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Ristrutturazione edilizia pesante con permesso di costruire e rispetto delle distanze: ecco quando

In un recente parere, il Consiglio di Stato chiarisce il confine tra ristrutturazione edilizia "ordinaria" e ristrutturazione edilizia "pesante", che determina una diversa classificazione dell'intervento stesso e, di conseguenza, del titolo edilizio necessario nelle frequenti opere di intervento sul costruito.

NB - il parere è stato reso tenendo presenti le norme del dpr 380/2001 (Testo Unico Edilizia) precedenti alle innovazioni introdotte del primo DL Semplificazioni (76/2020).


Nuova costruzone o ristrutturazione edilizia?

L'oggetto del contendere è rappresentato dalla sospensione dei lavori, assentiti con SCIA, per la realizzazione di una “Ristrutturazione-ampliamento edificio di civile abitazione”.

Questi lavori di ristrutturazione e ampliamento prevedevano, tra l’altro, l’ampliamento dell’attuale lavanderia (+ mq. 6,12 - + mc. 22,93) con formazione di tetto piano, non comportanti aumento di superficie coperta in quanto realizzato all’interno dell’ingombro dell’edificio attuale.

Tale intervento inoltre non subiva alcuna modificazione, sviluppandosi l’ammesso e modesto ampliamento volumetrico in linea orizzontale e non in altezza, senza incremento di superficie coperta in quanto già coperta da corte pavimentata.

Dopo la richiesta di integrazione documentale da parte del Comune, il quale aveva segnalato la realizzazione di un sopralzo che avrebbe richiesto, in assenza di convenzione con il privato confinante, il rispetto della distanza di metri 5 dal confine, il proprietario aveva reso chiarimenti, segnalando che l’intervento integrava una ristrutturazione edilizia e non urbanistica, per la quale valeva l’allineamento dell’edificio preesistente.

Nonostante tutto questo, però, il comune intimava la sospensione dei lavori, confondendo - secondo il ricorrente - il concetto di nuova costruzione con quello di ristrutturazione urbanistica ed edilizia.

Per questo, il proprietario ricorreva al Presidente della Repubblica per l'annullamento del provvedimemto comunale e il MIMS chiedeva al Consiglio di Stato di sbrogliare la matassa.

Ristrutturazione edilizia pesante con permesso di costruire e rispetto delle distanze: ecco quando

Nel dettaglio dell'opera

Il ricorrente evidenzia che il modesto ampliamento previsto, tra l’altro urbanisticamente consentito, lascia inalterata la qualificazione dell’intervento come ristrutturazione edilizia, non potendo lo stesso integrare una nuova costruzione, non effettuandosi una costruzione ex novo né interventi radicali determinanti una diversa collocazione dei volumi edilizi; rilevando, altresì, che la costruzione, già sormontava quella del vicino di circa 20 cm. e l’incremento di altezza previsto, rispetto alla preesistenza, non supera i 10 cm., con il piano di calpestio della copertura inibito all’uso e non costituente terrazza.

Tra l’altro, la classificazione dell’intervento, costituente ristrutturazione edilizia, va effettuata tenendo conto dei lavori nel loro complesso e non può riguardare solo una parte di essi (nella specie, l’ampliamento).

Secondo il ricorrente, era quindi possibili applicare la norma delle NTA che impone il rispetto delle distanze preesistente in caso di ristrutturazione.

 

L'esatta qualificazione giuridica dell’intervento oggetto della SCIA

Secondo Palazzo Spada, l’intervento edilizio come sopra descritto rimane nell’ambito della ristrutturazione edilizia e non può, nel suo complesso, essere considerato quale intervento di nuova costruzione.

Vi è, invero, che l’opera progettata amplia, in lunghezza ed in altezza, il precedente locale ripostiglio.

L’area di sedime resta, salvo l’ampliamento in orizzontale, la medesima e due delle pareti originarie non risultano oggetto di demolizione e ricostruzione, conservandosi pure l’originaria destinazione a ripostiglio del manufatto.

La modifica della sagoma, dell’altezza, dei prospetti e del volume della originaria costruzione, peraltro, non consentono di qualificare l’intervento come ristrutturazione edilizia ordinaria, prevista dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del DPR n. 380 del 2001, rientrando invece lo stesso nella diversa categoria della ristrutturazione edilizia “pesante”, contemplata dall’articolo 10 del testo unico dell’edilizia.

 

Attenzione: le regole da applicare sono quelle 'precedenti' al DL Semplificazioni!

