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La progettazione geotecnica degli ancoraggi nei terreni e nelle rocce

La corretta progettazione geotecnica della fondazione dei tiranti di ancoraggio nei terreni e nelle rocce esige una dettagliata e realistica conoscenza di modelli di comportamento meccanico del complesso terreno-ancoraggio: l'articolo introduce l'argomento dal punto di vista sperimentale e teorico e ne traccia i principali criteri progettuali nel dimensionamento in campo elastico.

Focus sul reale comportamento dell'ancoraggio

Sulla progettazione geotecnica della fondazione dei tiranti di ancoraggio nei terreni e nelle rocce, lo scrivente ha già pubblicato nel corso del 2016 un articolo, d’introduzione generale al tema, sulla Rivista Gallerie e grandi opere sotterranee (n° 120, Dicembre 2016) (Froldi, 2016).

In esso s’introduceva il tema con l’illustrazione del comportamento tenso-deformativo dell’interfaccia terreno – fondazione in rapporto alla cosiddetta “rottura progressiva” che può avvenire in diverse e successive fasi fino a provocare il completo sfilamento dell’ancoraggio (SLU GEO), come illustrato schematicamente nel paragrafo successivo.

Scopri tutto sul tema del consolidamento dei terreni, il processo utilizzato per migliorare la stabilità e la resistenza di un terreno instabile o debole.

In particolare s’illustrava come, nella maggior parte dei casi pratici, la distribuzione delle tensioni tangenziali d’interfaccia fosse tutt’altro che uniforme, anche nel caso di valori piuttosto bassi del parametro A, definito dal rapporto tra i moduli elastici della roccia o terreno di fondazione e della malta di ancoraggio (Hawkes & Evans, 1951; Philips, 1970; Coates & Yu, 1970).

Che cosa è la Geotecnica

La Geotecnica è la disciplina che tratta il comportamento delle terre e rocce nella loro sede naturale (terreni) e pertanto si occupa dei problemi connessi alla progettazione, alla costruzione e al comportamento di tutti i vari tipi di opere in terra, come fondazioni, dighe, rilevati, argini, gallerie ecc.

Dalla letteratura internazionale, il limite convenzionale al di sotto del quale si presume una distribuzione di tensioni tangenziali uniforme, risulta pari a 0.1; ciononostante si citava che sperimentazioni reali avessero mostrato un netto comportamento disuniforme anche per valori di A prossimi a 0.002, che nella fattispecie introdurrebbe la necessità di modellare in dettaglio il comportamento dell’ancoraggio, con leggi non costanti, nella maggior parte dei casi pratici di ancoraggi nei terreni.

Più recentemente (Yan et Alii, 2021), oltre a quanto già presente nella letteratura specialistica su base sperimentale in parte già illustrato in Froldi (2016), nella validazione (sperimentale) di un metodo analitico di calcolo della “lunghezza critica di ancoraggio” per tiranti anti-galleggiamento, si riporta il caso di osservate distribuzioni decisamente non uniformi per ancoraggi nei terreni delle seguenti caratteristiche:

  • Lunghezza = 3 m
  • Diametro della barra in acciaio o in GFRP (Glass Fiber Reinforced Polymer) = 28 mm
  • Modulo elastico della barra in acciaio o in GFRP (Glass Fiber Reinforced Polymer) = 200 o 51 GPa Modulo elastico del terreno di fondazione = 30 MPa
  • Coefficiente di Poisson del terreno di fondazione = 0,33.

 

La progettazione geotecnica degli ancoraggi nei terreni e nelle rocce

Fig. 1 – Distribuzione delle tensioni all’interfaccia d’ancoraggio (da Yan et Alii, 2021); a sx per barra in acciaio, a dx per barra in GFRP

 

Si osservi che, considerando un modulo elastico della fondazione (boiacca di ancoraggio) pari a circa 30 GPa, il rapporto A è pari a circa 0.001, che ne implicherebbe, per quanto assunto precedentemente dalla letteratura internazionale, una distribuzione delle tensioni di taglio all’interfaccia uniforme e costante, nella realtà non ravvisabile nella realtà sperimentale misurata.

Per quanto osservato, nonostante le normative internazionali di maggior rilievo ([3],[4],[5] per esempio) accettino il dimensionamento della lunghezza di fondazione in base ai valori delle tensioni di aderenza tabellati in funzione di diversi parametri geotecnici e realizzativi (per es. la tipologia d’iniezione), mentre altre ne prescrivono la verifica in fase di realizzazione attraverso i risultati di prove su ancoraggi a vera grandezza portati alla rottura ([6], per esempio), una corretta modellazione teorica del funzionamento dell’ancoraggio è alla base di una corretta progettazione dell’opera nel suo complesso.

