Umidità, come riconoscerla?
La descrizione delle tre possibili condizioni di umidità (cronica, acuta a patologica) e delle diverse fasi dell’acqua, con alcuni semplici consigli e accorgimenti per saper riconoscere il tipo di macchia causato da umidità e per trovare una corretta soluzione ai danni sugli edifici.
Umidità: cause, condizioni e consigli utili
La presenza di umidità negli edifici è indice di un problema che può avere diverse origini legate alle caratteristiche costruttive, alla gestione e ventilazione degli ambienti oppure a condizioni di guasto o rottura di elementi tecnici.
La macchia di umidità si può interpretare con un sintomo e, come i sintomi, prima di adottare delle terapie e delle soluzioni tecniche per rimuoverle, è bene indagare quali sono le ragioni della presenza della macchia di umidità per evitare che il problema si presenti nuovamente.
In linea generale, la macchia di umidità può avere tre origini:
- la presenza di rotture o danni localizzate dovute agli impianti o agli strati impermeabilizzanti;
- la risalita capillare;
- la formazione di condensa superficiale, interna o esterna, o interstiziale.
A seconda di quale sia l’origine la macchia presenta delle caratteristiche specifiche e abbastanza riconoscibili.
Inoltre, occorre distingue se si presenta in un edificio di nuova costruzione, di recente costruzione, in un edificio storico o antico-monumentale e se si tratta di una condizione cronica, acuta o patologica.
Le condizioni croniche sono quelle nelle quali la presenza della macchia di umidità è ricorsiva nel tempo, ovvero nonostante interventi edilizi di rimozione della muffa, dello strato di intonaco, nonostante si sia utilizzati intonaci traspiranti, vernici antimuffa, biocidi etc. la muffa continua a ripresentarsi periodicamente e, quasi sempre, negli stessi punti.
Rientrano in questa casistica le macchie di umidità dovute alla formazione di condensa superficiale per errata gestione della ventilazione degli ambienti oppure per errori nella progettazione e nella costruzione, quali la presenza di ponti termici, discontinuità dell’isolamento termico, travi pilastri, errata posa in opera degli infissi. La condizione cronica può presentarsi anche nella nuova costruzioni alla prima stagione invernale, e non è un buon segno.
La condizione acuta si ha quando la macchia di umidità si presenta casualmente e, una volta individuato il danno e rimosso, il problema è risolto. In questi casi la macchia di umidità è dovuta a un problema specifico, a un guasto degli impianti idraulici, di adduzione o di scarico, oppure un danno negli strati impermeabilizzanti delle coperture, oppure di terrazzi o balconi, per deterioramento dello strato impermeabilizzante nel tempo o a seguito di lavorazioni specifiche.
La condizione acuta si può presentare in tutti gli edifici, nuova costruzione, esistenti, antichi o storici, e si presenta, come ogni guasto, dopo che ha provocato danni evidenti.
La condizione patologica si ha quando la macchia di umidità è dovuta a condizioni persistenti quali l’umidità da risalita capillare oppure la formazione di efflorescenze saline in facciata o simili, e costituisce una condizione con la quale occorre convivere perché non è possibile rimuoverla a meno che non si svolgono interventi strutturali e importanti.
Tale condizione è comune negli edifici storici e antichi, alcune volte può essere presente solo il danno, oppure negli edifici di nuove costruzioni con alcune soluzioni tecnico costruttive quali, ad esempio, l’uso di mattoni a vista o rivestimenti di facciata in laterizio o in ceramica in prossimità di luoghi con specchi d’acqua, fiumi o il mare.
Le fasi dell’acqua
Il fenomeno è dovuto alle proprietà e al comportamento dell’acqua nelle sue tre fasi: solida, liquida e gassosa o vapor d’acqua.
La fase solida si ha in rari casi, per fortuna, ovvero quando la formazione di condensa interstiziale (tra i vari strati che compongono una muratura o un solaio di copertura) porta alla formazione di un film liquido (un sottilissimo strato d’acqua) che quando durante la stagione invernale raggiunge temperature al di sotto degli zero gradi centigradi, solidifica e diventa ghiaccio comportando un amento di volume e un danno meccanico tra gli strati. Quanto la condensa interstiziale avviene tra l’intonaco e il laterizio o lo strato portante l’intonaco mostra delle crepe e dei rigonfiamenti, delle bolle e distaccamenti d’intonaci dovuti proprio a questa azione meccanica. Il fenomeno si riscontra più frequentemente negli edifici esistenti, storici e, a volte, anche in quelli monumentali se abbandonati.
