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Abusi edilizi: impossibile la fiscalizzazione con multa al posto della demolizione in caso di violazione sismica

Tar Toscana: nessuna "sanatoria" ex art 38 del Testo Unico Edilizia è conseguibile per gli abusi consistenti (anche) nell'inosservanza della normativa antisismica, e come tali, inevitabilmente destinati alla demolizione.


Non è possibile 'fiscalizzare' l'abuso edilizio (cioè sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria) se c'è anche inosservanza della normativa antisismica.

Lo afferma il Tar Toscana nella recente sentenza 835/2022 del 20 giugno, che tratta proprio del rapporto tra fiscalizzazione ex art. 38 del dpr 380/2001 e violazione sismica e che ci è stata segnalata dall'Ing. Mauro Federici, che ringraziamo come sempre per la collaborazione.

Abusi edilizi: impossibile la fiscalizzazione con multa al posto della demolizione in caso di violazione sismica

Ampliamento dell'immobile: il caso

Si dibatte sul diniego alla richiesta di applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione o rimozione già comminata per la realizzazione di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire ai sensi dell'art. 34 del dpr 380/2001.

L'appellante aveva chiesto all’amministrazione comunale di commutare la sanzione demolitoria in pecuniaria, ai sensi dell’art. 38 del dpr 380/2001, stante l’impossibilità di procedere alla riduzione in pristino documentata attraverso apposita relazione tecnica. 


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Assenza del giunto sismico: fiscalizzazione impossibile

Il Comune ha infine respinto l’istanza di “fiscalizzazione” degli abusi evidenziando la mancanza di un “giunto” sismico previsto nel progetto a suo tempo assentito con il permesso di costruire annullato in autotutela, e attestando l’assenza di impedimenti tecnici a eseguire la demolizione senza pregiudizio della porzione legittima del fabbricato. 

Anche secondo il Tar Toscana la decisione è corretta, in quanto: 

  • l’assenza del giunto sismico fra le strutture oggetto del provvedimento e quelle preesistenti, vale a dire di un elemento essenziale di sicurezza e conformità normativa imprescindibile e insuperabile se non attraverso la demolizione delle parti in ampliamento;
  • la pericolosità statica delle opere in ampliamento, che, essendo state realizzate “a contatto” con le opere preesistenti, comporterebbe l’inadeguatezza delle due strutture, soggette al fenomeno del martellamento in caso di eventi sismici;
  • la possibilità di eseguire la demolizione degli ampliamenti senza alcun pregiudizio per la parte preesistente

sono tutte violazioni che non possono portare ad una fiscalizzazione.

Il collegio - peraltro - ha incaricato gli uffici del Genio civile territorialmente competenti di eseguire una verificazione, onde accertare l’attendibilità delle valutazioni comunali con riferimento sia alla effettiva possibilità di eseguire la demolizione degli ampliamenti, sia alla vulnerabilità sismica dell’immobile nell’assetto attuale ed alla pericolosità dell’immobile medesimo a causa della difformità degli ampliamenti dalla normativa antisismica.

Nella sentenza vengono descritte tutte le verifiche effettuate, e viene segnalata la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo il quale la demolizione sarebbe certamente eseguibile per ambedue gli ampliamenti: il verificatore, infatti, soltanto in forma dubitativa – e per uno solo dei due ampliamenti – avrebbe ammesso la praticabilità dell’intervento, mentre per l’altro non vi sarebbero dubbi circa l’impossibilità di procedere al ripristino senza danni per le porzioni legittime dell’edificio. 

 

Le regole per la fiscalizzazione

Il Tar osserva quindi che, in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, e il pagamento della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria.

Il Comune non ha mai posto a fondamento del diniego di fiscalizzazione degli abusi le ragioni che hanno condotto all’annullamento d’ufficio del permesso di costruire, il che non permette di dare ingresso alla tesi difensiva dello stesso Comune secondo cui, in assenza di un affidamento tutelabile del ricorrente, l’art. 38 sarebbe per definizione inapplicabile (il provvedimento impugnato non contiene argomenti implicanti l’inapplicabilità tout court della sanzione pecuniaria a causa della condotta asseritamente decettiva tenuta dall’interessato in occasione della richiesta del permesso di costruire, e introdurre in giudizio tali argomenti equivale a un’inammissibile integrazione postuma della motivazione). 

Benché menzionati nell’istanza di fiscalizzazione del ricorrente e nel provvedimento impugnato, non trovano invece applicazione gli art. 34 d.P.R. n. 380/2001 e 206 l.r. toscana n. 65/2014, che si riferiscono alla diversa ipotesi degli interventi realizzati in parziale difformità dal titolo edilizio.

