Schede di Sicurezza dei prodotti chimici in edilizia: cosa sono e perché sono importanti
In questo articolo approfondiamo che cos’è una SDS, quali informazioni contiene, perché è utile ai professionisti edili e come interpretarne correttamente i dati (come i codici CAS delle sostanze).
Cos’è una Scheda di Sicurezza (SDS)
Una SDS (Scheda di Sicurezza) è un documento standardizzato che descrive in dettaglio le caratteristiche di un prodotto chimico, con particolare attenzione a pericoli e istruzioni per un uso sicuro. In molti Paesi (Italia ed EU incluse) le SDS sono obbligatorie per legge per le sostanze o miscele pericolose, e rappresentano uno strumento essenziale per tutelare la sicurezza di chi utilizza tali prodotti. In pratica, la SDS equivale alla “carta d’identità” di un prodotto chimico dal punto di vista della sicurezza: elenca i rischi per la salute e l’ambiente, e fornisce linee guida su manipolazione, stoccaggio, trasporto, smaltimento e interventi di emergenza.
Le SDS seguono uno schema internazionale standard di 16 sezioni, definito dai regolamenti REACH (CE) n. 1907/2006 e CLP(CE) n. 1272/2008 in Europa e dal GHS a livello globale. Questo formato uniforme assicura che, indipendentemente dal fornitore o dal Paese, le informazioni essenziali siano presentate in modo coerente. In sintesi, ogni SDS include sezioni dedicate a:
- Identificazione del prodotto e del fornitore (Sezione 1): nome commerciale, codice prodotto, utilizzi raccomandati e dati dell’azienda produttrice/fornitrice.
- Identificazione dei pericoli (Sezione 2): classificazione di pericolo (es. infiammabile, corrosivo, irritante, ecc.), pittogrammi e avvertenze, con descrizione dei rischi per salute/ambiente.
- Composizione/Informazioni sugli ingredienti (Sezione 3): elenco delle sostanze contenute nel prodotto (per le miscele), con relative concentrazioni e identificatori chimici (ad esempio, codici CAS).
- Misure di primo soccorso (Sezione 4) e Antincendio (Sezione 5): istruzioni su cosa fare in caso di incidenti (contatto con la pelle, occhi, inalazione) e come gestire incendi coinvolgendo il prodotto.
- Misure in caso di rilascio accidentale (Sezione 6): procedure per contenere e bonificare sversamenti o fuoriuscite.
- Manipolazione e stoccaggio (Sezione 7): linee guida per un utilizzo sicuro in cantiere e condizioni ottimali di immagazzinamento (ad esempio, proteggere da umidità, calore, incompatibilità con altri materiali).
- Controlli dell’esposizione/Protezione individuale (Sezione 8): valori limite di esposizione (TLV, DNEL) per le sostanze pericolose presenti e raccomandazioni sui DPI (guanti, occhiali, mascherine) da usare.
- Proprietà fisiche e chimiche (Sezione 9): dati come pH, densità, punto di infiammabilità, solubilità, ecc., utili a capire il comportamento del prodotto.
- Stabilità e reattività (Sezione 10): indicazione di eventuali reazioni pericolose, incompatibilità con altri materiali o condizioni da evitare (es. temperature elevate).
- Informazioni tossicologiche (Sezione 11) ed ecologiche (Sezione 12): effetti sulla salute (tossicità acuta, corrosività, sensibilizzazione, cancerogenicità, ecc.) e impatto ambientale (ecotossicità, biodegradabilità).
- Considerazioni sullo smaltimento (Sezione 13): come disfarsi in sicurezza del prodotto e dei suoi contenitori, in conformità alle norme sui rifiuti.
- Informazioni sul trasporto (Sezione 14): eventuale classificazione come merce pericolosa (ADR/RID, IMDG, IATA) e relative indicazioni (numero UN, classe di pericolo, gruppo d’imballaggio).
- Informazioni regolamentari (Sezione 15): riferimenti a normative specifiche (es. direttive UE, regolamenti locali) e classificazioni aggiuntive.
- Altre informazioni (Sezione 16): ad esempio data di revisione, abbreviazioni, fonti dei dati e ulteriori note.
