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Le moderne tecniche di telerilevamento nel monitoraggio geotecnico: la Frana di Poggio Baldi (Santa Sofia, FC)

Le moderne tecniche di telerilevamento nel monitoraggio geotecnico: la Frana di Poggio Baldi

Introduzione
Il presente lavoro tratta la caratterizzazione di un grande fenomeno franoso che ha interessato l'abitato di Poggio Baldi (in sinistra idrografica del fiume Bidente, nel comune di Santa Sofia, provincia di Forlì-Cesena), il 18 marzo 2010. Si presentano di concerto le attività di ricerca e sviluppo svolte sul sito a partire dal 2015.
La frana del marzo 2010 ha causato numerosi danni alle abitazioni private circostanti e alle infrastrutture, provocando inoltre lo sbarramento naturale del Fiume Bidente.
Considerato come la riattivazione di un più antico movimento franoso, avvenuto nel marzo 1914, l’evento del 2010 è stato innescato dall’incremento della pressione dell’acqua nel terreno, probabilmente correlata ad un rapido scioglimento della copertura nevosa accumulatasi nel periodo invernale.
Dal 2010, subito dopo l’evento, rilievi geologici, geomorfologici e geomeccanici di sito, sono stati effettuati al fine di approfondire la conoscenza della complessa cinematica della frana. Sono state inoltre condotte diverse attività di monitoraggio, impiegando sia tecniche di campo (inclinometri, estensimetri, piezometri), sia da remoto (laser, radar, fotogrammetria e GPS).
Grazie al contributo congiunto di NHAZCA S.r.l., spin-off Sapienza- ’Università di Roma, il Dipartimento di Scienze della Terra Sapienza - Università di Roma, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, il comune di Santa Sofia e Romagna Acque – Società delle Fonti S.p.A., è stato possibile instaurare un vero e proprio Sito Sperimentale di Monitoraggio Frana nell’area di Poggio Baldi.
Qui, attività di monitoraggio ed avanzate tecniche di telerilevamento si fondono in un vero e proprio laboratorio di campo.
Dal 2015, molti ricercatori e aziende leader nella produzione di strumentazione di monitoraggio geotecnico e geomatico, incontrano annualmente la comunità tecnica e scientifica per dimostrazioni dal vivo, sul campo, delle proprie tecnologie.

Inquadramento geologico
L’area di studio ricade nell’Appennino Forlivese, nel settore Tosco-Romagnolo, nella porzione centrale dell’Appennino Settentrionale. La valle superiore del Fiume Bidente è impostata nella Formazione Marnoso-Arenacea [Miocene], costituita da depositi torbiditici pelitico-arenacei, siltiti e arenarie (Ricci Lucchi, 1975, 1981, Martelli et al, 2002, Conti et al., 2009).
Il versante coinvolto nella frana di Poggio Baldi è parte del tetto di tale sistema di sovrascorrimenti (San Benedetto in Alpe). Un debole piegamento della stratificazione è presente nella parte inferiore del versante: la tendenza degli strati ad immergere di circa 45° nella porzione più a monte, tende progressivamente a decrescere fino a raggiungere angoli di immersione di circa 15-20°. Il complesso strutturale è completato da una serie di faglie normali ad alto angolo orientate quasi perpendicolarmente al sovrascorrimento principale (Ricci Lucchi, 1981, Feroni et al., 2001).
La geomorfologia di questo settore è fortemente controllata dall’assetto strutturale e dalla recente attività tettonica. I processi di instabilità gravitativa, caratterizzati da diverse tipologie di frana, sono uno dei principali fattori morfogenetici dell’area (Fig. 1).



Fig. 1 Carta geologica dell’area circostante il Sito Sperimentale di Monitoraggio Frana presso Poggio Baldi. In rosso, è evidenziata la Frana di Poggio Baldi, situata in prossimità dell’abitato di Corniolo (Martelli et al., 2002).

