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Vulnerabilità sismica di archi in muratura: uno studio parametrico con approccio cinematico

Dopo una breve rassegna sui metodi di analisi degli archi in muratura sottoposti sia a carichi verticali che orizzontali, si riporta uno studio parametrico preliminare, effettuato attraverso una semplice procedura automatica, finalizzata a valutare il moltiplicatore di collasso dei carichi orizzontali, secondo un approccio cinematico.

I recenti eventi sismici che hanno interessato il territorio italiano hanno evidenziato la fragilità del patrimonio storico-architettonico in muratura, incapace di far fronte a carichi eccezionali. Nello studio del comportamento sismico di edifici monumentali in muratura, l’approccio per macroelementi, per il quale una costruzione può essere analizzata come l’insieme delle sottostrutture che la compongono, risulta senz’altro essere quello ottimale.

Con riferimento a tale metodo, la presente memoria analizza la capacità sismica di archi in muratura. Grazie ad una procedura automatica sviluppata dagli autori, con la quale è possibile valutare il moltiplicatore di collasso dei carichi orizzontali secondo un approccio cinematico, sono state eseguite una serie di analisi parametriche sul campione considerato. In particolare, variando alcune caratteristiche geometriche fondamentali degli archi ed il carico verticale agente, lo studio ha portato alla definizione di abachi tipologico-strutturali per una valutazione preliminare, senza ulteriori analisi specifiche, della risposta sismica di un arco sottoposto a carichi sismici.


Lo studio si rivolge in particolare alla conservazione dei beni ecclesiastici

Il presente studio si colloca nel contesto più ampio di conservazione e protezione del patrimonio culturale esistente, con particolare riguardo alla valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici storici in muratura e, più in particolare, dei beni architettonici ecclesiastici.

Stante l’inestimabile valore artistico e culturale da cui esso sono contraddistinti, nonché la loro diffusione sul territorio italiano, la vulnerabilità sismica dei beni architettonici in muratura costituisce senz’altro un tema di primaria importanza in Italia. Nel corso dei secoli infatti, data la loro complessità strutturale, la natura altamente eterogenea del materiale e le caratteristiche intrinseche degli elementi costitutivi, le strutture murarie hanno subito moltissimi danni, spesso irreversibili e talvolta fino al collasso, ciò principalmente a causa dei numerosi eventi sismici che hanno interessato il territorio italiano.

Nell’ambito dei numerosi studi sulle chiese, le ricerche condotte a partire dall’osservazione dei danni occorsi dopo gli eventi sismici dell’Umbria e delle Marche nel 1997 e del Molise nel 2002, hanno dimostrato che i meccanismi di danno sismico in queste strutture presentano caratteristiche ricorrenti. Tale asserzione ha portato, nell’ambito di analisi speditive del danno e nel campo delle predizioni a larga scala, alla definizione di parti strutturali dell’edificio interessate da meccanismi di collasso indipendenti l’uno dall’altro (Lagomarsino e Podestà 2004a, Lagomarsino e Podestà 2004b).

La valutazione della vulnerabilità sismica condotta con un approccio per macroelementi (definibili come parti strutturalmente autonome) è oggi largamente riconosciuta in letteratura, non solo perché effettivamente rappresentativa del comportamento sismico atteso nelle chiese in muratura, ma anche perché connessa all’impiego di metodologie semplificate, reiterabili a scala territoriale su popolazioni omogenee di chiese (Calvi et al 2006).

Le analisi territoriali condotte dal gruppo di ricerca all’indomani dei terremoti de L’Aquila (2009) e del Centro Italia (2016-2017) su insiemi omogenei di chiese in muratura hanno evidenziato un’elevata frequenza di attivazione dei meccanismi connessi ad archi e volte ed un livello di danneggiamento strutturale maggiore rispetto a quello di altri macroelementi (De Matteis et al 2016, De Matteis e Zizi 2019, De Matteis et al 2019).

A riprova di tale considerazione, in Figura 1 sono riportate le percentuali di presenza dei vari meccanismi di danno e le relative percentuali di attivazione in riferimento a due specifici insiemi omogenei di chiese danneggiate in seguito agli eventi de L’Aquila (64 chiese a tre navate) e del Centro Italia (68 chiese ad una navata); si può facilmente osservare che, ampiamente diffusi, archi e volte presentano tra le maggiori percentuali di attivazione dei meccanismi correlati.

