Pannelli sandwich in PIR e comparsa di bolle in coperture industriali: inestetismo tollerabile o vizio strutturale?
L’articolo analizza le cause della comparsa di bolle nei pannelli sandwich con schiuma PIR utilizzati nelle coperture industriali, valutando le implicazioni estetiche e strutturali. Vengono illustrate soluzioni tecniche, responsabilità e l’importanza di un monitoraggio periodico per evitare danni irreversibili.
Nel campo delle costruzioni industriali, la copertura degli edifici produttivi rappresenta una componente strategica, determinante per l’efficienza energetica, la sicurezza antincendio e la durabilità delle strutture.
Tra le soluzioni più adottate negli ultimi anni spiccano i pannelli sandwich con anima in PIR (poliisocianurato), apprezzati per le elevate prestazioni di isolamento termico e per la classificazione di reazione al fuoco B-s1-d0, che li rende adatti anche ad ambienti a rischio.
Tuttavia, la diffusione di questi pannelli ha portato alla luce una criticità tecnica: la comparsa, in alcuni casi, di rigonfiamenti sulla lamiera esterna, comunemente noti come “bolle”.
Si tratta di un fenomeno inizialmente marginale e di natura estetica, ma che può evolvere, se non affrontato in modo tempestivo e adeguato, in un degrado strutturale del pannello, compromettendone le prestazioni meccaniche.
Un recente caso tecnico-giudiziario offre un esempio concreto per comprendere meglio le cause, le responsabilità, le possibili soluzioni e le implicazioni legali connesse a questo fenomeno.
Il contesto: intervento su una copertura industriale
La vicenda trae origine da un intervento su un capannone industriale di circa 2.000 mq, dove si era proceduto alla bonifica di una vecchia copertura in cemento-amianto (Eternit), al ripristino e alla verniciatura delle strutture metalliche sottostanti, e infine alla posa di un nuovo manto di copertura, costituito da pannelli sandwich a doppia lamiera con schiuma PIR interposta.
Il materiale utilizzato risultava regolarmente certificato e conforme alle specifiche contrattuali: spessore 40 mm, densità dell’isolante di circa 40-45 kg/m³, lamiera con spessore pari a 0,40 mm, in linea con la normativa vigente.
La contestazione: comparsa progressiva di bolle
Un paio di anni dopo l’ultimazione dei lavori, la proprietà ha rilevato la comparsa di bolle e rigonfiamenti localizzati, visibili sulla parte esterna dei pannelli.
Un sopralluogo tecnico, con marcature in loco, ha evidenziato un aumento progressivo nel numero e nelle dimensioni di tali difetti, sollevando dubbi sulla qualità dell’intervento, sull’idoneità dei materiali e sulla corretta esecuzione della posa.

La tesi difensiva: fenomeno noto e gestibile
Una perizia tecnica di parte ha attribuito il rigonfiamento alla formazione di gas interni nella schiuma PIR, generati da reazioni chimiche successive alla produzione. L’assenza di vie di fuga per questi gas determinerebbe una pressione localizzata, sufficiente a deformare la lamiera.
Secondo questa ricostruzione, il fenomeno risulterebbe ampiamente noto e documentato da associazioni del settore (come AIPPEG e UNICMI), e classificabile come semplice inestetismo, privo di rilevanza meccanica.
La soluzione è semplice ed economica: forare le bolle con una punta di un millimetro, per consentire la fuoriuscita del gas e il ripristino della planarità della lamiera. Nessuna sostituzione sarebbe quindi necessaria.
In quest’ottica, la responsabilità non sarebbe da attribuire a vizi costruttivi o difetti di produzione, bensì alla mancata manutenzione ispettiva da parte della committenza.
L’accertamento del CTU: compromissione strutturale e danno irreversibile
La consulenza tecnica d’ufficio ha invece delineato un quadro ben più critico. L’analisi ha evidenziato una progressiva separazione tra la lamiera e il nucleo isolante.
Durante i sopralluoghi è stato osservato un aumento continuo delle bolle. Inoltre, durante il camminamento sulla copertura, ampie zone risultavano flessibili e cedevoli, indice di perdita di rigidezza. I test sulla resistenza a flessione hanno confermato l’impossibilità del pannello di garantire un comportamento meccanico efficace, in quanto la lamiera non collaborava più strutturalmente con il nucleo isolante.
Il CTU ha pertanto ritenuto necessario prevedere la sostituzione integrale del manto di copertura.
Il nodo cruciale: agire tempestivamente
Il caso dimostra come la gestione del fenomeno sia determinante.
Se rilevato nella fase iniziale, il rigonfiamento può essere trattato come un difetto reversibile, senza conseguenze strutturali. Tuttavia, se trascurato, tende a evolvere in un danno che compromette irrimediabilmente la funzionalità del pannello, rendendo inevitabile la sostituzione.
Ne consegue che un piano di monitoraggio delle bolle, basato su ispezioni visive periodiche, e piccoli interventi localizzati - come le microforature - possono fare la differenza tra una semplice manutenzione e un oneroso contenzioso.
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