19 Marzo 2010: la Frana di Poggio Baldi
La frana di Poggio Baldi è uno dei più grandi fenomeni franosi in roccia e detrito dell'Appennino Emiliano - Romagnolo. Con un volume stimabile in 4 milioni di metri cubi, può essere considerata una frana tutt'oggi attiva, caratterizzata da una frequenza di accadimento di circa 100 anni. La prima attivazione documentata risale al 25 Marzo 1914. In quell’occasione, l’area di distacco fu sovraimposta su un versante del Monte Val dell’Abeto.
Al 19 Marzo 2010 è datata l'ultima grande riattivazione. Un ampio movimento di versante è andato ad ostruire il fiume Bidente, con la conseguente formazione di un lago. La stima del materiale mobilizzato si aggira intorno ai 4 milioni di m3. La frana ha causato inoltre l’interruzione di una strada di pertinenza regionale ed importanti lesioni ad abitazioni private. Dall’analisi delle immagini e dei video che hanno riportato l’avanzamento della frana durante la sua attività e sviluppo, usufruendo inoltre dei dati gentilmente concessi dalle autorità locali (servizio tecnico regionale), è stato possibile ricostruire l’evoluzione dell'evento franoso.
Dopo circa due giorni di “segnali di allarme” (come, ad esempio, aperture di fratture nel terreno), la frana si è innescata in maniera dilazionata, sviluppandosi in circa 3 ore, coinvolgendo un’area estesa circa 160.000 m2, con un’ampiezza media di circa 200 m e una lunghezza massima di circa 850 m. Secondo la classificazione di Varnes (1978) e in base alle evidenze morfologiche, la frana può essere classificata come un movimento complesso inizialmente impostato come uno scorrimento rotazionale e poi evoluto in un earthflow. In relazione ai fattori scatenanti, un ruolo importante è stato giocato dall’incremento delle pressioni interstiziali legato allo scioglimento delle nevi, come conseguenza dell’improvviso aumento delle temperature avvenuto dopo un intenso periodo di intense piogge e nevicate.
Basandosi sui log stratigrafici, derivati dai carotaggi effettuati subito dopo l’evento, la superficie di rottura della frana del 2010 ha raggiunto una profondità che varia tra i 29 m (nella parte superiore) e i 42 m (parte inferiore).
La scarpata principale si presenta sub-verticale è con un’altezza di circa 100 metri ed un larghezza di 250 metri ed è caratterizzata dalla presenza di frequenti processi di rock-fall. Quest'ultima, assieme all’estesa e spessa copertura detritica presente alla sua base, rappresenta uno degli elementi morfologici principali che caratterizzano l’area della frana di Poggio Baldi. Altri fattori principali riconoscibili sono la zone di deplezione e quella di accumulo dell’evento del 2010 (rispettivamente zona D e A in Fig. 2).



Fig. 2 In rosso, l’area coinvolta nella Frana di Poggio Baldi, il 19 Marzo 2010, vicino al paese di Corniolo.

È importante sottolineare il fatto che ogni importante riattivazione della frana principale si traduce in un espandimento della scarpata a monte, la quale mostra chiare evidenze di instabilità (come la presenza di fratture e/o trincee aperte approssimativamente in modo parallelo alla scarpata stessa).
Durante gli ultimi cinque anni, la scarpata è stata interessata da un’alta frequenza di crolli e ribaltamenti, mentre non sono state osservate evidenze di movimento nel detrito di frana presente alla base della ripida scarpata. Tuttavia, il sistema globale della frana deve essere considerato come attivo.
Il Sito Sperimentale di Monitoraggio Frana di Poggio Baldi
La frana di Poggio Baldi è monitorata sin dal 2010. In particolare, strumenti di monitoraggio geotecnico classici, quali inclinometri, piezometri ed estensimetri, sono stati permanentemente installati nell’area, costantemente supervisionati dal Servizio Area Romagna (ex Servizio Tecnico di Bacino) di Forlì-Cesena. Alcuni dei sopra menzionati strumenti sono controllati in da remoto in maniera semi-automatica, mentre altri a cadenza periodica con letture manuali.
Nell'immediato post frana, inoltre, il Servizio Geologico della Regione Emilia-Romagna ha effettuato un rilievo LiDAR aereo e alcune campagne di monitoraggio DGPS.

La combinazione di tali attività e tecniche risulta particolarmente utile al fine di approfondire la conoscenza del sistema versante e prevederne la futura evoluzione.

Negli ultimi 2 anni nell’area di Poggio Baldi è stato effettuato un gran numero di rilievi ed indagini mediante moderne tecniche di telerilevamento, in modo tale da acquisire quante più informazioni possibili riguardo il Sito Sperimentale.

Nello specifico le attività svolte sono state le seguenti:

- Rilievi con Laser Scanner Terrestre (TLS) multi-temporale e multi-stazione (2015 – 2016);
- Rilievi con Global Positioning System (GPS) (2015 – 2016);
- Rilievo fotogrammetrico su piattaforma SAPR (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto) (2016);
- Rilievi da stazione permanente con la tecnica di Digital Image Correlation (DIC) (2015-2016);
- Rilievi con Interferometria SAR Terrestre (TInSAR) (2015-2016).

In Fig. 3 si evidenzia il panorama complessivo delle stazioni di monitoraggio da remoto e la distribuzione degli strumenti di contatto.

