La climatizzazione degli edifici storici: l’importanza dell’integrazione
Una progettazione flessibile che si adatti alle esigenze dell’edificio è la chiave per garantire il benessere termico ed al tempo stesso preservare il decoro architettonico di un fabbricato storico. Dall’evoluzione delle soluzioni adottate nella storia ad un approccio attuale di climatizzazione centralizzata, se ne discute nel seguente articolo.
Impianti di climatizzazione negli edifici storici: problematiche e accorgimenti
L’implementazione di impianti di climatizzazione moderni in edifici storici porta con sé diverse problematiche: non solo i sistemi di climatizzazione possono essere visibilmente invasivi, con tubazioni, cablaggi e condotti, ma ne risentono le condizioni igrotermiche dell’edificio, con conseguenti danni architettonici che ne minano l’integrità storica e culturale.
Si crea dunque una dicotomia tra il benessere termico ed i danni dovuti all’implementazione di impianti moderni, danni che possono essere ingenti quando gli edifici ospitano mostre o installazioni di pregio storico ed artistico come nel caso di musei e luoghi di culto. È fondamentale garantire non solo condizioni igrotermiche, di illuminamento e di qualità dell’aria adeguate al fine di salvaguardare il comfort termico degli occupanti, ma anche per preservare la dote storica della struttura.
In seguito a norme stringenti introdotte negli ultimi anni, molti edifici storici sono stati obbligati a garantire condizioni climatiche interne che difficilmente potrebbero sostenere senza conseguenti danni alla conservazione della loro integrità storica. Si ha come conseguenza un sovradimensionamento del sistema di climatizzazione, che risulta inefficiente ed inutilmente costoso. Non solo questo approccio inefficiente non è etico da un punto di vista energetico, ma non lo è nemmeno dal punto di vista economico, portando all’abbandono edifici che, per mantenere condizioni climatiche stringenti come quelle richieste nelle normative, necessiterebbero di una spesa eccessiva, non sostenibile in un periodo come quello odierno in cui le disponibilità finanziarie sono risicate.
Le normative tecniche a cui si fa riferimento in ambito di climatizzazione degli edifici storici sono la UNI 10829:1999 ‘Beni di interesse storico ed artistico – Condizioni ambientali di conservazione – Misurazione ed analisi’, la UNI 10969:2002 ‘Beni culturali – Principi generali per la scelta e il controllo del microclima per la conservazione dei beni culturali in ambienti interni’ e il D.M. 238 del 2001.
Ricapitolando, il tema del presente articolo verterà sul concetto di climatizzazione, chiave per la conservazione dei materiali igroscopici e del patrimonio storico degli edifici. In rispetto ai temi attuali dell’efficientamento energetico degli edifici, della sostenibilità e dell’eredità culturale, la discussione e lo studio della climatizzazione in condizioni specifiche è oggi all’ordine del giorno.
La climatizzazione degli edifici nella storia
I primi esempi di impianti di climatizzazione centralizzati risalgono alla prima metà del XIX secolo. Funzionavano ad acqua, vapore o aria e la loro installazione interessò edifici ad uso pubblico come ospedali, teatri e musei.
L’installazione di questi sistemi era pensata per garantire un ambiente più confortevole ed igienico per gli occupanti, ma non si tenevano in considerazione altri aspetti, per cui fin dai primi anni di funzionamento si notò l’insorgenza di danni a materiali igroscopici e beni esposti.
Un esempio pionieristico di climatizzazione centralizzata di un edificio fu il Dulwich Picture Gallery a Londra, progettato da Sir John Soane nel 1817, che propose un sistema misto in un edificio adibito a museo. Le stanze private erano riscaldate da camini, come tradizionalmente in uso, mentre un sistema di climatizzazione centrale a vapore serviva gli uffici e le sale del museo. Le tubazioni furono installate al di sotto della pavimentazione e il vapore riscaldava l’ambiente per mezzo di un sistema di griglie, causando insorgenza di marcescenza fin dal primo periodo di funzionamento.
Un’evoluzione tecnologica si ebbe al Natural History Museum di Londra, dove l’impianto di climatizzazione progettato da Alfred Waterhouse nel 1880 prevedeva un boiler a vapore di grosse dimensioni che forniva calore ad un fluido termovettore trasportato in un sistema misto di radiatori installati in prossimità delle finestre e tubazioni a pavimento.
L’aria viziata era estratta attraverso un’apposita torre di ventilazione che presentava alla base un focolare per garantire un moto convettivo dell’aria verso la cima della struttura.
Un’ alternativa ai sistemi di climatizzazione ad aria prevedeva l’installazione di uno scambiatore di calore a vapore acqueo posizionato al centro del locale ed occultato da panchine o sedili. Questa soluzione fu adottata al museo Kunsthistoriches di Vienna alla fine del diciannovesimo secolo.
Piuttosto che la temperatura, si iniziò a riconoscere la secchezza dell’aria come principale causa di decadimento delle opere d’arte e disfacimento strutturale dell’edificio e, nel tentativo di mantenere alto il livello di umidità relativa dell’aria, inizialmente si optò per l’utilizzo di pentole contenenti acqua posizionate in prossimità dei radiatori.
Tuttavia, l’utilizzo di pentole evaporanti si dimostrò una soluzione non pratica e si passò presto alla nebulizzazione dell’acqua. Questo sistema consentiva inoltre di garantire diversi livelli di umidità in diversi locali dell’edificio, risultando in una climatizzazione più dinamica.
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Il pdf continua parlando della progettazione attraverso diverse fasi, quella preliminare, lo studio della storia costruttiva dell’edificio, l'analisi del clima interno, la valutazione del rischio del bene storico e gli impianti ad espansione diretta.
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