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BIM, industrializzazione edilizia e cultura industriale

 

Dicotomie della Digitalizzazione
 
Alvise Simondetti, nella sua riflessione, intitolata Let BIM unite standardisers and innovators, mi sembra che evochi una dicotomia, ovverossia una dualità sottesa alla Digitalizzazione dell'Ambiente Costruito: Computational Design vs Information Management, Radical Innovation vs Incremental Innovation, General Construction vs Infrastructure, Parametric vs Algorithmic, per dirla con Billal Succar, e così via, invitando a una riconciliazione paziente tra i due poli estremi.
 
In realtà, anzitutto, una chiave di lettura che Alvise mi pare adotti, risulta cruciale, vale a dire, come già osservato da David Ross Scheer, la incommensurabilità tra linguaggi degli Uomini e linguaggi delle Macchine, che, peraltro, avrà profonde ripercussioni sulle competenze che si richiederanno ai Design Team nell'Era della Digitalizzazione e della Servitization.
In secondo luogo, la Standardization a cui accenna Alvise, con riferimento ad alcune esigenze di razionalizzazione del Settore, certamente appare ambigua, poiché, come per i casi citati dallo stesso Simondetti, l'ottimalità, nell'Epoca della Computazionalità e della Simulazione si consegue anche per altre vie, meno omologanti.
Quello che credo qui rilevi è il fatto che, in realtà, l'Informazione riporta in auge la grande questione dell'Industrializzazione dell'Edilizia che, per un secolo, ha tormentato il dibattito culturale architettonico, per quanto questa medesima tematica spesso dagli Architetti sia stata declinata letterariamente più che operativamente, come osservava Carlo Olmo al Collège de France, nel contesto delle riflessioni di Jean-Louis Cohen su Modernità e Modernizzazione.
Architecture et Industrie: un Marriage de Raison, appunto, in cui sono apparentemente coesistiti Claudius-Petit, Le Corbusier, Beaudouin, Camus (Raymond), Blachère, Spinetta, ecc.
In ogni caso, non si dimentichi che, sin da allora, la Pre-Fabbricazione seriale era, in primo luogo, così come oggi, in tempi antitetici, Riproduzione di Informazione e di Conoscenza.
Epperò, la Digitalizzazione (si vedano i Review dei Conservatori e dei Laburisti nel Regno Unito, le Note di France Stratégie, l'intero Programma di Industrie 4.0) e l'Internet of Things pongono il paradigma industriale su un piano differente. Del resto, il Settore delle Costruzioni, forse sino al presente, ha coltivato un immaginario industriale da raggiungere e da emulare spesso non aggiornatissimo.
Per questa ragione, ritengo che la principale debolezza insita nel pensiero degli Standardiser, per dirla con Alvise, stia in una concezione tradizionalista della cultura industriale, rispetto allo strano connubio che si possa creare tra tendenze à la Google e à la Airbus.
Non scordiamo, del resto, che a parte ai riferimenti alla Singaporean Smartness di Alvise, in fondo, la sensazione, per riportare la menzione del BIS e del Cabinet Office di Simondetti, è che, in effetti, ciò a cui pensano Mark Bew e Jeremy Watson, ma anche Terry Hill e Dave Philp, siano, nei Level 3 e 4, Operational & Social Outcome nella fusione tra Smart City e Smart Land.
Per dire di più, in attesa della Strategia su Digital Built Britain, è l'avvicendamento sottolineato da Case Inc. tra Outcome e Process, reso possibile da Data Analytics and Metrics, a rivelare una dimensione inedita della Business Intelligence e del Client and User Centrism sotteso ai Data-Driven Programme e Project.
Di contro, il portato delle idee degli Innovator, come una vasta corrente di pensiero ha messo in luce negli Stati Uniti (da Gerber a Picon, da Deamer a Bernstein, da Kensek a Ross Scheer), risiede forse nel "ritorno" al Master Builder neo-medievale, nel fatto che il rapporto che intercorre tra Design e Digital Fabrication o Additive Manufacturing appaia immediato, non mediato da altri Attori convenzionali.
Ma la sostanza del ragionamento sta, a mio parere, altrove, laddove Alvise cita la Digital Post-Occupancy Evaluation svolta Prima del Construction Stage, ma lo stesso varrebbe per la Simulation of the Users' Behaviours through Game Engines per gli Ospedali, poiché, infine, penso che la Anticipazione e la Contendibilità del Primato Autoriale (vale a dire, in definitiva, l'inversione crono-logica, la collaborazione concomitante di saperi e di responsabilità diverse) sconvolgano la logica abituale del Settore.
Più ancora, Performativity e Operationality dislocano, in effetti, il piano della Progettazione addirittura dalle Prestazioni ai Comportamenti, spostando l'attenzione nel Ciclo di Vita nell'interazione tra le due dimensioni.
È in questo "luogo" che sta, a mio parere, il punto di svolta di una Transizione che potrebbe essere epocale per il Settore, per la Industry, e che renderà probabilmente retoriche alcune istanze sulla Qualità dell'Architettura e sulla sua presunta subordinazione alle logiche di Investitori e di Committenti (e Sviluppatori) e dei Contractor.
La mia impressione è che in Italia vi sia un interesse tardivo per le Archistar, per un individualismo generalista e ripetitivo (laddove altrove cresce il dibattito su Architettura ed Etica, ma anche quello sul Pluralismo Autoriale di Carlo Ratti), corredato da una scarsa comprensione dell'evoluzione che sta subendo la nozione di Prodotto Immobiliare e Infrastrutturale, così come della definizione dei Ruoli, delle Responsabilità e delle Identità.
Il ritardo culturale è preoccupante e, di fatto, inavvertito.