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Appartamenti ante 1967 senza permesso di costruire: quando le prove evitano la demolizione

Se il privato porta a sostegno della realizzazione dell'intervento - privo di permesso di costruire - prima del 1967 elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aerofotogrammetrie, dichiarazioni, ecc.) e il comune fornisce elementi incerti sulla data di realizzazione del manufatto, l'edificio è salvo e non va demolito.

Il frazionamento di alcuni immobili per ottenere due appartamenti, intervento per il quale non è stata richiesta la licenza edilizia e che risale a prima del 1° settembre 1967, si può salvare dalla demolizione? In che modo? Chi deve fornire le prove della risalenza nel tempo? E quale documentazione serve?

Il Tar Campania, nella sentenza 3211/2025 dello scorso 17 aprile, torna su un argomento molto gettonato in edilizia, quello delle opere edilizie ante 1967, che in alcuni, determinati casi, non necessitavano del permesso di costruire per essere realizzati.

 

Interventi edilizi realizzabili senza permesso prima del 1° settembre 1967: in quali casi?

La legge Ponte (765 del 6 agosto 1967), con l'articolo 10 ha modificato l'articolo 31 della legge 1150/1942, estendendo l'obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.

Prima del 1° settembre 1967, quindi, ovviamente con svariate eccezioni figlie di appositi regolamenti comunali che potevano disporre già la necessità del previo ottenimento del permesso di costruire anche in zone fuori dal centro urbano, l'obbligo di licenza edilizia era limitato a zone urbanizzate e centri abitati (nelle aree non regolamentate).


Edifici ante 1967: le prove fornite

I ricorrenti affermano che il fabbricato cui appartengono le predette unità immobiliari risulta edificato, per la parte più antica, molti anni prima dell’approvazione del Regolamento Edilizio di Capri (approvato in data 23 novembre 1929 e successivamente modificato con Delibera del 23 febbraio 1931) e dell’entrata in vigore del R.D.L. n.640 del 1935 (il quale stabiliva l’obbligo di apposita Autorizzazione del Podestà per chiunque intendesse fare nuove costruzioni, ovvero modificare ed ampliare quelle esistenti), mentre, per la restante parte, in virtù della licenza edilizia ad hoc che prevedeva la realizzazione di due unità immobiliari poste al pianterreno e al primo piano.

Che quest’ultimo manufatto contenesse fin dall’origine due distinte unità immobiliari si ricava dal nulla osta della Soprintendenza.

Un ulteriore elemento di prova della esistenza delle distinte unità immobiliari che componevano i due corpi di fabbrica, sarebbe costituito nei contratti di fornitura di energia elettrica stipulati per ciascuno degli appartamenti, e che risalgono al 1938.

 

Il ricorso: demolizione per opera risalente nel tempo

Secondo i ricorrenti, quindi, il Comune avrebbe ingiunto la demolizione per un frazionamento delle unità immobiliari realizzato in epoca certamente anteriore al 1967, allorquando la normativa edilizia non prescriveva il rilascio di alcun titolo abilitativo per tale tipo di intervento.

In ogni caso questo tipo di intervento sarebbe soggetto al regime di cui all'art.3 lett.b) DPR 380/2001 e, dunque, la sanzione prevista dall'art.31 del DPR 380/2001 per gli interventi realizzati in assenza del permesso di costruire non sarebbe applicabile.

 

Il frazionamento dei fabbricati è ante 1967?

Il TAR parte dalla sua analisi evidenziando che la ricorrente sostiene che le unità immobiliari in questione sono sempre state autonome e distinte.

A supporto di tale affermazione ha richiamato diversi elementi. In primis, la circostanza che le due unità immobiliari di sua proprietà (site entrambe al pianterreno) erano comprese originariamente in due distinti corpi di fabbrica realizzati in epoche diverse, uno costruito verso la fine del 1800/inizio 1900 e l’altro realizzato in forza di un’apposita licenza edilizia dell'8/2/1938, mai collegati tra loro.

Il primo immobile era stato oggetto di una perizia di stima e consistenza nella quale si descrivono due appartamenti distinti (completi ciascuno di servizio igienico e di cucina), uno sito al pianterreno, attualmente di proprietà della ricorrente, e l’altro al primo piano dell’edificio, quest’ultimo attualmente di proprietà della di lei sorella.

Il corpo di fabbrica realizzato in forza della licenza edilizia del 1938, pure risulta composto da due distinti appartamenti, come conferma il nulla osta della Soprintendenza del 1965, rilasciato per l’ampliamento di “un appartamento al piano terra”.

 

Opere edilizie ante 1967: è il privato a dover fornire le prove

Il TAR osserva che per costante indirizzo giurisprudenziale, “Con riferimento alla prova che l'immobile è stato edificato in epoca antecedente al 1967 e, in particolare, prima della data di entrata in vigore (1º settembre 1967) della c.d. legge-ponte, legge n. 765 del 1967, che ha introdotto l'obbligo generalizzato di preventivo titolo autorizzatorio per la realizzazione di opere in qualsiasi parte del territorio comunale e, quindi, anche al di fuori del perimetro del centro urbano, deve ritenersi che grava sul proprietario l'onere di provare il carattere risalente del manufatto. Tale onere incombe sul privato a ciò interessato in applicazione del principio di vicinanza della prova, poiché egli è l'unico soggetto a essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto. Ne consegue che solo la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all'epoca dell'abuso trasferisce l'onere della prova contraria in capo all'Amministrazione.” (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 25/09/2024, n.7770).

Più in particolare, la giurisprudenza, tenuto conto della difficoltà di reperire documentazione certa stante il lungo lasso di tempo ormai trascorso dall’entrata in vigore della legge 765/1967, pur ribadendo i suddetti principi ha evidenziato che la regola generale che attribuisce al privato l’onere di provare l’epoca di realizzazione di un’opera“subisce un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967 elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aeorofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione ante 1.9.1967) e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali.” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 2 gennaio 2024, n.1, che richiama Cons. Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3177).

 

Le prove tengono: gli appartamenti sono salvi

Il ricorso è quindi da accogliere: considerato, infatti, che l'intervento contestato non ha consistenza materiale, trattandosi di un frazionamento dell’immobile in più unità immobiliari, senza che siano specificate le opere realizzate a tal scopo, non possono rinvenirsi prove fotografiche dell’epoca della sua realizzazione, mentre, di certo la peculiare genesi dei corpi di fabbrica nei quali gli appartamenti sono collocati e la presenza di un’utenza per ognuna delle unità immobiliari, in data anteriore al 1967, nonché le descrizioni dei medesimi rinvenute nella perizia giurata e dell’autorizzazione paesaggistica, rendono ragionevole ritenere che gli appartamenti siano stati frazionati in un’epoca anteriore al 1967.

In definitiva:

  • il ricorrente ha fornito una serie di elementi coerenti e plurimi in ordine alla risalenza del manufatto ad un'epoca anteriore alla data rilevante invocata (1967);
  • il Comune, nelle proprie difese, non ha specificato in base a quali disposizioni urbanistiche vigenti prima del 1967 il frazionamento di unità immobiliari fosse soggetto al rilascio di un titolo edilizio.

Tutto questo è sufficiente, pertanto, ad escludere la natura abusiva del frazionamento in più unità immobiliari e, dunque, la rilevanza dell’'ntrata in vigore - peraltro sopravvenuta anche rispetto alla data in cui il frazionamento catastale è stato operato - dello strumento urbanistico comunale del 1983 che ha fissato in 75 mq la superficie minima per le singole unità immobiliari e che, in ogni caso, neppure è richiamato nell'ordinanza di demolizione.


LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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