Rinnovare il pavimento: verifica delle prestazioni meccaniche dell'esistente
Nella riqualificazione edilizia, il pavimento è tra gli elementi più frequentemente oggetto di intervento, sia per esigenze estetiche che funzionali. Quali caratteristiche deve avere il supporto quando si parla di ristrutturare, soprattutto senza demolizione dell’esistente?
Rinnovo di un pavimento e progettazione
Come indicato dalle singole norme di ogni tipo di rivestimento, il supporto di posa deve possedere determinate caratteristiche per poter svolgere in modo ottimale la sua funzione. È chiaro che, quanto richiesto per la posa di una piastrella ceramica, non sarà lo stesso per un parquet ma, in prima battuta, possiamo dire che le prestazioni necessarie ad una nuova pavimentazione sono le medesime in caso di ristrutturazione.
Quando si parla di ristrutturazioni è quindi fondamentale raccogliere tutte le informazioni che si possono avere sulla pavimentazione esistente, ovvero su tutta la stratigrafia presente. Esiste già un freno vapore? L’isolamento termico verso il basso è sufficientemente efficace per le necessità della ristrutturazione? L’acustica è stata valutata?
Tutto questo deve poi essere incrociato con la destinazione d’uso che si vorrà nell’edificio riqualificato. Possibilmente, scendendo ancora di più nel dettaglio ovvero capire quale era e quale sarà l’uso di un determinato ambiente/stanza. Se quello che prima era un garage diventasse una tavernetta potrebbe influire sulla scelta e sulle operazioni da fare. Pensiamo solo all’isolamento termico verso il basso che presumibilmente dovrà essere migliorato, al contrario le stanze superiori a questo ambiente potrebbero non necessitare più di questa accortezza.
Come accennato sopra, ogni rivestimento ha precise richieste di prestazioni del supporto (normalmente un massetto) che però non sempre possono essere verificate quando si tratta di una pavimentazione esistente. In molte norme, così come nel Codice di Buona Pratica dei Massetti di CONPAVIPER, sono indicate classificazioni minime del massetto come da marcatura CE che riguardano però le prove di flessione e compressione di provini in laboratorio.
Al momento attuale, non esiste infatti una norma europea o nazionale che sia di riferimento per la verifica di resistenze a flessione e compressione di materiale già posato in cantiere. In linea teorica, si potrebbero intagliare provini e sottoporli a rottura ma le operazioni di campionatura sarebbero molto stressanti per il materiale stesso. Inoltre, la prova sarebbe così invasiva da costringere a ripristini importanti.
Quindi, se questa prova non può essere fatta direttamente su una pavimentazione esistente, quali test possiamo eseguire per avere una certezza numerica della idoneità del supporto?
I test da fare per verificare un supporto di posa
Come scritto, i test di controllo servono a verificare l’idoneità del supporto esistente (sia esso un vecchio rivestimento o un massetto) a ricevere il nuovo sistema pavimento. Solo attraverso una corretta diagnostica si può stabilire:
- se è possibile andare in sovrapposizione;
- se è necessario consolidare o regolarizzare;
- se la demolizione totale è l’unica via percorribile.
È chiaro che, per ridurre gli oneri di lavoro, andare in sovrapposizione diretta è una scelta molto apprezzata ma deve essere verificata attentamente.
Prove di coesione superficiale
Dato che il primo obiettivo di un pavimento incollato è che rimanga tale nel tempo, il primo parametro da verificare è la coesione superficiale dell’esistente. Incollare su un supporto che non è adeso al resto della stratigrafia, vanificherebbe il lavoro. Ancora prima di usare strumenti di misura, la battitura con mazzuolo può dare molte indicazioni sullo stato, ad esempio, di una vecchia ceramica. Il suono “a vuoto” potrebbe essere un indice di non perfetta adesione e sconsigliare quindi l’incollaggio senza la rimozione dell’esistente.
