Fotovoltaico e vincoli paesaggistici: quando il diniego è illegittimo?
Il Consiglio di Stato chiarisce che il diniego paesaggistico nell’ambito dell’autorizzazione semplificata va fondato su una istruttoria puntuale riferita al progetto presentato. È illegittimo il rifiuto basato su valutazioni superate, non adeguate e senza osservazioni migliorative o proposte alternative.
Il diniego paesaggistico va giustificato con una istruttoria adeguata
Nel procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata (d.P.R. n. 31/2017), il diniego della amministrazione deve fondarsi su una istruttoria riferita al progetto effettivamente presentato e deve essere adeguatamente motivato, anche indicando eventuali prescrizioni migliorative.
Cos'è l'autorizzazione paesaggistica semplificata (d.P.R. n. 31/2017)?
L'autorizzazione paesaggistica semplificata, introdotta con il d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, disciplina un procedimento snello per interventi a basso impatto paesaggistico. Si applica agli interventi elencati nell’Allegato B, per i quali è prevista una procedura accelerata con tempistiche ridotte e senza necessaria acquisizione del parere della Soprintendenza, salvo eccezioni.
È illegittimo il provvedimento che richiami valutazioni rese su una proposta diversa e superata in violazione degli obblighi di istruttoria individualizzata e del principio di leale collaborazione. La tutela del paesaggio va bilanciata con l’interesse pubblico alla transizione energetica, costituzionalmente e normativamente rilevante. E’ quanto precisato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2808 pubblicata il 2 aprile 2025.
La sentenza del Consiglio di Stato affronta un nodo centrale dell’odierno diritto amministrativo ambientale, ovvero il rapporto fra tutela del paesaggio e sviluppo sostenibile con specifico riguardo alla installazione di impianti fotovoltaici in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.
Il caso analizzato evidenzia come l’amministrazione, nel valutare la compatibilità paesaggistica di un intervento, non possa eludere l’onere di svolgere una istruttoria puntuale ed aggiornata, né ignorare la finalità pubblica della transizione energetica.
Autorizzazione paesaggistica semplificata e ruolo degli enti
L’intervento oggetto del ricorso consisteva nella installazione di pannelli fotovoltaici su un edificio situato in zona vincolata ai sensi dell’art. 136 del Codice dei beni culturali (D. Lgs. n. 42/2004) e rientrante altresì nella buffer zone del sito UNESCO delle Ville Medicee.
L’istanza era stata presentata ai sensi del d.P.R. n. 31/2017 recante il regolamento in materia di autorizzazione paesaggistica semplificata. In base a tale regolamento, l’intervento rientrava nelle attività di cui all’Allegato B (interventi subordinati a procedura semplificata) e doveva pertanto seguire un iter amministrativo snello, ma comunque rispettoso delle garanzie istruttorie e valutative imposte dal Codice dei beni culturali.
La valutazione paesaggistica è affidata alla Commissione locale per il paesaggio il cui parere è vincolante per il rilascio dell’autorizzazione da parte del Comune, salvo il caso in cui intervenga la Soprintendenza, competente ad esprimere parere vincolante nel procedimento ordinario (art. 146 D. Lgs. n. 42/2004), ma non necessariamente coinvolta nella procedura semplificata salvo casi eccezionali o su richiesta.
L’errore istruttorio: il riferimento ad un progetto superato
L’elemento centrale della decisione orbita sull’accertamento del vizio di travisamento dei presupposti di fatto.
L’amministrazione comunale ha fondato il diniego non sulla base della documentazione istruttoria pertinente all’istanza in esame, bensì richiamando pareri e considerazioni resi con riferimento ad una proposta progettuale precedente e radicalmente diversa.
Il Consiglio di Stato ha qualificato questo comportamento come un vizio istruttorio grave destinato ad inficiare l’intero procedimento in quanto impedisce una valutazione effettiva della compatibilità paesaggistica del progetto effettivamente presentato.
La nuova proposta progettuale aveva infatti recepito le indicazioni espresse dalla stessa Commissione in sede di primo esame introducendo soluzioni tecniche migliorative: pannelli non riflettenti, integrati nella copertura, disposti in maniera simmetrica, con colorazione coerente con il manto di copertura e visibilità fortemente ridotta.
Dovere di motivazione individualizzata e principio del dissenso costruttivo
Un ulteriore profilo di illegittimità individuato riguarda la violazione del principio di motivazione. La Commissione e il Comune si sono limitati a reiterare genericamente le valutazioni già espresse sul precedente progetto senza sviluppare una motivazione riferita alla nuova configurazione.
Si è trattato di una motivazione stereotipata e meramente apparente che non soddisfa gli obblighi imposti dall’art. 3 della L. n. 241/1990. Ancora più rilevante è la violazione dell’art. 11, comma 6, d.P.R. n. 31/2017 che impone alle amministrazioni, in caso di diniego dell’autorizzazione paesaggistica semplificata, non solo di esplicitare le ragioni del rigetto, ma anche di indicare le modifiche progettuali eventualmente necessarie a renderlo compatibile.
Tale previsione codifica il principio del «dissenso costruttivo» il quale impone una collaborazione tra amministrazione e privato ispirata ai criteri di economicità e semplificazione.
Nel caso di specie, l’amministrazione si è sottratta a tale obbligo respingendo l’istanza senza formulare alcuna osservazione migliorativa o proposta alternativa, perciò contravvenendo agli standards procedimentali richiesti per il procedimento semplificato.
Rilevanza del bilanciamento tra interessi pubblici: paesaggio e rinnovabili
Infine, il Consiglio di Stato ha ribadito che la valutazione paesaggistica non può essere condotta in modo avulso dalla considerazione del contesto normativo e costituzionale attuale che assegna pari rilevanza alla tutela ambientale e alla promozione delle energie rinnovabili.
In particolare, la sentenza richiama i princìpi desumibili dall’art. 9 della Costituzione (come modificato dalla L. cost. n. 1/2022 e dagli artt. 2, 11 e 20 della Direttiva 2018/2001/UE e dalla disciplina nazionale sulla promozione delle FER fonti di energia rinnovabile).
L’installazione di pannelli fotovoltaici è riconosciuta come intervento di pubblico interesse e il diniego alla loro installazione può essere legittimo solo a séguito di una istruttoria rigorosa e motivata fondata su una valutazione concreta degli impatti e non su preclusioni astratte. Nel caso in esame, l’intervento era localizzato fuori dalle aree dichiarate «non idonee» ai sensi della normativa regionale (Linee guida regionali ex D.M. 10 settembre 2010) e la compatibilità andava pertanto valutata secondo i criteri ordinari di proporzionalità e ragionevolezza.
Conclusioni
La sentenza costituisce un importante precedente in materia di equilibrio fra tutela paesaggistica e transizione ecologica ed asserisce che le amministrazioni non possono rifiutare autorizzazioni in modo automatico.
E’ necessaria una valutazione effettiva, aggiornata e individualizzata dell’intervento.
Vige l’obbligo di motivazione rafforzata nei procedimenti semplificati. L’interesse pubblico alla produzione di energia rinnovabile va bilanciato con quello paesaggistico, non subordinato. Nel bilanciamento tra valori costituzionali, l’effettività del diritto all’ambiente salubre e la promozione della sostenibilità impongono alle autorità amministrative una valutazione più moderna e integrata dei vincoli paesaggistici che non può fondarsi su approcci conservativi e formalistici.
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