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Informazione è Decisione? Ruoli e Responsabilità degli Attori nei Processi Digitalizzati

Il nesso è antico: già negli Anni Quaranta e Cinquanta si riteneva che, per il settore della costruzione, l’efficiente informazione conducesse alla efficace decisione: da cui derivava, ad esempio, l’importanza della normalizzazione degli elaborati tecnici e la ricerca sui sistemi di classificazione. Cosa accade oggi nell'era della digitalizzazione?

Norma UNI 11337-7: i profili professionali del BIM

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La norma UNI 11337-7 ha definito con precisione, a vantaggio del mercato domestico, i profili professionali legati alla gestione informativa supportata dalla modellazione informativa: CDE Manager, BIM Manager, BIM Coordinator, BIM Specialist.

Essa costituisce un importante riferimento per cercare di trovare una comune interpretazione dei ruoli e dei mestieri legati alla digitalizzazione nel settore della costruzione pure a livello europeo.

Vi è anche da dire che la norma presenta un carattere universale, applicandosi a tutte le fasi del processo e a tutte le categorie di organizzazioni, ma chiaramente le maggiori esperienze sinora maturate concernono le attività di progettazione.

È chiaro, peraltro, che, nel, prossimo futuro, il dibattito sarà incentrato sulla nozione di «produzione» dei dati, nel senso che forse si soffre di uno strabismo allorché si immagina che essi siano generati principalmente nelle prime fasi della commessa, trascurando il fatto che il reimpiego di oggetti e di entità messi a disposizione da altre fonti assomiglia forse maggiormente a una elaborazione, sia pure originale, di strutture di dati esistenti.

Naturalmente, all’interno della transizione digitale la stabilità delle definizioni è relativa, come dimostra la velocità con cui si itera il ciclo della pre normazione (in Italia, attuata colla Prassi di Riferimento), della normazione stessa e della post normazione (realizzabile grazie alla qualificazione e alla certificazione), per giungere nuovamente al primo passaggio.

In altre parole, il processo normativo, a differenza del passato, anticipa alcune formalizzazioni dell’esistente, ma, al contempo, ne è dinamicamente sollecitato.

D’altronde, se il fenomeno si applica ai processi, si può ben comprenderne l’estensione ai prodotti, oggi apparentemente «stabilizzati», allorché si diffonderà la loro sensorizzazione e interconnessione, stravolgenti.

D’altra parte, già si scrive, a proposito della Digital Fabrication, di DFab Manager, di DFab Coordinator, di DFab Specialist: le «professioni» nascono rapidamente.

Ciò che, tuttavia, in questa sede, interessa è la relazione tra informazione e decisione, vale a dire, l’influenza che un certo modo di pensare e di praticare i flussi informativi, piuttosto che non un altro, sia in grado di praticare sui processi decisionali.

Processi digitalizzati: Informazione è decisione?

Il nesso è antico: già negli Anni Quaranta e Cinquanta si riteneva che, per il settore della costruzione, l’efficiente informazione conducesse alla efficace decisione: da cui derivava, ad esempio, l’importanza della normalizzazione degli elaborati tecnici e la ricerca sui sistemi di classificazione.

La correlazione tra informazione e decisione ha caratterizzato, nei decenni successivi, a livello internazionale, ogni tentativo di industrializzazione del settore, considerato non tanto sotto la luce della prefabbricazione (fuori opera) quanto della razionalizzazione dei processi (anche in opera).

Più recentemente, nelle BS PAS della serie 1192 compariva l’espressione Information Manager, quasi a enfatizzare un ruolo «veicolare» della gestione dell’informazione.

Tutto ciò, unitamente alla diffusione degli applicativi di BIM Authoring e delle norme sui processi digitalizzati, ha condotto a individuare, ad esempio, una sorta di linea di demarcazione tra i territori dell’Information Modeling e del Computational Design, infranta forse allorché gli strumenti di Visual Programming sono stati introdotti in quelli di produzione dei modelli informativi, all’insegna del Generative Design.

Prospettare soluzioni progettuali «ottimizzate» entrava, infatti, nell’ambito delle scelte o, quanto meno, si attribuiva un giudizio valoriale su ciascuna opzione.

Al contempo, gli applicativi che definivano le dotazioni informative minime attese dai committenti col capitolato informativo e con i requisiti informativi iniziavano a essere intimamente collegati ai software di configurazione dei modelli informativi.

«Imporre» ai progettisti, per ogni fase di avanzamento dei modelli informativi e, soprattutto, degli oggetti e delle relazioni che figuravano in esso, dotazioni informative, anche a prescindere dai contenuti ideativi, era pur sempre un atto di orientamento non così anodino.

Oltre a questi accadimenti, oltre pure alla fase di progettazione, la raccolta e l’elaborazione sistematica dei dati nei data base e nei data lake (si pensi al Field BIM) permetteva di organizzare la conoscenza e di sviluppare soluzioni predittive dell’evoluzione dei lavori in cantiere per mezzo del machine learning.

Più sostanzialmente, le norme della serie UNI EN ISO 19650 riconoscevano esplicitamente una connessione tra Information Management e Project Management, destinata a evolvere celermente in quanto è ormai on real time e on remote: non a caso, le stesse caratteristiche che avranno i prodotti sensorizzati e interconnessi!

