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La CILA non è una SCIA

Il processo di liberalizzazione dei procedimenti in edilizia ha posto fin qui forse più problemi di quanti non ne abbia risolti; certamente ha indotto l’interprete a ri-costruire (o forse meglio “a costruire ex novo”) un assetto logico-giuridico che ancora non ha trovato unanime configurazione.
Il che è fonte di incertezze operative che si riflettono inevitabilmente sulla certezza della legittimità degli esiti di questi procedimenti; tema che abbiamo già più volte affrontato e che torna di attualità nella disamina della recentissima sentenza del Consiglio di Stato qui in commento.
Ermete Dalprato

Potrebbe essere scontato rilevare che la CILA non è una SCIA ma la recente sentenza del Consiglio di Stato n 4110 del 24 aprile 2023, impone una riflessione sulla natura della CILA edilizia e sui conseguenti controlli e provvedimenti che la Pubblica Amministrazione può assumere in ordine a questa.

Partiamo dalla costatazione che la normativa edilizia è stata nel corso del tempo rivisitata attraverso l’inserimento di strumenti di semplificazione (es. silenzio assenso, conferenza di servizi decisoria) e di liberalizzazione ( SCIA, SCEA, CILA).

Questi ultimi si fondano sul presupposto che il privato è legittimato ad iniziare l’attività sulla base dello schema “norma-fatto-effetto”, poiché tanto la segnalazione certificata quanto la comunicazione asseverata costituiscono per legge fatti idonei a esercitare un’attività privata su cui insistono interessi generali (in questo senso CdS parere n. 1784/2016 sullo schema di Dlgs 222/2016).

Tuttavia questo schema può avere delle alterazioni:

  • di carattere formale, ovvero non vengono rispettate le procedure normativamente previste – es si inizia un’attività, rientrante tra quelle realizzabili con CILA, senza preventiva comunicazione;
  • di carattere sostanziale, ovvero si inizia un’attività realizzabile in forza di un preventivo permesso di costruire unicamente depositando una CILA.

Si tratta di due ipotesi nettamente distinte in quanto, nel primo caso, è lo stesso legislatore a prevedere che la mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporti l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro, somma ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione.

Quanto invece alla seconda ipotesi, saremmo portati a supplire la carenza di una chiara normativa che disciplini il caso di CILA contra legem riferendoci a quanto statuito dalla giurisprudenza amministrativa.

In prima battuta il Consiglio di Stato nel parere (n 1784/2016) reso sullo schema di Dlgs 222/2016 (che ha introdotto al DPR 380/01 l’art 6 bis inerente le opere soggette a CILA), aveva posto in evidenza la netta differenziazione tra i due istituti di liberalizzazione, CILA e SCIA, in ordine alla disciplina sanzionatoria prevista che vede il confronto tra un potere meramente sanzionatorio (in caso di CILA art 6 bis co 7 DPR 380/01) con un potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di ‘autotutela’ (con la SCIA art 19 co 3 e 4 L 241/90).

Sempre nell’ambito del parere citato, solo incidentalmente (come se fosse scontato), veniva specificato che in ipotesi di comunicazione utilizzata al di fuori della fattispecie legale, ossia per eseguire opere che richiedano il permesso di costruire (o la stessa SCIA) o, comunque, in violazione della normativa in materia, l’amministrazione dovesse disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dalla stessa disposizione, laddove fa salve “le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia” ( art 6 bis co 1 DPR 380/01; in questo senso TAR Campania, Napoli, sez. VII, nella sent. 25 febbraio 2021, n. 1273).

Di qui la genesi di un orientamento costante della giurisprudenza amministrativa che ritiene che:

  • la CILA non sia sottoposta a controllo sistematico da espletare sulla base di procedimenti formali e tempistiche perentorie (TAR Lombardia, Brescia, sez. II, nella sent. 3 agosto 2021, n. 721);
  • eventuali comunicazioni d’ufficio in ordine all’ammissibilità degli interventi comunicati non assumono valore provvedimentale non corrispondendo ad un potere legislativamente tipizzato (ex multis TAR Campania, Salerno, sez II n 2033/2020);
  • a prescindere dal decorso del tempo e dalle condizioni previste dall’art 21 nonies L 241/90, a differenza di quanto statuito per la SCIA dall’art 19 co 4 L 240/90, la CILA non consolidi i suoi effetti;

In sunto, l’indebito utilizzo dello strumento in trattazione deve essere ricondotto alle ipotesi di attività edilizia radicalmente senza titolo, senza passare per il tramite della declaratoria di inefficacia della comunicazione, legittimando l’immediata applicazione delle corrispondenti sanzioni.

Tuttavia con la sentenza citata in incipit il Consiglio di Stato fa un destabilizzante passo indietro sul presupposto che il quadro giuridico così come ricostruito, sia sostanzialmente “ingiusto”, in quanto la mancata previsione di controlli sistematici sulle CILA si traduce in un sostanziale pregiudizio per il privato che può non vedere mai stabilizzata la legittimità del proprio progetto.

Si conclude pertanto che l’appartenenza al genus degli strumenti di liberalizzazione impone anche in caso di CILA che trovino applicazione “i limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, commi 3, 4, 6 bis e 6 ter della l. n. 241 del 1990, in combinato disposto con il richiamo alle «condizioni» di cui all’art. 21 novies della medesima normativa”.

Va da sé che questo comprometterebbe la solidità dei punti sopra evidenziati ed, a prescindere dal caso concreto posto in analisi (in primo grado la CILA era stata semplicemente ritenuta legittima in quanto corrispondente allo schema normativo), una simile statuizione non tiene conto della portata degli effetti legati al consolidarsi di una CILA depositata per opere assentibili con permesso di costruire o con Scia.

La coerenza del sistema normativo infatti permane unicamente qualora si continui a far applicazione dei principi ormai consolidati, ritenendo la CILA un mero atto privato, corrispondente ad un schema legislativamente tipizzato, rispetto a cui, in assenza di esplicite previsioni normative, non sussistono termini perentori e formalità di inibizione degli effetti, in linea con l’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa.

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