La fase liquida può presentarsi sotto diverse forme: ad esempio può essere l’acqua che attraverso un foro o una breccia dello strato impermeabilizzante della copertura o di un balcone o di un terrazzo, oppure dall’intasamento di gronde o pluviali, oppure l’acqua che fuoriesce da una perdita dell’impianto di distribuzione dell’acqua o dell’impianto di scarico (più raramente). In questi casi la difficoltà è trovare l’origine del danno che può essere fatta in maniera artigianale, ad esempio aprendo i rubinetti o versando secchi d’acqua sul tetto per vedere se e dove “zampilla” l’acqua o la macchia di umidità si bagna. In altri casi si adottano strumenti per la ricerca del rumore dell’acqua all’interno della struttura.
Si tratta di una ricerca con livello di difficoltà "Indiana Jones" perché quando l’acqua infiltra le strutture segue percorsi non lineari e la macchia può apparire anche lontano dalla sua origine. In questi casi, una volta individuato il problema (perdita impianto o della breccia nello strato impermeabilizzante) è sufficiente risolvere il danno perché il problema non si ripresenti mai più.
Altra condizione di acqua nella fase liquida si ha nell’umidità da risalita capillare. I materiali da costruzione, laterizi, intonaci, legno, sono per la maggior parte igroscopici e favoriscono la risalita capillare dei liquidi. La capillarità è una caratteristica di tali materiali e consiste nella presenza, all’interno del materiale, di vuoti o tubicini di ridotte dimensioni sottili e inferiori a quello di un capello. Tale condizione comporta il fenomeno di imbibizione: il materiale viene a contatto con dell’acqua e per i fenomeni di coesione, adesione e tensione superficiale, l’acqua sale lungo i tubicini (i capillari).
L’altezza della risalita è direttamente proporzionale alla tensione superficiale della sezione dell’acqua all’interno del capillare e inversamente proporzionale alla densità e al raggio del capillare: minore è il raggio del capillare maggiore è l’altezza della risalita all’interno del materiale (legge di Jurin).
La capillarità è un fenomeno fisico attinente alla meccanica dei fluidi e non dipende né da equilibri elettrolitici, osmosi o altri fenomeni spacciati come quantistici. In presenza di umidità da risalita occorre individuare e, se possibile, rimuovere la fonte d’acqua dalla quale “pescano i capillari” in genere il terreno, le falde, pavimenti a contatto diretto con il terreno o ristagni in prossimità dell’edificio. Dato che non sempre è possibile agire realizzando separazioni tra la continuità della struttura umida e le fondamenta ad esempio con vespai, cortine o soluzioni simili, questa condizione può presentarsi come condizione patologica che è possibile gestire per evitare che comporti danni alla struttura o all’ambiente, ad esempio mediante la frequente ventilazione dei locali.
Il segno caratteristico è la linea o cresta della macchia di umidità a circa un metro, a volte anche di più, dal pavimento con il segno delle efflorescenze salina, una sorta di “bava bianca” dovuta alla evaporazione dell’acqua durante la stagione estiva e alla permanenza del sale che, appunto, fuoriesce dalla struttura.
In ultimo la fase liquida può essere presente come film sottile interstiziale tra uno strato e l’altro della struttura edilizia, in questi casi, se tale condizione persiste per lunghi periodi, l’acqua si lega alla calce o alla malta, provocando fenomeni di dilavamento dell’intonaco con conseguente ceduta meccanica con segni caratteristici quali crepe, bolle o sfarinamenti.
Quando la condensa interessa lo strato isolante ne provoca il deterioramento delle proprietà termofisiche (conduttività), meccaniche (ad esempio il pannello isolane verticale non più autoportante e “cade”) o la formazione di muffe batteri altri danni. A differenza delle precedenti, tale tipologia di danno cronico non è visibile a occhio nudo e, generalmente, è un tipo di danno che si verifica a seguito di interventi edilizi. In questi casi occorre risolvere il problema della condensa.
