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L'ottava dimensione del BIM: sicurezza e prevenzione in cantiere

Il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro rimane ancora oggi rilevante nel settore delle costruzioni, con migliaia di infortuni riportati ogni anno in Italia e con un tasso di decessi più elevato rispetto a molti altri settori produttivi. Se ampliamo l’orizzonte oltre la fase realizzativa, al ciclo di vita dell’opera, il quadro si fa ancora più grave. Può il BIM innescare un cambio di approccio con cui viene trattato il tema della sicurezza nel contesto edilizio che possa migliorare la condizione attuale?

8D, la nuova dimensione del BIM

L’ottava dimensione del BIM riguarda la sicurezza e la prevenzione degli infortuni in cantiere. O almeno questo è quando si sente spesso parlando di 8D legato al BIM. Una definizione più completa descriverebbe l’8D nel BIM come la prevenzione dei rischi per la sicurezza delle persone durante tutto il ciclo di vita di un’opera, dalla fase iniziale di ideazione e progettazione, attraverso la costruzione, la fase operativa e la manutenzione dell'edificio. In questi termini, l’8D appare come uno strumento in grado di fornire al settore delle costruzioni migliori risultati nel campo della salute e sicurezza, con risvolti importanti anche al di fuori della sola realizzazione.

 

Potenzialità e vantaggi

Alcune potenzialità e vantaggi già individuati dalla letteratura:

  • migliore capacità di identificare, anticipare e ridurre al minimo i rischi prima che si verifichino emergenze sul campo, e più rapida risoluzione dei problemi, risparmiando tempo e costi;
  • migliore capacità di pianificare le attività, nonché le risorse necessarie per ciascuna attività, diminuendo il numero di errori e dubbi sul progetto;
  • possibilità d'uso di controlli automatizzabili e semplificazione nella gestione di materiali, attrezzature o manodopera;
  • comunicazioni più rapide, migliore comunicazione tra i partecipanti;
  • output informativi facilmente utilizzabili a fini formativi;
  • maggiore automazione nell'identificazione delle misure preventive;
  • migliore capacità di analisi degli infortuni sul lavoro;
  • semplificazione nell’ispezione dei luoghi di lavoro;
  • migliore pianificazione di intervento in stato emergenziale.

Come le altre dimensioni anche l’8D si basa sulla possibilità di intercettare e correggere situazioni problematiche prima che le stesse si verifichino. Questo avviene sfruttando la capacità di analisi e simulazione che i computer e software dedicati ci offrono. In realtà le possibilità sono maggiori.

 

 

Prevention through design (Ptd)

Come è stato per il passaggio dal coordinamento tradizionale alla gestione BIM del progetto, la gestione della sicurezza viene sostanzialmente ribaltata con l’introduzione del BIM. Per capire in che termini questo avviene è necessario partire del concetto di Prevention through design (Ptd). È dimostrato che la possibilità di influenzare la sicurezza in fase di realizzazione è tanto maggiore quanto più si è lontani dalla fase realizzativa. Il progettista può pertanto avere un impatto significativo sulla sicurezza dei lavoratori che si occuperanno di realizzare l’opera attuando scelte progettuali migliori dal punto di vista della sicurezza, che implichino una riduzione dei rischi in cantiere, senza compromettere il risultato formale e funzionale dell'opera stessa.

Il principio è quello di identificare e mitigare, attuando modifiche al progetto, i rischi con cui i lavoratori avranno a che fare in fase di esecuzione, fornendo indicazioni precise all'esecutore in merito ai rischi residui, così che lo stesso possa attuare misure di controllo per ridurre l'effetto degli stessi.

Un approccio di questo tipo prevede la capacità da parte del progettista di valutare le implicazioni in termini di rischio che le scelte progettuali e le tecnologie adottate introducono in fase realizzativa. È facile ritenere che il concetto di Prevention through design, che si affida ai progettisti per condurre una valutazione del rischio approfondita di ogni componente di progettazione dell’opera, non sia facilmente attuabile in condizioni standard. È richiesta infatti l'integrazione della conoscenza del processo costruttivo nella progettazione, in relazione ad una consapevolezza profonda della salute e la sicurezza sul lavoro, discipline tipicamente non centrali nel bagaglio formativo e culturale del progettista.

