Grandi infrastrutture: le sfide tecniche dei sistemi per il monitoraggio strutturale di ponti e gallerie
Le grandi infrastrutture sopra e sotto terra rappresentano il centro nevralgico della rete di trasporti nazionale. Pertanto, queste richiedono una costante sorveglianza delle loro condizioni. Tuttavia, gli obbiettivi del monitoraggio di ponti e gallerie, specialmente se situati in aree di rischio sismico, divergono. È quindi cruciale comprenderne a fondo le diverse priorità. Solo dopo aver acquisito questa comprensione è possibile valutare le tecniche da impiegare.
Motivazioni per il monitoraggio strutturale
Il monitoraggio strutturale – o ‘Structural Health Monitoring’, SHM– è un aspetto fondamentale per valutare quantitativamente le condizioni delle infrastrutture, sia per quanto riguarda il patrimonio esistente che per le nuove costruzioni. Soprattutto per il primo caso, bisogna ricordare che un’alta percentuale delle opere infrastrutturali stradali e ferroviarie italiane ha ampiamente superato la vita nominale di progetto; molti progetti di ricerca stanno affrontando la questione correntemente.
Da una prospettiva economica, infatti, risulta spesso più conveniente mantenere operativa una struttura esistente piuttosto che la sua dismissione e ricostruzione, purchè questa sia ancora strutturalmente solida. Tuttavia, a causa del naturale invecchiamento delle opere, numerose criticità emergono.
Non solo i materiali da costruzione risultano deteriorati; anche i carichi di traffico risultano molto maggiori di quelli stimati in fase di progetto decenni fa. Per questioni legate al cambiamento climatico, le condizioni ambientali circonstanti, come ad esempio le piene fluviali che possono indurre scalzamento, possono subire variazioni statisticamente rilevanti. La normativa antisismica italiana ha anche avuto molti aggiornamenti, alla luce dei quali molte infrastrutture potrebbero risultare carenti rispetto agli standard attuali. Tutti questi fattori gradualmente riducono la durabilità e la sicurezza delle componenti (strutturali e non) dell’opera.
Per tutti questi e altri motivi, molte infrastrutture strategiche per la mobilità stradale o ferroviaria sono dotate di sistemi di monitoraggio statico, dinamico, topografico e/o ambientale per verificarne le condizioni di salute.
Infatti, una delle strategie migliori per conoscere lo stato di salute di un’infrastruttura è il monitoraggio in continuo, con acquisizione in permanenza ed in automatico dei dati e conseguente gestione degli stessi da remoto. Questo approccio, che sarà meglio dettagliato in seguito, consente di misurare varie grandezze fisiche di interesse.
Le utilità di tali sistemi sono molteplici. In situazioni di emergenza, i sistemi di monitoraggio strutturale permettono di attivare sistemi di allarme ‘early warning’. In caso di peggioramenti delle condizioni strutturali in lenta o lentissima progressione, quali ad es. il degrado dei materiali, paleofrane, o altro, consentono invece di pianificare interventi di manutenzione per la corretta gestione del patrimonio. Questo rappresenta la base necessaria per il passaggio dall’attuale una strategia di manutenzione ‘time-scheduled’ ad una più efficiente alternativa ‘condition-based’.
Nei paragrafi successivi, dopo una breve parentesi generale sui concetti cardine dello SHM, ci concentreremo sull'importanza del monitoraggio di ponti e gallerie, crocevia fondamentali per il trasporto su strada e ferroviario. Inizieremo con la caratterizzazione delle peculiarità del monitoraggio di tali strutture, per poi fornire una breve panoramica di alcune delle tecniche di monitoraggio più utilizzate.