Attesa dunque la loro vulnerabilità, è importante sottolineare che le strutture voltate svolgono un ruolo cruciale nella sicurezza globale di una struttura in muratura, sia in termini di ridistribuzione dei carichi agli elementi verticali, sia in termini di contributi di rigidezza. Pertanto, un loro eventuale danneggiamento, in seguito a uno scuotimento sismico, può seriamente compromettere la stabilità dell’intera costruzione. Ne consegue che l’accurata valutazione della loro capacità sismica, unitamente ad una buona conoscenza del comportamento strutturale e dei relativi possibili meccanismi di collasso, sono elementi essenziali per le analisi di natura strutturale, oltre che per la pianificazione di adeguate strategie di intervento.

Le analisi strutturali basate esclusivamente su modelli teorici e numerici risultano difficilmente generalizzabili se non supportate da test sperimentali (De Matteis e Mazzolani 2010), i quali possono fornire un contributo efficace alla calibrazione e interpretazione dei risultati. Tuttavia, sebbene l'uso combinato di metodi analitici, numerici e test sperimentali possa rappresentare l'approccio più adatto, la definizione di metodi semplificati affidabili e facilmente applicabili per la valutazione strutturale risulta più appropriata dal punto di vista computazionale, ovvero meno onerosa in termini di tempo (De Luca et al. 2004, Rouhi et al 2019).

In questa memoria, dopo una breve rassegna sui metodi di analisi degli archi in muratura sottoposti sia a carichi verticali che orizzontali, è riportato uno studio parametrico preliminare, effettuato attraverso una semplice procedura automatica sviluppata dagli autori, finalizzata a valutare il moltiplicatore di collasso dei carichi orizzontali, secondo un approccio cinematico. In particolare, variando alcune caratteristiche geometriche fondamentali (raggio, eccentricità, spessore) ed il carico verticale degli archi nel campione considerato (sette modelli di arco con sesto da semicircolare ad acuto ribassato, equilatero e lanceolato), lo studio ha portato alla definizione di abachi tipologico-strutturali per una valutazione speditiva, senza ulteriori analisi specifiche, della risposta di un arco in muratura sottoposto a carichi sismici.

 

Vulnerabilità sismica di archi in muratura: uno studio parametrico con approccio cinematico

 

L'analisi strutturale degli archi in muratura

Cenni storici

Il comportamento statico dell’arco in muratura, inteso come sistema portante definito da una superficie voltata che scarica su due piedritti, è strettamente legato alle caratteristiche geometriche adottate, oltre che agli aspetti derivanti dalla qualità dei materiali e dalle tecniche di assemblaggio adottate.

Gli antichi costruttori, ben consapevoli dell’importanza di un sistema in equilibrio, si affidavano a metodi di progettazione empirici che regolavano perlopiù le proporzioni geometriche.

Già Vitruvio (trad. 1790), nel suo trattato De Architectura risalente al I secolo a.C., aveva dimostrato di conoscere l'effetto spingente dell'arco, sottolineando l'importanza di un corretto dimensionamento dei piedritti. Tale intuizione continuò a governare i principi costruttivi: dalle regole empiriche diffuse tra i capomastri medievali, fino alle intuizioni di Da Vinci (1495-1497). Leonardo illustrò una condizione di stabilità per l'arco in muratura, indicando la necessità di avere una linea delle pressioni contenuta interamente nella sezione dell'arco.

Anche in assenza di una vera e propria teoria dimostrabile e riproducibile, il problema della spinta iniziò ad essere centrale nella comprensione del comportamento degli archi. Con l’affiorare degli studi tipologici nei grandi trattati di architettura del XVI secolo, il problema venne esteso alla ricerca della vera forma.

Fu Robert Hooke a teorizzare per primo l’analogia tra una catena sospesa alle due estremità e sottoposta a trazione, e un arco rigido capovolto, sottoposto a compressione, per il quale la catenaria è funicolare dei carichi.

A partire dalla fine del XVII secolo, con l’affermarsi degli studi sulla meccanica, si ebbero i primi schemi strutturali e modelli di calcolo degli archi in muratura; per un approfondimento delle teorie di seguito descritte, si rimanda alle ampie trattazioni di Heyman (1972), Benvenuto (1991) e Di Pasquale (1996).

 

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Articolo tratto dagli atti del XVIII Convegno ANIDIS - Ascoli Piceno 2019

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