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Uscire dalla Transizione Digitale: le Premesse per l’Ingresso nell’Ecosistema

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Nel momento in cui la maggior parte degli operatori del settore della costruzione e dell’immobiliare si accinge, con grande fatica, ad aderire all’ecosistema digitale, può apparire paradossale, nel senso etimologico del termine, preoccuparsi dalla fuoriuscita degli stessi dalla transizione digitale, che, avendo, oltre a tutto, scoperto un vaso di pandora, appare di incerta datazione.

D’altro canto, Lorenzo Bellicini non smette giustamente di osservare come, negli ultimi anni, a seguito della crisi strutturale del comparto, ben nota, e di altre transizioni (circolare, climatica, sostenibile, e così via), lo scenario del mercato sia già profondamente mutato.

Se, inoltre, il viatico per la sfida digitale sembra passare obbligatoriamente dal «BIM», per le punte più avanzate del settore le sue «aperture», dalle Application Programming Interface ai Linked Data, dai Common Data Environment ai Digital Twin, fanno sì che le prospettive di dilatino enormemente: letteralmente.

Occorre, perciò, ammettere che se, all’Università degli Studi di Brescia, dall’Edificio Cognitivo e dal Gemello Digitale si è passati ai Facilitatori Comportamentali e ai Contratti Esistenziali è perché si è compreso che il passaggio digitale ha una connotazione, in ultima analisi, radicale, non già incrementale, nel senso che crea un divario, uno chasm, un abisso, tra coloro che si limitano a coglierne la natura strumentale e coloro che, al contrario, ne percepiscono il carattere essenziale.

Non è un caso, lo si ripete spesso in queste occasioni, che la traslazione operata da Google, a proposito della Home, tra Smart e Helpful segni un momento cruciale.

D’altronde, ancora recentemente Jennifer Schooling, a Cambridge, osservava in che misura la dizione Smart City non potesse che essere un mezzo occasionale rispetto a un fine altro.

Qui la scommessa è comprendere se possa esservi una «via europea», dall’intelligenza meno centralizzata e più distribuita, alla creazione di valore, auspicata dalla Mazzucato, basata sui dati comportamentali, come li definisce la Zuboff, che si differenzi, GDPR a parte, da quella statunitense.

Ben osservava Giovanni Ziccardi, a proposito delle grandi piattaforme americane di gestione dei social media, con riferimento alla libertà di espressione, quanto la cultura, la storia e la tradizione giuridica degli Stati Uniti sia incommensurabile rispetto a quella del Vecchio Continente, sancendo un tratto identitario di quelle Technology Company, a prescindere dai profitti derivanti dal capitalismo della sorveglianza.

Ragionando, dunque, ad esempio di «gemelli digitali» si può, certo, a titolo esemplificativo, ben notare come una specificità del patrimonio del Vecchio Continente, la sua pre-esistenza, in larga misura, costituisca elemento di resistenza nei confronti di una nozione, quella di Digital Twin, di chiara origine manifatturiera, radicata nel Product Lifecycle Management (PLM).

Si può, dunque, intuire il motivo per cui le incognite stiano nella persistenza all’interno della sfera della transizione, intesa come il lungo guado da una sponda all’altra di un corso d’acqua.

Come uscire, pertanto, dalla transizione digitale e, soprattutto, con quali connotati se ne uscirà, non essendo immaginabile un regresso né auspicabile una stasi, negli eventuali vortici situati in mezzo al fiume?

Si è ben consci che la tentazione sia di ridimensionare gli scenari «apocalittici», contentandosi di circoscrivere il fenomeno al «mezzo», ma mai come adesso la gestione dei dati, non solo per i social network, richiede una cultura dei dati in grado di scansare le numerose incognite che la digitalizzazione comporta, o meglio, che i suoi lati oscuri e gli algoritmi nascosti relativi implicano.

Uscire dalla transizione digitale vuol significare, perciò, curarne attentamente l’ingresso, poiché l’accesso massivo degli operatori del settore della costruzione e dell’immobiliare non può avvenire fideisticamente, acriticamente, attraverso una congerie occasionale di ConTech e di PropTech.

Nel momento in cui una nuova forma di capitalismo si prospetta come «minaccia» per la democrazia e instrumentum del potere in politica, non è credibile immaginare che i suoi portati non raggiungano i confini del comparto.

È, infatti, evidente che allorché accezioni come «esistenza», «esperienza», «comportamento», iniziano a essere «connessi» ai cespiti immobiliari (e infrastrutturali), essi contengano una dose non indifferente di ambiguità e, al contempo, dischiudano straordinarie potenzialità.

D’altronde, osservando alcune ipotesi che, ad esempio, alcuni dei GAFAM (Google e Microsoft, in particolare) propongono per la Città Intelligente, appare urgente avviare un tavolo di confronto settoriale tra essi e le istituzioni pubbliche, disegnare luoghi di inter-mediazione, soluzioni condivise: una Via Europea all’Ambiente Costruito?

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