Generalità sui sistemi di monitoraggio
La manutenzione tradizionale consiste ancora ad oggi, almeno nelle primissime fasi, nell’ispezione visiva. Tuttavia, queste ispezioni sono soggettive e si basano sulla esperienza dell’operatore. Questa metodologia è inoltre dispendiosa, laboriosa, inefficace per danni non superficiali e inadeguata per tenere traccia delle condizioni e dei cambiamenti del ponte. Di conseguenza, ove economicamente possibile, vengono preferite tecnologie di ispezione o monitoraggio basate su letture oggettive e quantificabili di sensori.
Come accennato, l’aspetto caratterizzante del SHM è la presenza di sensori installati in permanenza sulla struttura target. Questo lo distingue anche dalle cosiddette indagini non distruttive (‘Non-Destructive Tests’, NDTs) che sono invece effettuate saltuariamente da team di tecnici con strumentazione portatile.
Il monitoraggio ‘embedded’ più appropriato è quello in continuo, con acquisizione automatica e analisi e gestione dei dati da postazione remota.
Questo ovviamente a causa delle grandi quantità di dati da analizzare.
Ogni sistema di monitoraggio può essere concettualmente diviso in tre macro-aree: la rete di sensori (anche di natura differente), il sistema di trasmissione e il sistema di raccolta e analisi dati. Si tratta quindi di un’interfaccia tra una componente hardware, necessariamente in sito, e una componente software, come detto generalmente in remoto. Data la quasi impossibilità di sviluppare modelli analitici predittivi dello stato di danneggiamento, la quasi totalità dei sistemi di ‘anomaly detection’ è basata su approcci ‘data-driven’ (ovvero statistici e di Intelligenza Artificiale) e, solo raramente, su strategie ‘model-based’ o ibride.
Ogni sistema è potenzialmente in grado di monitorare grandezze fisiche 24 ore su 24, acquisendo dati che possono essere gestiti online anche in tempo reale. Per motivi pratici, questo è però in genere limitato a periodicità minori, come ad es. un’acquisizione all’ora o anche solo un’acquisizione al giorno.
Nel suo insieme, ogni forma di monitoraggio consiste nel registrare una serie di grandezze fisiche tramite appropriate strumentazioni posizionate sull’infrastruttura.
Queste grandezze fisiche possono essere correlate al comportamento strutturale dell’opera o ad altri aspetti. Le grandezze di maggior interesse sono, in genere, i modi globali di vibrare della struttura e gli spostamenti, le inclinazioni e le tensioni (stress meccanico) in punti specifici. Queste grandezze rappresentano, rispettivamente, gli obbiettivi del monitoraggio dinamico e statico.
Esse sono utilizzate, nel loro insieme, come ‘proxy’ di possibili stati di danno. Questo deriva dall’impossibilità di misurare in modo diretto il ‘danneggiamento’ di una struttura, se non per specifici casi, come ad es. l’apertura delle fessure superficiali. Pertanto, queste ‘damage-sensitive features’ sono utilizzate come misura indiretta della presenza di danno. È inoltre di primaria importanza ricordare che il monitoraggio statico e quello dinamico non sono mutuamente esclusivi, ma anzi complementari, in quanto rilevano effetti distinti e indotti da diverse tipologie di danneggiamento.
È buona pratica integrare questi sistemi anche con misure cosiddette ambientali, ovvero focalizzate su grandezze fisiche non legate al comportamento strutturale dell’opera ma alle condizioni al contorno, siano esse fattori naturali, come vento, temperatura e umidità, oppure indotte dall’uomo, come ad es. le sollecitazioni indotte dai carichi viaggianti. Questi fattori influenzano il comportamento della struttura senza esserne direttamente connessi. Il loro studio è necessario, principalmente, per depurare le letture degli altri sensori da questi fattori non correlati all’eventuale stato di danno.
Questi sono anche noti nella letteratura internazionale come ‘environmental and operational variables’ (EOVs) [5] o ‘confounding influences’ e sono la primaria causa di pericolosi falsi allarmi.