La fase vapor d’acqua è la condizione comune di presenza dell’acqua all’interno degli edifici come umidità dell’aria, in termini fisico-tecnici si parla di umidità assoluta o titolo (vapor d’acqua in fase vapore contenuto per chilogrammo di aria secca, gv/kg) o umidità relativa (rapporto tra la pressione del vapor d’acqua nella fase vapore e pressione del vapor d’acqua se fosse saturo ovvero all’inizio della fase liquida, espressa in percentuale).
L’aria all’interno degli edifici è più o meno umida o secca, e la sua concentrazione incide sul comfort: un ambiente con alti valori di umidità relativa viene percepito come malsano perché “umido”, viceversa un ambiente con bassi valori di umidità relativa (minori 30%) viene percepito come ambiente “secco”, con la sensazione di “secchezza delle fauci” o, più banalmente, sete.
La maggiore o minore presenza di vapore d’acqua può essere a diverse origini quali, ad esempio, la cottura dei cibi (vapore di cottura), la pulizia dei locali, il bagno o la doccia, e simili condizioni normali che aumentano l’umidità relativa.
La quantità di vapor d’acqua presente nell’aria può essere ridotta o alzando la temperatura, condizione che comporta una vaporizzazione del vapor d’acqua riducendo l’umidità relativa, oppure mediante la ventilazione degli ambienti o da una azione combinata.
Il vapore d’acqua può attraversare i materiali da costruzione in relazione alla loro “permeabilità al vapore” o “resistenza al passaggio del vapore” valore caratteristico dei materiali da costruzione e che esprime quanto il materiale “resiste” al passaggio del vapore. Ad esempio, nel caso di laterizi o intonaci la resistenza al vapore ha un valore, in genere, pari a 10 mentre per materiali resistenti al passaggio del vapore, come le barriere al vapore, tale valore può essere anche maggiore di 50.000.
Il passaggio del vapore d’acqua attraverso le chiusure edilizie (solai, pareti, etc.) segue la legge di Flick e dipende dalle caratteristiche dei materiali, dalla stratigrafia (disposizione dei diversi strati e isolanti) e dalla differenza della pressione del vapore tra l’interno e l’esterno. Senza volere entrare nelle formule per il calcolo della pressione del vapore all’interno della chiusure edilizie, per le quali si rimanda alla norma UNI EN ISO 13788 “Prestazione igrotermica dei componenti e degli elementi per edilizia - Temperatura superficiale interna per evitare l'umidità superficiale critica e la condensazione interstiziale - Metodi di calcolo” l’importante è sapere che il passaggio del flusso di vapore all’interno di una chiusura edilizia dipende dalla temperatura dei diversi strati e dalla pressione del vapor d’acqua.
Per le proprietà fisiche dell’acqua a ciascuna temperatura corrisponde una pressione del vapore di saturazione dell’acqua, ovvero una pressione alla quale il vapore diventa liquido (condensa); se la pressione del vapor d’acqua che attraversa la chiusura edilizia è superiore a tale pressione di saturazione allora si ha condensa, che può essere interstiziale (fase liquida descritta sopra) o superficiale. Nel caso di condensa superficiale si forma un film d’acqua che bagna la superficie e può diventare terreno di coltura per muffe, batteri e relativi danni.
La condensa del vapor d’acqua è una condizione cronica, che può ripresentarsi periodicamente e dipende:
- dalla concentrazione di vapor d’acqua all’interno dell’ambiente, per questo è bene ventilare i locali e dalla sua temperatura (le stanze “fredde” presentano questi danni);
- dalla temperatura dell’ambiente, dalle caratteristiche di isolamento della struttura e dalla continuità dell’isolamento (ponti termici, discontinuità);
- dalla resistenza al vapore dei materiali della chiusura edilizia.
Le soluzioni per risolvere il problema possono prevedere una diversa gestione dei locali, ad esempio aumentando la ventilazione o la temperatura, oppure il calcolo del diagramma di Glaser e della condensa superficiale secondo la UNI EN ISO 13788, per individuare come aumentare l’isolamento termico o modificare le stratigrafie così da aumentare le temperature parziali dei diversi strati e ridurre il rischio di condensa.
