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Permesso a costruire: come calcolare l’altezza dell’edificio per ottenerlo

Consiglio di Stato (Sentenza 07/04/2015 n. 1746): l’altezza di un fabbricato deve essere misurata dal piano stradale e, in alternativa, dalla sistemazione esterna. 

La controversia che la Sezione è stata chiamata a decidere riguarda il caso di un signore della provincia di Avellino, proprietario di una casa unifamiliare, che ha impugnato la concessione edilizia, rilasciata ai vicini di casa, di costruire due fabbricati per civili abitazioni su terreno adiacente al suo, citando anche il Comune.

Con tale ricorso il Signore prospettava la violazione della legislazione urbanistica statale e di quella locale (P.R.G.), con particolare riferimento alle norme in materia di distanza dalle strade e dai fabbricati e di rapporto altezza/distanza. Secondo tale disposizione per altezza dei fabbricati, che non può superare i limiti fissati per le singole zone dallo strumento urbanistico s’intende: "l’altezza di una parete esterna la quale è la distanza verticale misurata dalla linea di terra, definita dal piano stradale o di sistemazione esterna dell'edificio (quota media del marciapiede e ove il marciapiede non esista, quota media della strada; intendendosi per “marciapiede” e per “strade” l'area di circolazione di uso pubblico, pedonale o automobilistica, da cui si accede all'edificio, considerata limitatamente al tratto prospiciente l'edificio stesso) alla linea di copertura definita dal coronamento del parapetto pieno del terrazzo o di copertura, o in mancanza, dal piano del medesimo terrazzo; per gli edifici coperti a tetto, dalla linea di gronda del tetto ... o se questo ha una pendenza superiore al 35% dai due terzi della proiezione verticale del tetto".

A tal riguardo la parte appellante ha sottolineato che egli stesso, per la sua abitazione, avesse osservato la prevista altezza di metri di 7.50, nonostante che anche il suo lotto fosse in pendenza. Le parti resistenti hanno ribadito che nella norma in esame la definizione dell’altezza è riferita alla sua misurazione non esclusivamente dal piano stradale, comprensivo del marciapiede se esistente, ma anche dalla “sistemazione esterna.”

A fronte di tale situazione la Sezione ha ritenuto anzitutto di osservare che dalla disposizione in esame non si ricavava affatto, per quanto potesse essere sostenuto, che sussistevano criticità sul piano della sua applicazione, la possibilità di procedere all’interramento artificiale del volume realizzato, con il risultato di sottrarlo al calcolo dell’altezza dell’edificio. E che sarebbe quindi stato consentito trasformare l’interramento in sistemazione esterna dalla quale poi misurare la parete esterna dell’edificio che prospetta sulla strada. Inoltre le parti citate hanno sostenuto che l’interramento era inevitabile, derivandone altrimenti la sua inedificabilità di fatto, mentre secondo la parte appellante, i fabbricati contestati senza l’interramento avrebbero avuto certamente una altezza non consentita. Si aggiunge poi, che il Comune per evitare tutto ciò avrebbe favorito la formazione di “una prassi consolidata” a beneficio di tutti i lotti che si trovavano nella stessa situazione.

Secondo la Sezione non può, anzitutto, essere omesso di rilevare che l’invocata prassi comunale appare fonte di disparità tra i proprietari, potendo derivare dalla sua applicazione sia il consenso ad un volume da interrare di volta in volta diverso, in relazione alla diversa pendenza dei lotti interessati, non essendo stata quest’ultima definita esattamente ai fini di detto interramento, sia uno svantaggio oggettivo per tutti i lotti che non presentano pendenza, ai quali, come tali, non verrebbe consentita la possibilità di eseguire l’interramento artificiale e quindi di beneficiare della realizzazione di un volume sottratto al calcolo dell’altezza.

A tal riguardo, la Sezione ha ritenuto che il criterio della misurazione dell’altezza dal piano stradale è il criterio tendenzialmente preminente, mentre il criterio della misurazione dalla sistemazione esterna appare utilizzabile in alternativa, quando cioè il primo non è utilizzabile per ragioni varie, riconducibili, esemplificando, o alla probabilità di dar luogo a contestazioni ovvero per essere penalizzante a causa di un profilo altimetrico della strada significativamente irregolare.

Quel che appare comunque certo è che essendo i criteri predetti tra loro alternativi, se ne deve ricavare anche che dalla loro distinta applicazione debbono necessariamente discenderne conseguenze analoghe ai fini dell’individuazione della quota dalla quale deve essere misurata l’altezza dell’edificio, altrimenti verrebbe seriamente messa a rischio l’oggettiva finalità della disposizione in commento, perseguita attraverso l’introduzione di un criterio uniforme nel calcolo dell’altezza di tutti gli edifici, ed identificabile con l’ordinato svolgimento dell’attività edilizia.