Tutte queste sezioni offrono informazioni importanti sul prodotto. Per un tecnico edile, le parti chiave da esaminare con attenzione sono soprattutto la Sezione 2 (Pericoli identificati), la Sezione 3 (Composizione chimica) e le sezioni sulla manipolazione sicura (Sezione 7 e 8), poiché sono direttamente rilevanti per valutare i rischi in cantiere e predisporre misure di prevenzione.
Perché la SDS è utile ai professionisti tecnici in edilizia
In campo edile, i capitolati e le specifiche tecniche dei progetti devono considerare non solo le prestazioni dei materiali, ma anche la loro sicurezza d’uso. Consultare la SDS di un prodotto prima di inserirlo in capitolato consente al professionista di:
- Conoscere la composizione del materiale: ad esempio, se un additivo per calcestruzzo contiene solventi pericolosi o se una malta premiscelata contiene cemento ad alta resistenza (che può essere più caustico). Queste informazioni influenzano la scelta del prodotto più idoneo e sicuro.
- Identificare i pericoli associati: la SDS indica se il prodotto è corrosivo, infiammabile, tossico, irritante, ecc. . Ciò permette di valutare in anticipo i rischi per i lavoratori in cantiere (e per l’ambiente) e di prevedere misure di mitigazione. Ad esempio, sapere che un certo primer è infiammabile guiderà a prescrivere stoccaggio lontano da fiamme libere e adeguata ventilazione durante l’applicazione.
- Prevedere misure di sicurezza e DPI: la SDS suggerisce quali Dispositivi di Protezione Individuale sono necessari (guanti resistenti, occhiali, maschera antipolvere, ecc.) e le precauzioni di manipolazione. Un tecnico potrà quindi indicare a capitolato che, durante l’uso di quel prodotto, l’impresa dovrà fornire certi DPI ai lavoratori e seguire specifiche procedure (es. non usare in spazi chiusi senza ventilazione, evitare contatto con la pelle, ecc.).
- Garantire conformità normativa: molte normative di sicurezza sul lavoro richiedono la valutazione dei rischi chimici. Utilizzando le SDS, il coordinatore o il progettista può assicurarsi che l’impiego di un materiale rispetti i limiti di esposizione e le normative (REACH, CLP, ADR per il trasporto, ecc.) e può inserire in capitolato riferimenti a tali conformità. Ad esempio, se un prodotto contiene solventi VOC, si valuterà se rientra nei limiti di legge per emissioni in ambienti indoor.
- Evitare incompatibilità e problemi applicativi: la sezione su manipolazione e stoccaggio indica condizioni da evitare. Sapendo in anticipo che, ad esempio, un certo cemento deve essere tenuto all’asciutto e non va mescolato con acidi, si potranno dare indicazioni precise in cantiere (es. non conservare sacchi all’aperto sotto la pioggia, non aggiungere additivi non compatibili, ecc.).
In sintesi, la SDS è uno strumento di due diligence tecnica: il professionista edile la usa per conoscere prima i materiali, selezionare quelli appropriati e predisporre nel capitolato tutte le cautele necessarie per un uso sicuro. Ciò tutela sia i lavoratori sia il committente da incidenti, sanzioni o contestazioni successive dovute a una gestione impropria dei prodotti.
Informazioni contenute nella SDS: composizione e identificazione dei pericoli
Come visto, la SDS fornisce una panoramica completa sul prodotto. Due sezioni meritano un focus particolare: quella che descrive i pericoli (hazard) e quella sulla composizione chimica.
- Identificazione dei pericoli (Sezione 2): qui il produttore riporta la classificazione di pericolo secondo il regolamento CLP. Vengono elencati i pittogrammi (ad esempio il simbolo di corrosivo, tossico, infiammabile, ecc.), la parola di avvertimento (“Pericolo” o “Attenzione”) e le indicazioni di pericolo H (frasi standard che descrivono il rischio, come H315 Irrita la pelle, H318 Provoca gravi lesioni oculari, ecc.). Ad esempio, un cemento contenente cromo VI e molto alcalino potrebbe riportare H315 (irritante cutaneo), H318 (danneggia gravemente gli occhi), H335 (irritante vie respiratorie), H317 (può provocare allergia cutanea). Queste indicazioni riassumono gli effetti pericolosi principali. Inoltre, nella SDS vengono suggerite anche le frasi P (prudenza), cioè consigli di prudenza su prevenzione e reazione (es. P280 Indossare guanti/occhiali, P305+P351 In caso di contatto con gli occhi sciacquare con acqua, ecc.).