Si può, perciò, ancora affermare che i flussi informativi siano «semplicemente» abilitanti i processi decisionali, in maniera neutrale, oppure che, al contrario, i criteri di modellazione e di strutturazione dei dati influiscano e condizionino le scelte attuate nel corso di una commessa?

Si tratta di una risposta decisiva per comprendere la natura della digitalizzazione, che è «strumentale» a una profonda riconfigurazione della identità degli operatori e della natura dei prodotti.

Altrimenti, sarebbe sufficiente immaginare che una migliore gestione delle informazioni possa essere risolutiva per perpetuare gli usi e le prassi consolidate.

D’altronde, se si pone mente, ad esempio, alla verifica del progetto ai fini della validazione, si deve ricordare che le principali evoluzioni del servizio siano storicamente consistite nella attenzione alle interfacce organizzative tra gli organismi di progettazione implicati e nel monitoraggio concomitante alle attività progettuali.

In altre parole, le maggiori criticità sarebbero dovute al disallineamento delle relazioni tra i progettisti e alla conflittualità nelle relazioni tra di esse: due elementi che l’analisi dell’uso degli applicativi e dei modelli informativi rivelerebbe.

Senza contare che l’allora documento preliminare alla progettazione, oggi documento di indirizzo preliminare, fungeva da riferimento principale per la verifica ai fini della validazione, oggi attuabile, in gran parte, computazionalmente quale atto metaprogettuale della committenza.

Ciò, al tempo della istruttoria computazionale definita dal capitolato informativo, non riguarda solo il controllo e la verifica di conformità dei modelli informativi e degli oggetti in essi contenuti, bensì si estende, appunto, alla Intelligence sul modus operandi dei professionisti, reso ormai praticabile dalle data analytics.

Qualora si accetti che il rapporto intercorrente tra l’Information Management e il Project Management debba farsi più serrato, come sarà per la norma UNI 11337-8, si dovrebbe, di conseguenza, riconoscere che muti o che possa mutare il sistema di responsabilità attinente ai soggetti che si occupano di «BIM».

Ruoli e responsabilità degli attori nei processi digitalizzati

Potranno, infatti, essi continuare a figurare come configuratori (ma anche elaboratori) di dati, senza condividere responsabilità particolari cogli attori primari delle diverse fasi della commessa, in attesa che i processi digitali siano da questi ultimi completamente interiorizzati?

Di fatto, attualmente, le organizzazioni committenti, professionali e imprenditoriali, stanno rapidamente rendendosi conto della necessità di reclutare risorse umane che abbiano abilità, conoscenze e competenze sul «BIM», per farle, peraltro, figurare negli organici societari e negli organigrammi contrattuali.

Poiché, però, con questo acronimo si intende uno spettro di tematiche sempre più vasto, senza che il «BIM» possa tradursi in una disciplina autonoma, essendo una logica strumentata che abilita altri processi, occorre domandarsi come gestire l’assimilazione di tale cultura da parte degli operatori tradizionali, analogici, e viceversa, come lasciare in eredità ai soggetti digitalizzati i saperi analogici.

Per certi versi, infatti, i profili professionali affrontati nella norma UNI 11337-7 disciplinano alcuni confini e chiariscono alcuni requisiti essenziali nel breve e nel medio periodo, ma, di per se stessi, sul lungo termine non potranno risolvere intrinsecamente la questione della attribuzione di poteri decisionali e di allocazione di responsabilità; occorrerà, infatti, che vi sia una ulteriore riflessione all’interno del mercato sull’attribuzione di ruoli e di responsabilità, anzitutto, sul piano strettamente giuridico, tanto più che vi è chi evidenzia un mutamento di significato anche della proprietà intellettuale.

Anche la diffusione della qualificazione e della certificazione dei ruoli professionali potrà, per le ragioni illustrate inizialmente, contribuire a far meglio comprendere la natura delle relazioni che intercorrono tra informazione e decisione.

In ogni caso, anche ammettendo che si possa tracciare una netta linea di demarcazione tra coloro che strutturano l’informazione e coloro che, anche sulla scorta di ciò, assumono decisioni, è opportuno ricordare che gli sforzi normativi e para normativi a livello sovranazionale di definire data template e view definition sono funzionali alla machine readability, a far sì che le premesse e i frutti della decisione, tradotti in informazione, supportino processi di semi-automazione (di autonomazione) delle scelte, con immaginabili ricadute occupazionali, sia nella direzione di distruggere sia di creare professionalità e saperi.

Se ci si limita, peraltro, alla fase di progettazione, si può osservare come, a partire dall’adozione di alcuni automatismi nell’originare soluzioni ideative oppure nell’adempiere a passaggi routinari, si cerchi di giungere allo sfruttamento dei dati, strutturati in conoscenza, per generare previsioni.

Dalla impostazione dei dati si giunge, perciò, al loro utilizzo in una prospettiva che è, in ogni fase della commessa, «intenzionale».

I livelli di fabbisogno informativo in corso di attività normativa al CEN dimostrano ulteriormente come il rendere la metrica sullo stato di avanzamento della modellazione informativa «relativa alla finalità» introduca un elemento «decisionale» nel veicolo informativo.

Se, pertanto, l’informazione divenisse decisione e qualora la prima si rendesse disponibile anche in un formato «leggibile dalla macchina», il significato generale della trasformazione digitale acquisirebbe ben altro senso.

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