La richiamata lettera d) dell’articolo 3, nel testo vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato - e cioè, bisogna evidenziarlo, prima dell'entrata in vigore del DL 76/2020 cd. Decreto Semplificazioni 1 - (cui è necessario fare riferimento, dovendo la verifica di legittimità dell’atto amministrativo essere effettuata sulla base del dato normativo vigente all’epoca della sua emanazione), dispone che rientrano nella ristrutturazione edilizia “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica…”; precisandosi, altresì, che “Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia solo ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.

Dalla lettura della disposizione emerge chiaramente come non rientrino nella nozione di ristrutturazione urbanistica “ordinaria” tutti quegli interventi edilizi sulle preesistenze che comportino incrementi volumetrici e, nelle zone vincolate (come quella in esame, per come emerge dall’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune con atto n. 429/2019 del 18-2-2020), quelli che comportino modifiche della sagoma degli edifici.

L’articolo 10 del TUE (nella formulazione vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato) prevede, invece, che “Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: …c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti…nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.

Da tale norma è dato di ricavare la sostanziale assimilabilità dell’intervento di ristrutturazione edilizia caratterizzato da incrementi volumetrici ovvero di sagoma e prospetti a quello di nuova costruzione, quantomeno per le porzioni che costituiscono un novum rispetto alla preesistenza.

Ne deriva che quando l’intervento edilizio sulla preesistenza modifichi quest’ultima con riferimento ai parametri urbanistico-edilizi sopra evidenziati, l’opera in relazione a questi ultimi deve essere valutata come una innovazione rilevante in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio ed è soggetta, per le parti di interesse, alle regole generali che presidiano e disciplinano l’edificazione sul territorio comunale.

Sicchè la realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” restano assoggettati al previo rilascio del permesso di costruire e soggiacciono al regime delle distanze previsto dalla normativa urbanistica.

Il Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, IV, 2-4-2019, n. 2163; IV, n. 5466/2020) ha, invero, chiarito che, indipendentemente dalla qualificazione di un intervento in termini di ristrutturazione o di nuova costruzione, nell’ipotesi in cui un manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte poiché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare le norme sulle distanze; precisandosi, altresì, che la distanza preesistente può essere conservata quando ci si contenga nei limiti preesistenti di altezza, volumetria e sagoma dell’edificio, mentre si ha un novum e, dunque, una nuova costruzione per ciò che eccede (cfr. Cons. Stato, IV, 12-10-2017, n. 4728).

In definitiva, emerge chiaramente che ove l’intervento edilizio di ristrutturazione comporti incrementi volumetrici ovvero modifiche della sagoma, che si realizzino, come nella fattispecie in esame, nell’incremento dell’altezza del preesistente manufatto e nella realizzazione di una copertura piana in luogo di quella originaria inclinata, tali parti, connotate da innegabili profili di novità rispetto alla preesistenza, soggiacciono al limite delle distanze e non possono essere assorbiti dalla regola della mera osservanza delle distanze preesistenti applicabile alla porzione di edificio originaria.

Le considerazioni innanzi svolte evidenziano, pertanto, che il corretto inquadramento dell’intervento edilizio del ricorrente si palesa in termini di ristrutturazione edilizia “pesante”.

 

Cosa è cambiato col DL Semplificazioni

Per completezza, segnaliamo che l'avvento DL 76/2020 - in vigore dal 17 luglio 2020 - ha modificato con l'art.10 i margini di operatività della ristrutturazione edilizia, che oggi si definisce:

  • pesante, e assentita con permesso di costruire o Scia, è l'intervento da cui scaturisce un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, laddove è modificata la volumetria complessiva ;
  • leggera, invece, è la ricostruzione di un edificio preesistente, come in questo caso, a condizione che si possa individuare l'immobile preesistente nei tratti costruttivi, sostanziali e funzionali. Questo, qui, è possibile grazie alle foto depositate agli atti, che consentono di identificare il fabbricato nei suoi connotati essenziali.

Ristrutturazioni edilizie, distanze, demolizione e ricostruzione: le novità del DL Semplificazioni ai raggi x

Tutte le novità apportate dall’art.10 del DL Semplificazioni agli articoli 2-bis e 3 del Testo Unico, DPR 380/2001


In pratica, il DL Semplificazioni, andando a modificare gli art. 2-bis e 3 del Testo Unico Edilizia, DPR 380/2001, sotto questi aspetti:

  • ristrutturazioni edilizie "ampliate";
  • modifica dei soli prospetti con SCIA;
  • distanze per gli interventi di ricostruzione o demolizione.

La vicenda di cui sopra, pertanto, avrebbe probabilmenre assunto connotati diversi se fossimo stati nel 'periodo normativo' post DL 76/2020. Ma questa è un'altra storia...


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