- Composizione/ingredienti (Sezione 3): per le miscele (come la maggior parte dei prodotti edilizi: malte, vernici, resine, ecc.) la SDS elenca gli ingredienti pericolosi presenti e la loro concentrazione indicativa. Qui troviamo tipicamente il nome chimico di ciascuna sostanza, il suo codice CAS e la percentuale (spesso data come intervallo, ad es. 10–20%). Questa sezione è preziosa perché rivela cosa c’è dentro il prodotto. Tuttavia, occorre notare che la composizione riportata in SDS non è sempre esaustiva: di solito vengono elencate solo le sostanze che contribuiscono alla classificazione di pericolo o che hanno limiti di esposizione. Componenti non pericolosi (es. filler inerti come carbonato di calcio, sabbia, ecc.) possono non essere dettagliati. Inoltre, talvolta la descrizione è generica: ad esempio una SDS potrebbe indicare la presenza di “legante idraulico” (cemento) usando un singolo codice CAS per il cemento Portland, sotto cui rientrano in realtà vari materiali cementizi. Esempio: molte SDS di leganti edilizi elencano “Clinker di cemento Portland” (CAS 65997-15-1) come ingrediente principale, che in pratica comprende una miscela di costituenti come clinker vero e proprio, gesso (solfato di calcio) e aggiunte minerali (calcare, pozzolana, calci idrauliche, ecc.), senza specificarli separatamente. Ciò significa che dal codice CAS del “cemento” non si distingue, ad esempio, se il prodotto contiene prevalentemente cemento Portland bianco o grigio, se si tratta di TIPO I o di TIPO II. È però distinguibile da una calce idraulica naturale NHL in quanto questa ha un numero CAS differente. In sostanza, la SDS fornisce indicazioni sulla composizione chimica, ma non sempre con dettaglio completo di tutte le sostanze minori o non pericolose.
Per il tecnico, sapere questo è importante: la SDS dà un’idea di cosa c’è nel prodotto (soprattutto i componenti critici dal punto di vista della sicurezza), ma non sostituisce una scheda tecnica in quanto a dettagli formulativi. Ad esempio, una malta premiscelata potrebbe avere in SDS: cemento Portland 30%, additivi <5%, resto “aggregati inerti” non pericolosi non elencati. Sapremo quindi che c’è cemento (e quindi rischio di irritazione), ma la granulometria della sabbia o il tipo di additivo (Superfluidificante? Etere di cellulosa? Tensioattivo aerante?) potrebbero non essere specificati.
Il codice CAS: la “carta d’identità” delle sostanze chimiche
Nella Sezione 3 della SDS, accanto al nome di ogni ingrediente compare solitamente un numero, ad esempio 1305-62-0 oppure 65997-15-1. Si tratta del codice CAS, un identificatore numerico univoco assegnato dal Chemical Abstracts Service a ogni sostanza chimica descritta in letteratura. Il codice CAS funziona come una sorta di targa universale: ad ogni sostanza (elemento, composto puro o anche alcune miscele complesse di uso industriale) corrisponde un numero CAS, che ne permette l’identificazione precisa a livello globale, indipendentemente dal nome commerciale o dalla lingua.
Per fare qualche esempio pratico di sostanze comuni nei materiali da costruzione e relativi codici CAS:
- Calce idrata (idrossido di calcio) – CAS 1305-62-0
- Calce idraulica naturale NHL – CAS 85117-09-5
- Silice amorfa (biossido di silicio in forma non cristallina, ad es. filler di microsilice) – CAS 7631-86-9
- Cemento Portland (clinker) – CAS 65997-15-1
Ognuno di questi numeri identifica in modo univoco la sostanza: ad esempio, 1305-62-0 corrisponde sempre e solo all’idrossido di calcio Ca(OH)2 (regolato anche come E526 se alimentare), anche se un produttore potrebbe chiamarlo “calce spenta” o “calce idrata tecnica”; il 7631-86-9 indica le varie forme di silice amorfa (come la silice pirogenica o gel di silice), distinguendole ad esempio dalla silice cristallina (quarzo ha CAS diverso: 14808-60-7); il 65997-15-1 identifica il clinker di cemento Portland, a prescindere dal marchio o dal tipo (sia che si tratti di CEM I o di componenti di CEM II, finché è clinker puro rientra in quel CAS).