La prova di pull-off con dinamometro serve a verificare l’adesione del massetto o del rivestimento esistente. Se pensiamo alla ristrutturazione con l’applicazione di un pavimento in resina, i requisiti di adesione previsti dalla UNI 10966 permangono anche a prescindere dalla posa su un precedente rivestimento.
Sempre per valutare la coesione del materiale, possono essere utili strumenti come l’impact test indicato nel Codice di Buona Pratica dei Massetti di CONPAVIPER. Utilizzato per testare i massetti prima della posa, questo strumento lo si può declinare anche per verificare le prestazioni di un pavimento esistente. Questa però deve essere attentamente ponderata perché, a seconda del rivestimento esistente e della modalità con cui è stato posato, la risposta dello strumento potrebbe non essere esaustiva o addirittura fuorviante.
Verifica dell'umidità residua
I requisiti di umidità residua massima indicati dalle norme specifiche di ogni tipologia di rivestimento, permangono anche nel caso delle ristrutturazioni. È facile che, una determinata stratigrafia posata molto tempo prima, abbia presumibilmente valori di umidità residua molto contenuti ma è comunque un parametro da tenere bene a mente.
Ricordiamo che, in base al tipo di rivestimento, vi sono valor massimi di umidità da rispettare. Questa è misurata con l’igrometro a carburo secondo la norma UNI 10329.
Se, ad esempio, la motivazione della ristrutturazione è proprio dovuta ad un rivestimento rovinato dall’umidità, potrà essere utile misurare questo parametro e decidere come operare.

Controllo della planarità
Può succedere che la motivazione della ristrutturazione sia quella di correggere errori di quota e/o planarità. Per quest’ultima in particolare, la misura può essere effettuata come indicato nella norma UNI 11944 tramite l’ausilio di un regolo rigido di profilato metallico a sezione quadrata o rettangolare, di lunghezza pari a 2 m. Con la metodologia descritta, è possibile misurare la variazione positiva o negativa dalla planarità e decidere come meglio procedere nelle successive operazioni di posa. In taluni casi, potrebbe essere necessario ripristinare la planarità con l’applicazione di rasature o autolivellanti a basso spessore. In altri, potrebbe essere la sola colla da fungere da ripartitore di spessore.
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Ristrutturazione con installazione di impianto radiante
Se nel progetto di riqualificazione è prevista anche la posa di un impianto radiante a pavimento, è evidente che possono intervenire molte considerazioni aggiuntive. Alcuni test possono essere evitati ma altri saranno realmente obbligatori. Il tutto dipenderà essenzialmente dalla tipologia di impianto radiante che si vorrà andare ad applicare. Senza addentrarci troppo in questa trattazione, è facile intuire i due estremi:
- Impianto radiante con fresatura dell’esistente. In questo caso sarà fondamentale verificare che il supporto sia ben coeso in tutto lo spessore e che il solco creato sia solido per poter ricevere la tubazione radiante. Ovvio che si debba valutare anche la dispersione di calore verso il basso in quanto, questo sistema, non permette la posa di sistemi isolanti al di sotto della tubatura.
- Impianto radiante con pannelli isolanti a posa flottante. Per tutti i sistemi dove vi è desolidarizzazione dal supporto di posa, è evidente che le prestazioni meccaniche di coesione e di resistenza a compressione possono non essere particolarmente elevate. Anzi, risultano molto più utile verificare la planarità dell’esistente, soprattutto se parliamo di sistemi radianti a bassa inerzia.
Per riassumere, vi sono diversi test che possono essere effettuati per capire come meglio procedere in caso di riqualificazione di una pavimentazione esistente. La cosa fondamentale è che questi derivino da un attento studio dell’attuale e del desiderato finale. Con una visione di questo tipo, sarà più facile capire cosa è bene verificare e cosa invece può essere tralasciato, focalizzandosi su quelle prove che possano dare una valutazione oggettiva dello stato dell’arte.
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