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Sanatoria, doppia conformità, ordine di demolizione: quali sono le tempistiche?

Consiglio di Stato: la domanda di accertamento di conformità non impatta sulla legittimità dell’ingiunzione a demolire, ma, al più, condiziona l’efficacia dell’ordinanza

Torniamo sugli abusi edilizi 'condonabili', cioè sulla sanatoria ex art.36 del dpr 380/2001 che, al suo interno, considera essenziale il verificarsi della cd. doppia conformità.

Ne parla l'interessante sentenza 6181/2021 del Consiglio di Stato, che tratta del ricorso contro l'ordinanza di demolizione (confermata dal TAR) di alcune opere edilizie abusive - tettoia, gazebo, recinzione, ecc. - funzionali ad un'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

 

Vecchio abuso non demolito e istanza di sanatoria

Secondo l'appellante, la sentenza del TAR è errata per non avere attribuito rilievo al legittimo affidamento nella conservazione della strutture, nel caso di specie riveniente dalla concordanza di distinti fattori, ovvero la risalenza nel tempo di gran parte dei manufatti, la riconosciuta possibilità di un loro ampliamento volumetrico nelle N.T.A. del P.P.E. e il fatto che erano già state oggetto almeno in parte di analoga sanzione oltre 10 anni or sono, senza che ne fosse conseguita la prevista demolizione.

Con successive memorie ha infine richiesto l’annullamento, ovvero, in subordine, la sospensione del provvedimento impugnato in primo grado sostenendo di aver presentato istanza di sanatoria ex art. 36 del dpr 380/2001, ma versando in atti solo una nota di riscontro (datata luglio 2015) a una richiesta degli uffici comunali dal contenuto tutt’affatto intellegibile, avulsa dal procedimento nel quale si inserisce, nonché un attestato a firma del responsabile dei medesimi uffici in data 19 dicembre 2019 ove si dà atto della complessità della pratica (senza chiarire di quale pratica si tratti) di ristrutturazione edilizia con ampliamento di immobile a destinazione commerciale.

Sanatoria, doppia conformità, ordine di demolizione: quali sono le tempistiche?

Il tempo trascorso non sana, anzi...

Palazzo Spada chiude la pratica velocemente, sottolineando che ciò che qui conta è la rilevanza da attribuire alla ricaduta del lungo tempo trascorso dall’esecuzione delle opere sulla permanenza dell’interesse pubblico all’irrogazione della sanzione, atteso che la precedente ingiunzione demolitoria non aveva avuto seguito esecutivo e la disciplina urbanistica sopravvenuta contempla incrementi di volumetria per le preesistenze, tra le quali rientrerebbe il locale destinato a pubblico esercizio di somministrazione in controversia.

Quindi, si evidenzia che:

  • le sanzioni edilizie non risentono del tempo trascorso dalla commissione dell’abuso;
  • l'ordinanza di demolizione non deve infatti essere accompagnata dalla motivazione circa l’interesse pubblico, in quanto il lasso di tempo intercorso fra il momento della realizzazione dell’abuso e la sua adozione non è idoneo ad ingenerare un legittimo affidamento in capo al privato interessato, né impone all’Amministrazione uno specifico onere di esplicitazione delle ragioni dell’atto;
  • il decorso del tempo, infatti, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento, anche perché non ci si può fondatamente dolere del ritardo con cui l’Amministrazione ripristina la legalità. Ciò a maggior ragione laddove la nuova verifica dello stato dei luoghi si innesti su altra precedente, sovrapponibile per oggetto, cui il Comune indebitamente non ha dato seguito;
  • «l’ordine di demolizione è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. In sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’Amministrazione ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore». In ragione della sua natura vincolata, non è pertanto neppure necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198).

 

La domanda di accertamento di conformità non impatta sulla demolizione

Infine, il Consiglio di Stato chiarisce per completezza che:

  • la domanda di accertamento di conformità, quale parrebbe doversi qualificare quella in questione, non impatta sulla legittimità dell’ordinanza ingiunzione a demolire, ma, al più, ne condiziona l’efficacia;
  • sarà quindi il Comune, ammesso e non concesso vi fossero ancora i tempi per la relativa presentazione, a doverne valutare la ponderabilità, fermo restando l’obbligo di procedere in caso di esito negativo, anche ex silentio, giusta la normativa vigente, sì da evitare con il proprio comportamento (nuovamente) omissivo non solo di incorrere nelle conseguenti responsabilità, ma altresì di rafforzare strumentali letture indebite della propria illegittima tolleranza.

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