostenibile per acciaio, carta, vetro e chimica, dando ossigeno ai bilanci delle PMI energivore.
Energy Release 2.0: il via libera di Bruxelles
Con la lettera arrivata il 27 giugno 2025, la Commissione UE ha dichiarato pienamente conforme alle norme sugli aiuti di Stato il meccanismo Energy Release 2.0, confermando il prezzo fisso di 65 €/MWh per tre anni a favore delle imprese energivore italiane.
Per queste aziende il 2024 ha significato pagare in media 108 €/MWh, contro i 78 della Germania e i 58 della Francia: lo “sconto verde” riduce quindi un gap superiore al 35 % e garantisce maggiore prevedibilità dei costi.
Energy Release 2.0: Anatomia della misura
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Fase 1 – Anticipazione
Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) cede energia rinnovabile della propria disponibilità a 65 €/MWh per 36 mesi tramite un contratto per differenza a due vie. Se il prezzo spot supera il tetto, il GSE liquida la differenza alle imprese; se scende sotto, la differenza viene restituita al GSE. -
Fase 2 – Restituzione in rinnovabili
Entro 40 mesi dalla firma, il beneficiario (o un terzo selezionato in asta GSE) deve mettere in servizio nuova capacità FER almeno doppia rispetto all’energia anticipata; la restituzione avviene in 20 anni, senza più esborso pubblico.
Numeri chiave: 559 domande, 3 400 soggetti coinvolti, oltre 70 TWh richiesti e 5 GW di nuova potenza green prevista.
Perché serve (e perché ora) l'Energy Release 2.0
La corsa dei prezzi dell’elettricità, innestata dall’instabilità geopolitica e dall’aumento della domanda, grava soprattutto sui settori hard-to-abate (acciaio, carta, ceramica, chimica).
Energy Release 2.0 offre un ponte di tre anni per schermare i bilanci, ma vincola la tregua tariffaria a investimenti che resteranno patrimonio del Paese ben oltre la durata dell’aiuto.
Energy Release 2.0: Il paragone internazionale
Paese | Strumento | Target | Controparte pubblica |
---|---|---|---|
Regno Unito | Contracts for Difference (CfD) | Produttori rinnovabili | Low Carbon Contracts Co. |
Italia | Energy Release 2.0 | Grandi consumatori elettrici | GSE |
Germania | “Strompreisbremse” in discussione (taglio tassa elettrica) | Industria, agricoltura | Governo federale |
Il modello italiano rovescia la logica del CfD britannico: non finanzia chi produce rinnovabili, ma chi le consumerà, obbligandolo però a farsene produttore a propria volta.
Nel Regno Unito il CfD stabilizza il ricavo dei generatori verdi, trasferendo il rischio di mercato allo Stato; in Germania è allo studio un prezzo agevolato per l’industria che però, secondo le associazioni di categoria, rischia di creare distorsioni senza generare nuova capacità pulita.
Energy Release 2.0: Impatti attesi
- Competitività: la bolletta elettrica per gli energivori scende sotto la soglia-psicologica dei 70 €/MWh, allineandosi alla media tedesca.
- Investimenti: 5 GW equivalgono a circa il 10 % dell’installato FV nazionale odierno; l’obbligo di restituzione attiva una pipeline di cantieri rinnovabili diffusi (≥ 200 kW) che mobilita EPC, banche e assicurazioni.
- Decarbonizzazione: l’energia anticipata proviene da impianti FER “maturi”, mentre quella restituita introduce capacità addizionale, accelerando il phase-out del termoelettrico.
Nodi da sciogliere
- Tempistiche – 40 mesi possono essere stretti per impianti eolici complessi; ritardi autorizzativi potrebbero generare penali.
- Garanzie finanziarie – le fideiussioni richieste dal GSE, solo parzialmente sovvenzionate (de minimis 300 k € in 3 anni), pesano sui rating delle PMI energivore.
- Mercato dei titoli verdi – l’afflusso di Garanzie d’Origine legate all’anticipazione potrebbe comprimere i prezzi di mercato, impattando altri operatori FER.
La prospettiva
Energy Release 2.0 è più di una cura tampone: codifica in un unico schema gli obiettivi — spesso divergenti — di stabilità dei prezzi e nuova potenza rinnovabile, affidando la regia al GSE e trasformando l’impresa energivora da semplice consumatore a prosumer obbligato. In un’Europa che discute il “net-zero industry act”, lo strumento italiano si pone come proof of concept di un mercato elettrico dove il vantaggio competitivo nasce non dal sussidio a pioggia, ma da un patto bilaterale: prezzo-calmiere oggi contro investimenti verdi domani.
Se scatterà davvero la scintilla dei cantieri — e tempi, permessi e supply chain lo consentiranno — Energy Release 2.0 potrà diventare la cartolina del re-shoring industriale italiano: “energia a chilometro zero, acciaio a emissione zero”. In caso contrario resterà un elegante esercizio di ingegneria regolatoria, sospeso fra ambizione e burocrazia.
In sintesi, Bruxelles ha concesso all’Italia un’autostrada preferenziale: sta ora al sistema-Paese percorrerla, trasformando l’energia scontata di oggi nell’infrastruttura rinnovabile di dopodomani. Un passaggio di testimone che nessun’altra economia europea ha osato orchestrare con la stessa simmetria tra costo immediato e beneficio di lungo periodo.
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