La valutazione a occhio
Una volta descritte le tre condizioni di umidità - cronico, acuto patologico - e le fasi dell’acqua possono essere utili alcuni semplici consigli su come riconoscere a occhio il tipo di macchia di umidità.
L’anamnesi può prevedere due fasi: una visiva, si guarda come è fatta la macchia, e l’altra a contatto, si tocca la parete o il solaio.
Quando la macchia di umidità si presenta come una linea continua con leggere sfumature come le onde del mare sul bagnasciuga, con un leggera macchia o linea biancastra può essere dovuta a umidità da risalita; appoggiando il palmo della mano poco sotto può risultare bagnata o con una temperatura inferiore rispetto al muro secco, in questo caso la risalita capillare è in atto e, in genere, la macchia è più scura verso il pavimento.
Se, invece, al contatto con la mano non è bagnata o “più fredda” allora le ragioni possono essere due: la stagione è secca (estate) o non è piovuto di recente, quindi il terreno (da dove pesca l’acqua) non è bagnato o c’è poca acqua, oppure era una condizione pre-esistente che è stata rimossa.
Quando la macchia si presenta con un colore scuro omogeneo e con una forma irregolare, non segue il muro è oblunga o segue una direttrice principale, è bagnata o addirittura gocciola, può essere sia in presenza di connessione muro-solaio sia al centro del muro o del solaio, è possibile che sia una macchia dovuta a un guasto o rottura di un impianto oppure dello strato impermeabilizzante. Se è dovuto all’impermeabilizzazione la macchia si ripresenta ogni volta che piove; se, invece, è dovuta agli impianti si presente in maniera discontinua, risulta quasi sempre bagnata.
Quando la macchia si presenta con un colore di diverse gradazioni di grigio e concentriche, ad esempio con gli aloni come una macchia di vino sulla tovaglia, è probabile che sia una macchia di umidità dovuta a condensa superficiale, perché segue l’andamento stagionale della temperatura esterna e, al tocco, risulterà sempre secca d’estate e con la presenza di muffa o un accenno di muffa durante i mesi invernali.
In genere questa macchia segue le connessioni muro-solaio, i ponti termici, gli angoli e vertici delle stanze, in particolare quelle meno usate durante la giornata come le camere da letto, oppure può presentarsi lungo il profilo del telaio delle finestre o del cassonetto, oppure nella nicchia dei radiatori, anche in cucina o in bagno, locali dove vi è maggiore produzione di vapor d’acqua.
Il primo consiglio è quello di ventilare i locali, lasciando una leggera apertura “spiffero” anche per evitare i danni dovuti alla presenza della muffa, oppure, se possibile riscaldando i locali durante le giornate più fredde anche se non usate, oppure intervenendo sull’edificio. In genere, quando l’appartamento è all’ultimo piano, questo tipo di macchie viene scambiato con macchie dovute a danno della impermeabilizzazione, perché sono in corrispondenza del tetto, il modo per verificare se sono effettivamente dovute a danni del tetto è toccare per verificare se sono leggermente bagnate anche quando non piove. In ultimo, se possibile, agire sulla stratigrafia aumentando l’isolamento termico oppure con una barriera al vapore.
Le macchie di umidità possono anche essere causa di contenzioni legali, i quali, almeno per esperienza personale, possono costituire una fertile occasione di divertenti aneddoti sulla non comprensione del fenomeno (come ritenere “normale” la presenza di un chilo d’acqua di condensa perché così risultava dai calcoli).
La presenza di umidità all’interno degli edifici è una tra le più comuni richieste per danni al costruttore o al progettista, in particolare, ovviamente, se l’edificio è nuovo o di recente costruzione. Gli accorgimenti di cui sopra possono essere utili per decidere come indagare il tipo di danno e valutare quali interventi realizzare.
Patologie Edili
La patologia edile è una disciplina tecnica che si occupa dell'analisi, diagnosi e risoluzione dei difetti e dei danni nelle costruzioni. Questi problemi possono riguardare diversi aspetti strutturali e funzionali degli edifici, inclusi difetti di impermeabilizzazione, fessurazioni, umidità, degrado dei materiali e molto altro.
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