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Sconto in fattura e ricessione del credito al committente: davvero nulla da obiettare?

Per il Fisco, nulla impedisce alla banca di ri-acquistare dai suoi stessi fornitori i crediti d’imposta da questi introiettati per effetto della concessione dello sconto in fattura alla banca stessa, in relazione ai lavori edili di cui l’istituto di credito è committente.

Per la risposta all’istanza di interpello n. 236 del 02.03.2023, la banca può legittimamente ricoprire il doppio ruolo di committente dei lavori agevolabili, e di cessionario dei crediti scaturenti dal suo stesso intervento edilizio; ovvero dei crediti incamerati dai suoi fornitori mediante la concessione dello sconto in fattura, e poi oggetto di ricessione da parte dei medesimi fornitori alla banca stessa.

Il caso attiene all’intervento della banca capogruppo di recupero della facciata dell’immobile di propria sede, ricadente nell’ambito del bonus facciate di cui all’articolo 1, commi da 219 a 224, L. 160/2019.

Il lavoro, iniziato nel 2021 e da concludersi nell’anno successivo, era oggetto nel mese di dicembre 2021 del pagamento delle fatture per i lavori edili e per le prestazioni tecnicoprofessionali nella misura del 10% ciascuna, stante l’intervenuta concessione da parte dei fornitori dello sconto in fattura ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera a), D.L. 34/2020
nella misura del 90%, pari all’aliquota di detrazione bonus facciate in allora in vigore.

L'Iva entra tra le spese agevolabili?

Nel suo interpello, la banca espone all’attenzione delle Entrate tre differenti dubbi interpretativi: il primo, se il principio di competenza di cui all’articolo 109 Tuir permetta di considerare la spesa come afferente all’anno d’imposta 2021, con conseguente applicabilità della detrazione al 90% e non già al 60% (come ridotta dalla Legge di Bilancio per il 2022, a partire dal 1° gennaio 2022); il secondo, se sia esatto includere tra le spese agevolabili anche l’Iva, come applicata dalla banca sulla fattura emessa dall’impresa esecutrice dei lavori in regime di inversione contabile (ai sensi dell’articolo 17, comma 6, lettera a-ter, D.P.R. 633/1972), trattandosi di Iva indetraibile da parte dell’istituto di credito per effetto dell’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 36-bis stesso D.P.R.; il terzo e ultimo, se la banca possa proporsi ai suoi fornitori, concedenti lo sconto, quale cessionaria dei crediti da essi incamerati mercè lo sconto stesso, in quanto ente esercente l’attività creditizia, giusta il disposto della lettera b) del citato articolo 121 comma 1.

Le originarie incertezze della banca trovano soluzione, quanto al primo quesito, nella migliore riflessione della banca stessa, che vi rinunzia nelle more delle tempistiche dell’interpello (riconoscendo corretta la spettanza del bonus facciate al 60%, stante il completamento dei lavori nell’anno di competenza 2022); nonché, quanto al secondo quesito, nella risposta delle Entrate per cui l’importo dell’Iva è da dirsi componente delle spese agevolabili, per regola generale (come confermato dalla circolare 2/E/2020 in tema bonus facciate), e per regola puntuale concernente le imprese per le quali detta imposta risulti totalmente indetraibile (ai sensi dell’articolo 19-bis.1 D.P.R. 633/1972 o dell’opzione di cui all’articolo 36-bis stesso D.P.R.): e pertanto rappresenti un “onere accessorio di diretta imputazione del costo del bene o degli interventi agevolati”, come nel caso di specie (l’Agenzia cita al riguardo sia la risposta 5.3.2 della circolare 30/E/2020, in tema di superbonus; sia i principi interpretativi in tema di Iva indetraibile e pertanto deducibile in termini di costo, come sanciti dalla risalente circolare 869/1980 fino alla circolare 44/E/2009, paragrafo 3.1).

Il riacquisto dei crediti di imposta

Tuttavia, è la risposta al terzo quesito che merita la migliore riflessione.

Per il Fisco, nulla impedisce alla banca di ri-acquistare dai suoi stessi fornitori i crediti d’imposta da questi introiettati per effetto della concessione dello sconto in fattura alla banca stessa, in relazione ai lavori edili di cui l’istituto di credito è committente.

Per le Entrate, l’articolo 106 D.Lgs. 385/1993, Testo Unico Bancario, disciplinante l’Albo degli intermediari finanziari, non impedisce tale riacquisto: e tuttavia tale risposta, ancorata al mero dettato formale di una legge extrafiscale, non prende in considerazione che, così ragionando, il contribuente è ammesso a tramutare la sua detrazione fiscale, spendibile solo “in via verticale” in ambito Ires nella propria dichiarazione dei redditi, in un credito compensabile orizzontalmente e a sua volta cedibile a soggetti vigilati bancari-finanziari-assicurativi (nonché, nel caso della banca, anche ai propri correntisti diversi da consumatori e utenti, ai sensi dell’articolo 121, comma 1, citato).

E se il ragionamento di fondo è tale, allora dovrebbe dirsi ammesso anche a qualunque società committente di lavori edili di riconvertire, similmente, le detrazioni spettanti da bonus facciate, ecobonus o sismabonus in crediti liberamente compensabili in F24 o cedibili a loro volta a istituti di credito, secondo le regole dell’articolo 121 citato (potendo la società committente essere il terzo cessionario della prima cessione del fornitore).

È lecito interrogarsi se, tra le pieghe di questo apparente semaforo verde, non possa annidarsi il pericolo di una contestazione di abuso del diritto, come la stessa avvertenza finale della risposta in commento rammenta; o una più facile contestabilità del concorso nelle violazioni in colpa grave, in caso di irregolarità nello svolgimento dei lavori stessi.

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