Nel 2010 ad una conferenza dell’Arcom (Association of researchers in construction management), Imariyas Kamardeen, professore della School of Architecture & Built Environment, Deakin University in Australia, utilizza per la prima volta il termine 8D, declinando una possibile applicazione degli strumenti BIM per la prevenzione degli incidenti sul cantiere attraverso un diverso approccio alla gestione dei rischi, già dalla fase di progettazione. Il concetto alla base dell'8D proposto da Kamardeen è quello del safe design o Prevention through design abilitato dalle possibilità offerte dalle soluzioni digitali (BIM).Ottimizzazione attraverso il Building Information Modelig

Il BIM è un sistema ampiamente utilizzato per sviluppare simulazioni e verifiche in fase di progettazione che orientano il progettista nelle scelte ed ottimizzano il design. Tali simulazioni spaziano dall'ambito energetico alla determinazione dei costi, dall’impatto ambientale alla sequenza realizzativa dell'opera.

L’idea di Kamardeen è quella di poter svolgere analisi di rischio incrociando database di conoscenza specialistica sui temi della sicurezza con modelli informativi in cui gli oggetti sono classificati attraverso una tassonomia di rischio. In tal modo sarebbe possibile svolgere assessment dei modelli BIM via software, non solo per valutare o suggerire adeguamenti al piano della sicurezza, bensì per fornire suggerimenti di modifica del progetto in grado di ridurre a monte i rischi derivanti dalla realizzazione dello stesso.

Qui sinteticamente i passaggi nella Prevention through design in BIM:

  • profilazione dei rischi degli elementi del modello BIM, secondo database che raccolgono le competenze rispetto ai rischi noti per l’esecuzione di determinate lavorazioni;
  • vengono riconosciuti gli elementi ad alto rischio e vengono forniti dal software suggerimenti di “progettazione sicura” per la revisione del progetto;
  • in seguito alla revisione del progetto, viene fornito un set di suggerimenti per il controllo in fase di esecuzione del rischio residuo non gestibile attraverso la revisione del progetto.

Oltre allo scenario introdotto da Kamardeen nel 2010, esistono altre possibili declinazioni nell’uso dei modelli BIM a favore della sicurezza.

Abbiamo la possibilità di sviluppare 8D in fase di progettazione non per prevenire i rischi in fase di realizzazione ma per studiare, prevenire, mitigare i rischi legati allo svolgimento delle funzioni ospitate dall’edificio ed in seguito per monitorare i rischi residui non gestibili in fase di progetto attraverso procedure di controllo attuabili in fase di esercizio.

Possiamo in altri termini immaginare la stessa dimensione anche a servizio del progetto. Abbiamo tutti visibilità di come le altre dimensioni del BIM oggi vengono applicate con successo e con un ritorno di valore importante.

Quotidianamente sperimentiamo infatti l’utilità di coordinare il processo e il progetto attraverso modelli informativi multidisciplinari, i cui dati una volta verificati ci permettono di gestire la dimensione economica e testare la realizzabilità dell’opera una volta giunti in cantiere. E ancora sfruttiamo modelli di calcolo matematici per dimensionare correttamente i nostri edifici da un punto di vista energetico, li coordiniamo spazialmente in tutte le loro parti e simuliamo la sequenza delle attività previste dal programma lavori per limitare al minimo le difficoltà di esecuzione derivanti da imprevisti dovuti ad un coordinamento labile o inesistente.

 

Gestione dei rischi per la sicurezza in fase di progetto e in fase di esercizio con il BIM 8D

Si ha però anche una possibilità, ad oggi poco sfruttata, di utilizzare i modelli BIM per simulare le attività che si svolgeranno all’interno dell’edificio, studiare ed intervenire sui potenziali rischi derivanti quindi non dalla fase di realizzazione, ma dall’esercizio della funzione ospitata, per supportare il progettista nell’organizzazione degli spazi con azioni di mitigazione del rischio in fase di progetto. Tale approccio sposta il punto di vista rispetto al tema della sicurezza, che entra a far parte dello sviluppo del progetto e non viene più demandata esclusivamente ad una fase successiva: il progetto “architettonico” tiene conto, modificando il suo impianto spaziale e organizzativo, della sicurezza come di tanti altri fattori; la sicurezza diventa perciò un requisito progettuale.

Se consideriamo che per parlare di sviluppo sostenibile dobbiamo dirigere le nostre azioni in modo tale da impattare positivamente non solo su aspetti ambientali, bensì anche sociali quali la salute il benessere e la sicurezza dell’uomo, e se consideriamo che il capitale umano ha per un’azienda e per la società un elevato valore, un modo di progettare che fa della sicurezza un elemento distintivo del progetto, è sicuramente una progettazione maggiormente sostenibile.

Volendo spingersi oltre, il modello BIM potrebbe essere un ottimo alleato nella gestione dei rischi per la sicurezza supportando la “progettazione della funzione” oltre che del contenitore della stessa, diventando uno strumento non solo per l’architetto.

