Pompa di calore in condominio: non serve il quorum rafforzato
La Corte d’Appello dell’Aquila chiarisce che l’installazione di una pompa di calore in ambito condominiale, se parte di una variante al progetto edilizio post-sisma, non è innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c. e non richiede il quorum rafforzato previsto dall’art. 1136, comma 5.
In tema di condominio negli edifici, l’installazione di una pompa di calore a servizio dell’immobile, se prevista o ricompresa in una variante autorizzata del progetto originario di ricostruzione post-sismica, non configura una innovazione ex art. 1120 c.c., bensì opera esecutiva coerente con l’impianto progettuale complessivo.
Ne consegue che la relativa delibera assembleare non richiede i quorum rafforzati previsti dall’art. 1136, comma 5, c.c. Né può ritenersi nulla per asserita illiceità dell’oggetto qualora l’opera sia stata successivamente autorizzata in variante ai sensi della normativa edilizia e paesaggistica vigente.
Lo precisa la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila n. 237 pubblicata il 24 febbraio 2025. In fondo la sentenza in PDF.
Ricostruzione post-sisma e pompa di calore: la Corte esclude l’innovazione
La Corte d’Appello di L’Aquila, decidendo sulla impugnazione proposta avverso la sentenza resa dal Tribunale di L’Aquila ha affrontato una complessa vicenda in materia condominiale avente ad oggetto l’impugnativa di una delibera assembleare concernente l’acquisto, l’installazione e il posizionamento di una pompa di calore a servizio di un edificio oggetto di ricostruzione post-sismica. L’appellante - che aveva contestato in primo grado la legittimità della delibera - ha fondato le proprie censure su una molteplicità di profili formali e sostanziali che la Corte territoriale ha esaminato analiticamente dando ampio spazio agli aspetti tecnico-edilizi e urbanistici.
L’appellante sosteneva che la pompa di calore fosse stata installata in un momento distinto dalla realizzazione dell’edificio. Pertanto, si trattava di innovazione soggetta al quorum deliberativo qualificato sancito dall’art. 1136, comma 5, c.c. L’installazione violava anche l’estetica del fabbricato ed era priva di autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche, configurandosi come opera abusiva.
La Corte, tuttavia, ha rigettato tali argomentazioni rilevando che non è innovazione, ma sviluppo progettuale conseguente.
L’intervento viene qualificato non come autonoma innovazione, ma come integrazione funzionale all’impianto originario previsto nel progetto di ricostruzione depositato nel 2013.
La necessità di ripotenziamento dell’impianto è nata dalla volontà dei condòmini di suddividere gli alloggi, aumentando il fabbisogno energetico. In tale contesto, l’installazione della pompa di calore si configura come variante progettuale coerente con l’evoluzione del progetto originario.
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Innovazione ex art. 1120 c.c. e quorum ex art. 1136 c.c.
Sotto il primo profilo, la Corte aquilana ha rigettato l’assunto dell’appellante secondo cui l’intervento deliberato doveva qualificarsi come una innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., soggetta quindi ai quorum deliberativi rafforzati previsti dall’art. 1136, comma 5, c.c. A tal riguardo, è stato evidenziato come l’installazione della pompa di calore non costituisca una modifica autonoma e sopravvenuta, bensì un segmento funzionale dell’originario iter progettuale avviato (nel 2013) per la ricostruzione dell’immobile danneggiato dal sisma (del 2009).
I giudici di appello hanno valorizzato la circostanza - peraltro documentalmente comprovata - secondo cui la necessità di potenziamento dell’impianto originario è scaturita da una modifica in corso d’opera legata alla diversa distribuzione interna degli alloggi (suddivisione in più unità), comportando un ricalcolo dei fabbisogni energetici e la conseguente presentazione di una variante progettuale. Tale accertamento ha condotto alla esclusione dell’elemento di novità e di autonomia funzionale tipico della innovazione con conseguente inapplicabilità del regime deliberativo rafforzato.
Assenza di violazione dell’art. 1120 c.c. sotto il profilo estetico
Sempre in tema di innovazioni, la Corte di Appello ha ritenuto assorbita la censura relativa alla presunta violazione dell’art. 1120, comma 2, c.c. (pregiudizio estetico dell’edificio e all’uso delle parti comuni) rilevando come la qualificazione dell’intervento in oggetto non ne giustificasse l’autonoma trattazione.
I decidenti di secondo grado hanno, infatti, condiviso l’impostazione del primo giudice secondo cui l’intervento andava inquadrato all’interno di un più ampio contesto di adeguamento tecnologico coerente con le esigenze funzionali dell’edificio post-ricostruzione.
Legittimità urbanistica e paesaggistica dell’opera
Un ulteriore e rilevante profilo di doglianza ha riguardato l’asserita abusività edilizia e paesaggistica dell’intervento.
L’appellante ha denunciato l’assenza di preventiva autorizzazione edilizia e paesaggistica ritenendo ciò causa di nullità della delibera per illiceità dell’oggetto. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che l’intervento era da considerarsi pienamente legittimo. È stata posta in rilievo la continuità tra il progetto originario di ricostruzione (2013) e la successiva variante edilizia (2016), presentata per adeguare l’impiantistica alle nuove esigenze abitative sopravvenute.
Tale variante ha ricompreso espressamente l’intervento sulla centrale termica ottenendo regolare autorizzazione paesaggistica con provvedimento (2016) rilasciato dal Comune di L’Aquila.
La Corte territoriale ha chiarito che la presentazione della variante edilizia in corso d’opera, pur successiva alla installazione dell’impianto, assume valore sanante in quanto non integrava una modifica radicale, ma un «assestamento» tecnico del progetto reso necessario dalla mutata configurazione distributiva degli spazi interni.
Interesse ad agire e parallelismo con il giudizio risarcitorio
Riguardo alla eccezione di sopravvenuta carenza di interesse sollevata dall’appellato, la Corte ha affermato un principio consolidato in giurisprudenza: l’interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c., deve sussistere in modo attuale e concreto fino alla decisione e si esclude solo quando la sentenza richiesta non sia idonea a produrre effetti giuridici utili per la parte istante.
È stato quindi ritenuto che la partecipazione dell’appellante ad un parallelo giudizio risarcitorio non incide sull’autonoma rilevanza del presente giudizio di impugnazione della delibera assembleare, fondato su un diverso petitum (annullamento/nullità) e su una causa petendi distinta (vizi deliberativi). Le due azioni sono state qualificate come pienamente autonome e non sovrapponibili.
La Corte chiarisce: impianto coerente col progetto, delibera valida
In sintesi, la Corte aquilana ha chiarito che l’installazione della pompa di calore non è una innovazione. E’ parte legittima di un progetto edilizio complesso già autorizzato e non viola norme edilizie o paesaggistiche. Inoltre, la delibera assembleare è valida anche con il quorum ordinario.
La sentenza in esame offre uno spunto di riflessione particolarmente interessante sul concetto di innovazione condominiale e sul rapporto tra disciplina privatistica e normativa urbanistico-edilizia.
Si sottolinea l’attenzione della Corte di Appello nella valorizzazione dell’aspetto progettuale, trattato non come mera cornice di fatto, ma come elemento determinante nella qualificazione giuridica dell’intervento e nella verifica della legittimità della delibera assembleare.
La decisione appare in linea con i princìpi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di impugnazione delle delibere condominiali e, al contempo, si segnala per la puntuale trattazione degli aspetti tecnico-amministrativi, in particolare sul tema della autorizzazione paesaggistica in variante e degli effetti sananti del provvedimento edilizio tardivo.
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