Ad esempio, è ben noto che le frequenze naturali di un viadotto – indipendentemente dalla tipologia e materiali costruttivi – sono fortemente influenzate dalla temperatura, specialmente se sottozero. Compensare le letture accelerometriche con quelle termiche permette di isolare variazioni indotte invece da eventuali perdite di rigidezza, ottenendo vere damage-sensitive features.
Nel caso in cui le analisi rivelino una anomalia, è possibile intervenire immediatamente o pianificare una soluzione. La strategia di intervento immediato, nota come 'early warning', prevede l'emissione di allarmi tempestivi per consentire interventi immediati e prevenire danni a persone o cose. La seconda strategia, la manutenzione predittiva, consiste nella previsione del tempo residuo di funzionamento di un elemento malfunzionante ma non a rischio immediato di collasso, consentendo la progettazione di interventi preventivi.
Oltre a questo step di anomaly (ovvero damage) detection, modelli statistici e software più avanzati possono svolgere anche compiti più complessi, quale la localizzazione e stima dell’entità del danno.
Le peculiarità del monitoraggio dei ponti e delle gallerie
Strutture sotto e sopra terra sono soggette a rischi differenti e richiedono pertanto approcci distinti per quanto riguarda il loro monitoraggio.
Ad esempio, per quanto concerne il rischio sismico, l’esperienza acquisita osservando il comportamento e le condizioni post-terremoto dimostrano che le strutture sotterranee sono generalmente molto meno suscettibili ai danni strutturali rispetto alle strutture fuori-terra. Fessurazioni e crolli avvengono raramente, in presenza di sismi con elevata magnitudo e solo localmente in sezioni e punti critici.
Diversi studi hanno permesso di individuare differenti pattern di fessurazione del rivestimento delle gallerie e al contempo di individuare le zone maggiormente a rischio di danneggiamento. Queste includono i portali (la struttura di entrata di una galleria), dove smottamenti e frane possono causare danni significativi, e le eventuali intersezioni del tunnel con una o più faglie attive, in quanto le due parti potrebbero subire spostamenti relativi incompatibili con la resistenza strutturale dell’opera.
Il rischio di collasso di una galleria a causa di un terremoto, per le ragioni sopra elencate, risulta quindi essere molto limitato. Tuttavia, il monitoraggio dei tunnel risulta essere comunque cruciale per garantire la sicurezza degli utenti in transito al loro interno. Nell’ambito della mobilità stradale in galleria, il distacco del rivestimento potrebbe colpire un veicolo in movimento o costituire un ostacolo imprevisto per il conducente andando così a minare la sicurezza del tracciato stradale. Più critico il caso di viabilità ferroviaria. Considerando le elevate distanze necessarie per fermare il moto del treno, dovute al basso attrito che si instaura tra le ruote del treno e le rotaie, una variazione della distanza tra i binari (scartamento) oppure della quota tra le due rotaie, dovute per esempio a movimenti sismici, potrebbero causare fatali deragliamenti.
Per quanto riguarda ponti e viadotti, la questione è più ampia e complessa, data la molteplicità di tipologie, schemi strutturali e differenti materiali utilizzati. Gli effetti del terremoto possono variare notevolmente, colpendo diversi elementi (strutturali o non) con gravità variabile in base alla magnitudo e al livello di progettazione antisismica.
In questo caso, gli effetti del sisma sull’infrastruttura fuori-terra possono minare non solo la sicurezza per gli utenti che lo percorrono, ma anche direttamente la sicurezza della struttura stessa. Inoltre, eventuali detriti potrebbero andare a danneggiare edifici o altre costruzioni nelle vicinanze. Il monitoraggio per i ponti può essere quindi più propriamente definito un ‘monitoraggio strutturale’ perché l’obbiettivo è avere noto il comportamento degli elementi strutturali che lo compongono.
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Nei prossimi paragrafi si parlerà di:
- Sistema di monitoraggio per tunnel;
- Sistema di monitoraggio per ponti;
- Conclusioni della trattazione.
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