In molti contesti, immaginiamo ad esempio quelli industriali, l’organizzazione spaziale del lavoro può condizionare positivamente o negativamente il livello di sicurezza. Ad esempio, un certo tipo di organizzazione delle unità di lavorazione del prodotto possono favorire o sfavorire comportamenti a rischio. Con l’ausilio di modelli informativi è possibile simulare molteplici scenari e studiarli per tenere poi conto delle configurazioni più sicure nell’organizzazione spazio-funzionale della “linea di produzione”.

Ovviamente, come in ogni piano d’azione legato alla sicurezza, ci sono fonti e situazioni a medio ed alto rischio che non possono essere previste o risolte in fase di progetto. In tali casi si procede con un'azione di monitoraggio sulle condizioni di esercizio per intervenire attivamente disincentivando comportamenti a rischio prima che gli stessi generino incidenti.

Possiamo ad esempio immaginare di sfruttare lo studio del comportamento delle persone all’interno dello spazio, dotando la comunità che vive la fabbrica, di dispositivi individuali che tracciano e riportano nei modelli BIM gli spostamenti attraverso dati destrutturati. Dati da cui non sia possibile risalire al comportamento di uno specifico individuo, per ricostruire le abitudini collettive di percorrenza degli spazi di lavoro e intercettare se esistono potenziali situazioni di rischio (digital twin). Dove presenti, si potrebbe decidere di intervenire per correggerle, inducendo nuove percorrenze. In altri termini, si avrebbe la possibilità di manipolare consapevolmente gli spazi per sviluppare dinamicamente luoghi di lavoro sicuri.

Sempre rimanendo sulla fase di esercizio, si può inscrivere nell’ottava dimensione la possibilità, per il responsabile della sicurezza o per l’ufficio preposto a tale funzione, di sfruttare la disponibilità di un digital twin per avere la visione completa e profonda in situazioni di emergenza. E di giovarsi di dati e informazioni accessibili per intervenire in modo tempestivo ed organizzato con le adeguate misure, di dimensionare la squadra e valutare il piano d’intervento adeguatamente basandosi su dati attendibili, completi e aggiornati.

Il digital twin è di fatto una piattaforma che rende disponibili, immediatamente accessibili alla lettura nella forma scelta preventivamente dall’operatore, le informazioni utili ad un determinato fine specifico.

Incrociando dati del modello BIM (di progetto e del costruito) quali l’organizzazione degli spazi, le caratteristiche degli stessi, i requisiti prestazionali su cui è stato dimensionato un impianto, il numero massimo di occupanti previsto per un ambiente, la dislocazione spaziale delle attrezzature e dei dispositivi. Anche di protezione, con i dati derivanti da dispositivi di misura installati sul campo (dispositivi IOT) che raccontano in tempo reale quanto accade nel mondo fisico, mostrando ad esempio i livelli di sostanze volatili disperse negli ambienti, il numero di occupanti effettivo di un locale, il funzionamento di attrezzature e impianti… Algoritmi di analisi di tali dati, programmati ad hoc, fanno emergere potenziali rischi dovuti a situazioni che tendono a deviare da quanto previsto essere il comportamento sicuro. Permettono, inoltre, al responsabile di intervenire fornendogli un quadro reale, aggiornato e dettagliato del contesto d’intervento. Inoltre, in caso di emergenza la stessa completezza di informazioni permette di agire tempestivamente valutando il miglior piano d’azione. Nello sviluppo del quale il ragionamento è supportato anche attivamente, in un orizzonte futuro, da alert interattivi forniti dalla piattaforma.

Questo modo di procedere è in grado già oggi di abilitare una reattività impensabile con sistemi di gestione dell’intervento più tradizionali. In un futuro non troppo lontano potrebbe aprire a scenari di gestione della sicurezza evoluti, in cui, ad esempio, sarà possibile (attraverso il tracciamento automatico delle persone presenti in un edificio) portare a termine un’evacuazione d’emergenza grazie al pieno controllo della situazione garantito dalla disponibilità completa di informazioni vitali.

 

La gestione informativa digitale però non è richiamata nella normativa sulla sicurezza!

La normativa in Italia non prescrive per la sicurezza, a differenza di altri contesti, la gestione informativa digitale (BIM). Sarebbe auspicabile che in futuro questa dimensione e gli usi dei modelli da essa previsti venissero non solo presi in considerazione, bensì incentivati, così da riuscire a rendere infine più sostenibile anche questo aspetto, talvolta drammatico, del nostro settore.

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