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Perché il CAS è così importante?
Il codice CAS è importante per vari motivi pratici per i professionisti della sicurezza e i tecnici:
- Chiarezza sull’identità chimica: fornisce la conferma esatta di quale sostanza si tratta. I nomi commerciali possono essere vaghi o di fantasia, e perfino i nomi chimici comuni a volte generici (es. “silice” può riferirsi a quarzo cristallino o amorfo). Il CAS elimina l’ambiguità perché è un identificatore unico.
- Accesso a banche dati internazionali: quasi tutte le banche dati di sostanze (ECHA, database di esposizione, NIOSH, gestionali di sicurezza, ecc.) permettono di cercare informazioni per codice CAS. Con il CAS si possono trovare rapidamente dati su tossicologia, limiti di esposizione, valori TLV, classificazioni di cancerogenicità IARC, ecc. Ad esempio, sapendo il CAS 1305-62-0, si rintraccia immediatamente che l’idrossido di calcio ha un limite di esposizione ACGIH di 5 mg/m³ come polvere respirabile e che è classificato come irritante.
- Valutazione dei rischi e normative collegate: molte normative legano obblighi specifici a certe sostanze identificate via CAS. Per esempio, le liste di sostanze soggette a restrizioni (REACH Annex XVII) o autorizzazione (REACH Annex XIV) sono per voci identificate da CAS; i trasporti di merci pericolose fanno riferimento al numero ONU, ma per preparare la classificazione ADR bisogna sapere la sostanza chimica esatta – che si individua via CAS. Anche le schede tossicologiche, le frasi H di pericolo e le prescrizioni ambientali (come le concentrazioni soglia per classificare una miscela come pericolosa) dipendono dall’identificazione accurata degli ingredienti.
- Confronto tra prodotti diversi: se due prodotti di marchi differenti hanno nomi differenti, confrontando le SDS si possono riconoscere composizioni simili grazie ai codici CAS. Ad esempio, un “adesivo cementizio X” di un produttore e una “malta di allettamento Y” di un altro potrebbero avere entrambi CAS 65997-15-1 (cemento) e CAS 14808-60-7 (quarzo) nelle stesse percentuali: segno che formulativamente sono simili, anche se descritti con nomi diversi.
- Coerenza con i limiti di esposizione professionale: le normative in materia di sicurezza sul lavoro (es. D.Lgs. 81/2008 in Italia) impongono di non superare certe concentrazioni in aria di specifiche sostanze pericolose. Tali sostanze sono elencate tipicamente per nome chimico e CAS nelle tabelle. Dalla SDS (sezione 8) è possibile vedere se per gli ingredienti pericolosi sono indicati limiti di esposizione (TLV, TWA, ecc.) e quindi il tecnico sa a quali sostanze prestare attenzione nel DVR (Documento di Valutazione Rischi). Ad esempio, la polvere di Cemento Portland (CAS 65997-15-1) ha un limite di esposizione professionale indicativo di 1 mg/m³ (frazione respirabile): sapendolo, si potrà verificare che in cantiere gli operai che maneggiano cemento siano adeguatamente protetti e che l’ambiente sia ventilato per mantenere la polvere sotto tale soglia.
In pratica, il codice CAS consente ai professionisti di collegare la SDS con tutte le altre informazioni disponibili sulla specifica sostanza: schede tossicologiche, norme di trasporto, limiti ambientali, dati di eco-tossicità, ecc. Anche a distanza di anni, se il nome commerciale del prodotto non esistesse più, il CAS permette di sapere quali ingredienti chiave conteneva e come erano regolamentati.
Nota: I codici CAS di norma si trovano nella Sezione 3 della SDS, accanto al nome degli ingredienti. Ad esempio, una SDS potrà riportare una riga di questo tipo nella sezione “Composizione”: Idrossido di calcio – CAS 1305-62-0 – 20-30%. Questo indica che il prodotto contiene tra il 20 e il 30% di calce idrata (calcium hydroxide).
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