Fig. 3 Panorama planimetrico della Frana di Poggio Baldi con la distribuzione della strumentazione installata.

La facile accessibilità che garantisce il Sito Sperimentale, rende tale area particolarmente propensa all’installazione e l'utilizzo di diverse tipologie di strumenti di monitoraggio, anche e soprattutto al fine di valutare il rischio residuo.
Lo sviluppo di un Sito Sperimentale di Monitoraggio Frana è stato possibile grazie agli interventi di stabilizzazione portati a termine in un periodo di 5 anni dal Servizio Tecnico di Bacino di Forlì-Cesena e la Regione Emilia-Romagna, con il supporto della società Romagna Acque – Società delle Fonti S.p.A. Grazie a tali attività, l’area principale della frana è stata messa in sicurezza, rendendola accessibile, così da permettere attività sperimentali direttamente in loco. A partire dal 2015, con cadenza annuale, si organizzano escursioni tecniche/dimostrative offrendo così a professionisti, ricercatori, studenti e autorità locali la possibilità di imparare ed approfondire direttamente sul campo le conoscenze relative alle pratiche e alle tecnologie impiegate nel monitoraggio di frana.
Nello specifico, tra le opere di stabilizzazione effettuate nell’area di Poggio Baldi, rientrano alcuni terrapieni realizzati ai fini di controllo di eventi da rock-fall provenienti dalla sovrastante scarpata principale, essendo quest'ultima ancora particolarmente attiva.
A tal proposito l'applicazione dei sistemi di monitoraggio da remoto risulta oltremodo utile ed efficace.

Attività di monitoraggio: risultati preliminari
Rilievo Laser Scanner Terrestre (TLS)

Il Laser Scanner Terrestre (TLS) è un innovativo sistema di rilievo topografico che consente di acquisire le coordinate geografiche (x, y e z) di una nuvola di punti dello scenario oggetto di indagine attraverso la misura del “time of fligh” (TOF), ovvero il tempo necessario perché un impulso laser venga emesso, riflesso da un oggetto e ricevuto di ritorno dal sensore. Grazie a uno specchio prismatico, ad ogni impulso corrisponde una posizione angolare azimutale e zenitale che, combinata con il TOF, consente di identificare le coordinate dei punti rilevati, con una frequenza temporale di campionamento massima di 300 kHz (circa 300.000 punti al secondo) e con una risoluzione angolare massima (passo di campionamento) tra gli impulsi laser nell’ordine del centesimo di grado (sia lungo il piano orizzontale che quello verticale) (Andreoni et alii; 2002).
Grazie all’integrazione con una fotocamera ad alta risoluzione, è possibile, inoltre, acquisire immagini ottiche calibrate con il sensore laser. Il risultato del rilievo è, pertanto, una nuvola di punti ad altissima risoluzione e in colori RGB reali sulla quale è possibile eseguire le comuni operazioni di misura spaziale (calcolo di distanze, superfici e volumi) ed estrarre profili su tracce di sezioni definite dall’utente.
Le attività di monitoraggio TLS sono state eseguite nei mesi di aprile-maggio 2015 e nel mese di maggio 2016, utilizzando un sensore RIEGL VZ-1000, abbinato ad una fotocamera NIKON D700, installata su di esso per determinare l’informazione dei colori reali RGB (trattasi di una fotocamera da 12,1 MPx, con un sensore FF di dimensioni 36 x 24 mm, equipaggiata con un obiettivo da 20 mm).
Due stazioni permanenti sono state realizzate su entrambi i lati della frana (Fig. 3). Al fine di poter effettuare rilievi periodici, è stato progettato un accurato sistema di riposizionamento. Inoltre, altre cinque stazioni temporanee sono state pianificate in sito per permettere la completa copertura e ricostruzione della frana in 3D (Fig. 4 - 5).
L’obiettivo dell’attività è stato quello di acquisire, grazie al sistema di riposizionamento esatto del sensore laser, delle nuvole di punti della scarpata di frana, e del settore di versante al piede di essa, dalle medesime postazioni di misura impiegate in occasione dei rilievi TLS eseguiti nel mese di aprile 2015; i modelli 3D così generati a distanza di tempo (circa un anno), sono stati poi confrontati rigorosamente al fine di identificare eventuali variazioni geometriche e/o morfologiche riconducibili a fenomeni di crollo intercorsi nel periodo compreso tra le sessioni di rilievo (Mohammadi, 2016).

Fig. 4 A sinistra si nota la postazione di monitoraggio TLS 1; mentre a destra, la postazione di monitoraggio TLS 2.


Fig. 5 Ubicazione, su immagine ottica satellitare, delle postazioni di monitoraggio permanenti con tecnica TLS.

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