Ponti in calcestruzzo armato precompresso: stato dell’arte del patrimonio esistente in Italia
Al fine di favorire la catalogazione delle principali tipologie costruttive, questo lavoro presenta i risultati di un’estesa ricerca bibliografica sui ponti esistenti in Italia in c.a.p., che si presenta particolarmente importante per definire eventuali aspetti che possono avere influito sul degrado di queste opere.
Tra il 2013 e il 2018 in Italia sono collassati 6 ponti: 4 erano realizzati in c.a.p.
La maggior parte dei ponti esistenti sulla rete stradale italiana sono stati realizzati a partire dalla crescita economica (cosiddetto “boom”) successiva alla fine del secondo conflitto mondiale. Nei decenni successivi, il calcestruzzo armato (c.a.) ed il calcestruzzo armato precompresso (c.a.p.) sono stati largamente utilizzati, anche seguendo lo sviluppo tecnologico globale (Strade & Autostrade 2021).
La vita utile per strutture di questo tipo, progettate prima dell’avvento delle più moderne normative, è stimabile sui 50 anni (De Matteis et al. 2018, 2019). Di conseguenza, gran parte dei ponti esistenti in assenza di adeguati interventi di manutenzione, risulta, ad oggi, aver raggiunto tale limite convenzionale e potrebbe non rispondere ai requisiti di sicurezza conformi alle norme vigenti (Cosenza et al. 2021, Miluccio et al. 2021, Santarsiero et al. 2021). In Italia, nel lustro compreso tra il 2013 ed il 2018, sei ponti sono collassati: Carasco (2013), Annone (2016), Ancona (2017), Fossano (2017), Bologna (2018) e Genova (2018) (Di Prisco 2019). Quattro di questi ponti erano realizzati in c.a.p.
I tragici eventi occorsi negli anni hanno chiaramente messo in luce la vulnerabilità delle infrastrutture esistenti, con particolare attenzione alle opere in c.a.p. a cavi aderenti, che possono presentati difetti occulti legati alla tecnologia. L’evoluzione dei carichi viaggianti e l’esposizione agli elementi atmosferici, uniti ad interventi di manutenzione talvolta insufficienti, hanno contribuito ad aggravare la condizione di diverse strutture esistenti (Crespi et al. 2020, Morgese et al. 2020).
Dunque, il monitoraggio dei ponti esistenti rappresenta ad oggi un tema chiave per la sicurezza delle infrastrutture, ma trattandosi di strutture progettate e realizzate secondo criteri e tecniche diversi da quelli attuali, è necessario avere una conoscenza approfondita di tali strutture, per poterne valutare l’effettivo stato di conservazione e relativo livello di sicurezza.
Questo studio presenta i risultati di un’estesa ricerca bibliografica relativa ai ponti esistenti in c.a.p. in Italia. In particolare, è stato preso in considerazione il quarantennio compreso tra l’inizio degli anni ’50 e la fine degli anni ’80, il più florido nella costruzione di ponti in c.a.p. in Italia.
Le informazioni raccolte rappresentano un primo tassello per una classificazione dei ponti esistenti in c.a.p. che riguarda solo lo schema statico e la geometria delle campate. Successivamente saranno esaminati gli aspetti tecnologici che ne influenzano la risposta strutturale e la durabilità.
Ponti in c.a.p. per ogni decennio
All’interno dei quattro decenni di interesse (’50-‘60, ’60-’70, ’70-’80, ’80-’90), sono stati catalogati dati relativi ad un campione di 772 ponti in c.a.p., a campata singola o multi-campata, di cui 465 precompressi con la tecnica della pre-tensione, e 307 con post-tensione.
Nel seguito si sintetizzano i dati principali che caratterizzano a ciascuna opera in termini di:
- Tipologia di schema strutturale;
- Lunghezza complessiva;
- Numero di campate;
- Luce minima, massima e media delle campate.
Le fonti bibliografiche da cui sono state tratte le informazioni analizzate nel seguito sono riportate nella bibliografica di questo lavoro (AITEC 1929- 1997, 1962) (ANICAP 1956, 1962, 1963, 1965,
1966, 1969, 1970, 1974) (Morandi 1954) (Zorzi 1981). Come si nota, la maggioranza delle fonti appartengono alle due associazioni AITEC (Associazione Italiana Tecnico-Economica del Cemento) ed ANICAP (Associazione Nazionale Italiana del Cemento Armato Precompresso), che nel corso degli anni hanno raccolto numerosi dati sulle strutture in c.a.p. progressivamente realizzate in Italia. Tali fonti sono state rese disponibili dalle Biblioteche di diversi dipartimenti dell’Università di Napoli Federico II e dall’Associazione AICAP.
Tipologia strutturale
La Figura 1 mostra, per ogni decennio, l’evoluzione degli schemi statici dei ponti analizzati. Come si vede, la tipologia strutturale più largamente utilizzata negli anni ’50 e ‘60 è a travata isostatica semplicemente appoggiata (Figura 1a, b), tipicamente con sezione nervata o a cassone. Anche negli anni ’70 ed ’80 questa tipologia di ponte viene riscontrata in una buona percentuale dei casi (rispettivamente nel 22% e 36% dei casi, Figura 1c, d), ma al contempo numerosi sono i ponti a portale/telaio (28% in Figura 1c e 21% in Figura 1d) e con schema iperstatico di trave continua su più appoggi (39% in Figura 1c e 36% in Figura 1d).
Significativa è anche la percentuale riscontrata di opere con selle Gerber, la maggioranza delle quali negli anni ’50 (il 12%) e ’70 (il 9.3%). Si noti come negli anni ’60 la percentuale di ponti con selle Gerber non sia significativa rispetto agli altri decenni (risulterebbe inclusa nel “≤ 2%”). Ciò si deve alla tipologia di precompressione: negli anni ’60 la maggioranza delle opere riscontrate risultano pre-tese.
Le restanti opere passate in rassegna presentano diversi altri schemi statici, ma in percentuali minori rispetto alle succitate tipologie (es. ponti a cavalletto, ponti ad arco o strallati con solette precompresse).
Lunghezza complessiva delle singole opere
I ponti catalogati nella maggior parte dei casi si articolano su più campate. La lunghezza totale riscontrata è mostrata in Figura 2 suddividendo gli stessi schemi statici già illustrati in Figura 1.
Come si vede, i ponti con schema statico di trave semplicemente appoggiata presentano una lunghezza totale in ogni caso maggiore delle altre tipologie strutturali. In particolare, la tipologia a travata semplicemente appoggiata rappresenta il 45% della lunghezza totale delle opere esaminate, pari a 195 km. Se si sommano anche i contributi dei ponti a travata continua ed a telaio/portale, si ottiene una rappresentatività dell’88% sul totale delle opere esaminate.
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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Conference - Napoli, 12-15 ottobre 2022
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