Il Tar richiama anche la 'famosa' sentenza 17/2020 del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, che dirimendo il contrasto interpretativo insorto in giurisprudenza, ha precisato che i vizi suscettibili di rimozione sono esclusivamente quelli di stampo procedimentale, e non anche i vizi sostanziali del titolo edilizio annullato: diversamente, si finirebbe per “consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica” (così l’Adunanza Plenaria), contro ogni ragionevolezza e contro i principi che presiedono all’attività di governo del territorio. 

 

Il senso dell'articolo 38 

Nel caso di specie, l’interpretazione dell’art. 38 non è messa in dubbio dal ricorrente, le cui difese si sostanziano unicamente nel tentativo di dimostrare l’impossibilità tecnica di eseguire la demolizione degli ampliamenti senza pregiudicare la stabilità del fabbricato preesistente, mentre la causa petendi del ricorso non contiene alcun riferimento a un possibile cattivo uso di discrezionalità amministrativa “pura”. 

Se così è, al pari delle altre ipotesi legislativamente previste di conversione della sanzione ripristinatoria in pecuniaria (artt. 33 co. 2 e 34 co. 2 dello stesso d.P.R. n. 380/2001), anche nel caso dell’art. 38 la conversione ha natura eccezionale e derogatoria alla regola del ripristino, ed è sulla parte privata che incombe l’onere di dimostrare in maniera rigorosa l’obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine di demolizione senza pregiudizio delle porzioni di fabbricato conformi (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2021, n. 3666), tanto più che il pagamento della sanzione pecuniaria comporta la regolarizzazione degli abusi. 

 

La violazione delle norme sismiche porta al divieto di fiscalizzazione

Si arriva qunindi al 'finale', cioè che che gli ampliamenti sono stati realizzati in assenza del “giunto strutturale” previsto dal progetto depositato presso il Genio civile per garantire il rispetto della normativa tecnica in materia di costruzioni in zona sismica (art. 52 d.P.R. n. 380/2001; d.m. 14 gennaio 2008; d.m. 17 gennaio 2018). Né risultano essere stati effettuati interventi di adeguamento strutturale idonei ad assicurare la sicurezza sismica dell’immobile. 

Da questo il verificatore fa discendere che, pur non potendosi esprimere in valori numerici il livello di vulnerabilità sismica dell’edificio legittimo, sia ragionevole presumere che la presenza degli ampliamenti privi del giunto ne riduca il livello prestazionale.

Inoltre, in mancanza di una corretta modellazione e di calcoli strutturali, non si può escludere che il mantenimento degli ampliamenti determini un pericolo attuale per la sicurezza. 

La conclamata violazione della disciplina tecnica antisismica costituisce motivazione concorrente del diniego di fiscalizzazione degli abusi, e si tratta di un profilo insuperabile nella misura in cui non può consentirsi, attraverso il meccanismo di cui all’art. 38 d.P.R. n. 380/2001, la sanatoria di un fabbricato che, per come realizzato, non risponde a quella disciplina inderogabile

In altri termini, la demolizione degli ampliamenti si impone in virtù delle esigenze di sicurezza delle costruzioni che presiedono alla normativa tecnica in materia antisismica e che necessariamente prevalgono sull’affidamento tutelato dall’art. 38, come si ricava, sul piano sistematico, dal fatto che a fronte della violazione di quella normativa tecnica né il legislatore, statale, né quello regionale, ammettono la commutazione o conversione della sanzione demolitoria in pecuniaria (si vedano gli artt. 96 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001, come pure gli artt. 176 e seguenti della l.r. toscana n. 65/2014).

Tra l'altro, in materia di violazione delle norme tecniche antisismiche, le disposizioni di legge appena richiamate attribuiscono ai Comuni poteri di vigilanza, accertamento e segnalazione, ma non di regolarizzazione (ai fini dell’accertamento di conformità di fabbricati abusivi è alla Regione che compete il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria, o dell’attestazione di avvenuto deposito in sanatoria del progetto: art. 182 l.r. n. 65/2014).

Pertanto il rifiuto della fiscalizzazione chiesta dal ricorrente risponde altresì al corretto riparto di attribuzioni fra enti, fermo restando che, a monte, nessuna sanatoria è surrettiziamente conseguibile ex art. 38 d.P.R. n. 380/2001 per gli abusi consistenti nell’inosservanza della normativa antisismica e, come tali, inevitabilmente destinati alla demolizione. 


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