L’assenza di un’accurata (o per lo meno più realistica) modellazione della distribuzione delle tensioni all’interfaccia, tale da evidenziare e compiutamente considerare la loro reale non uniformità lungo il fusto dell’ancoraggio, è in genere supplita (nel caso dell’applicazione dei valori di adesione tabellati), dai parametri empirici α e K rispettivamente per terreni coesivi e granulari, o ancora feff, i quali assumono un vero e proprio ruolo di fattori correttivi ex-post dell’applicazione delle leggi di resistenza di Coulomb all’interfaccia stessa.

A scopo esemplificativo a supporto di tale affermazione si rammenta, come illustrato in Froldi (2016), quanto segue, estratto da Froldi, 2016.

Il parametro feff (con L espresso in m) si applica alla formula generalizzata di determinazione della capacità ultima dell’ancoraggio (Tult, resistenza esterna del tirante [1])), riducendo l’effetto della lunghezza d’ancoraggio a un fattore meno che proporzionale, nel seguente modo (con riferimento alla classica forma di dimensionamento in uso):

Tult = π d L feff tult

dove:

  • d = diametro del foro
  • L = lunghezza fissa o vincolata (lunghezza fondazione dell’ancoraggio)
  • tult = resistenza ultima uniforme di interfaccia di una lunghezza fissa “corta”, denominata “lunghezza di riferimento”.

In particolare, sempre da [1]:

È generalmente accettata la seguente formula di dimensionamento empirico della resistenza a sfilamento:

Tult = π d L α cu

dove, oltre ai termini già definiti:

  • α = tav/cu = fattore di adesione
  • tav = tensione media resistente all’interfaccia secondo un modello uniformemente distribuito cu = coesione in condizioni non drenate.

Poiché il fattore di adesione è un numero “rottura” progressiva (“progressive debonding”) all’aumentare del valore della trazione sollecitante l’ancoraggio.

Pertanto si ritiene che, laddove la presenza di ancoraggi sia sostanziale nella riuscita dell’intervento sia a livello di sicurezza sia di rapporti costi/benefici, si debba procedere a una progettazione di dettaglio in grado di simulare convenientemente (o per lo meno più realisticamente) il comportamento differenziato e progressivo (qualora ci si inoltri nel campo delle plasticizzazioni) dell’ancoraggio al crescere delle azioni di trazione.

La modellazione di dettaglio del comportamento dell’ancoraggio “isolato” (non in effetto gruppo) permette infatti di ottimizzare almeno le seguenti previsioni:

  • a) Resistenza ultima allo sfilamento
  • b) Grado di sfruttamento delle tensioni resistenti all’interfaccia
  • c) Fattore di Sicurezza allo sfilamento
  • d) Spostamenti attesi al carico assiale.

Modello concettuale del trasferimento di carico nell’interfaccia

Per illustrare il modello concettuale di trasferimento del carico e progressione della rottura all’interfaccia, a scopo esemplificativo nella successiva Figura 2 si illustrano le tre fasi tipiche di progressione nella distribuzione delle tensioni in una interfaccia a comportamento elastico perfettamente plastico:

  1. Fase completamente elastica: è quando la massima tensione tangenziale al contorno dell’ancoraggio resta al di sotto del valore di resistenza ultima (o di picco) dell’interfaccia: le tensioni resistenti (curva verde) sono dovute esclusivamente al tratto elastico;
  2. Fase mista elastica e plastica: è quando la massima tensione tangenziale al contorno dell’ancoraggio ha raggiunto il valore di resistenza ultima (o di picco) dell’interfaccia plasticizzandola parzialmente fino al punto di equilibrio tra le forze esterne agenti (domanda) e resistente (capacità): le tensioni resistenti (curva marrone) sono dovute alla sommatoria dei tratti elastico e plastico;
  3. Fase completamente plastica: è quando la massima tensione tangenziale al contorno dell’ancoraggio è stata raggiunta in tutta la superficie dell’interfaccia: le tensioni resistenti (curva rossa) sono dovute completamente al tratto plastico.

 

Distribuzione delle tensioni all’interfaccia d’ancoraggio nelle tre fasi progressive ideali

Fig. 2 – Distribuzione delle tensioni all’interfaccia d’ancoraggio nelle tre fasi progressive ideali

 

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