Particolari Costruttivi | Calcestruzzo Armato | Muratura | Rinforzi Strutturali | Interventi strutturali
Data Pubblicazione:

Cordoli in cemento armato: dagli errori del passato ai corretti dettagli ed alternative costruttive

Il cordolo in cemento armato, diffusamente adottato dopo i terremoti degli anni ’70-’80, ha mostrato limiti e criticità nella protezione sismica degli edifici in muratura. L’articolo analizza i dettagli costruttivi corretti e le alternative moderne meno invasive per garantire la sicurezza strutturale.

Ampiamente richiesto dalle norme tecniche del passato ed utilizzato nella gran parte degli interventi di riparazione e ricostruzione dai danni dei terremoti, il cordolo in cemento armato ha dimostrato più limiti che benefici, andando incontro ad una fisiologica revisione che ne riduce l’invasività e ne migliora soprattutto l’efficacia in campo sismico.

La necessità di inserire il cordolo

Dopo i tragici terremoti che hanno colpito il territorio italiano negli anni ’70 (Friuli 1976) e ’80 (Irpinia 1980) la normativa tecnica, soprattutto sotto forma delle circolari di indirizzo alle ricostruzioni delle aree terremotate, provava a dare una risposta all’obiettivo di garantire sicurezza sismica agli edifici in muratura, considerati (non sempre a ragione) maggiormente vulnerabili.

Tuttavia l’approccio tecnico del periodo, frutto anche della progressiva perdita di interesse scientifico riguardo la dinamica delle strutture in muratura a vantaggio della tecnica costruttiva più in voga del cemento armato (c.a.), era prevalentemente prescrittivo.

Non erano ancora state introdotte le complesse modellazioni con software di calcolo, e l’adeguamento sismico delle costruzioni in muratura si esauriva utilizzando il cemento armato in modo standardizzato con «l’introduzione nella muratura di elementi resistenti atti a confinare la muratura e dotarla di duttilità strutturale» (Circolare Ministero LL.PP. 30 luglio 1981 n. 21745).

In sostanza si cercava di adeguare le costruzioni esistenti, pur essendo in muratura, ai principi di calcolo delle nuove costruzioni in c.a.

Tra le prescrizioni da attuare era compresa la «costruzione di cordoli di sottotetto in c.a. per la ripartizione delle forze trasmesse alla muratura dagli elementi strutturali lignei e cerchiatura dell’edificio in sommità» (Circolare Ministero LL.PP. 30 luglio 1981 n. 21745), e di cordoli interpiano (realizzati a tutto o parziale spessore), per legare solai e pareti verso il comportamento scatolare (fig. 1).

 

Schema grafico delle modalità di collasso di edifici in muratura durante eventi sismici: cinematismi fuori piano e perdita di coesione delle pareti.
Figura 1– Effetti dell’assenza o del raggiungimento del comportamento scatolare negli edifici in muratura (Crediti: A. Grazzini)

  

Sebbene l’obiettivo fosse corretto, meno efficace si è rivelato l’utilizzo di tecniche cementizie su strutture murarie molto variegate, spesso di scarsa qualità, non adeguate a equilibrare le difformità con le rigidezze delle protesi cementizie, e a sopportare aumenti di masse sismiche laddove era previsto il sistematico cambio degli originali solai e coperture lignee con nuovi solai in laterocemento.

Osservando il danneggiamento di molti edifici in muratura, si era compreso come legare gli elementi di copertura con le pareti sottostanti potesse contribuire ad una migliore distribuzione dei carichi gravitazionali dalla copertura alle pareti stesse le quali, trovandosi in sommità, risultavano già meno caricate rispetto a quelle dei piani sottostanti e pertanto maggiormente instabilizzabili per effetto di azioni sismiche ad esse ortogonali. Analoga considerazione era stata sviluppata anche per il collegamento dei nuovi solai in laterocemento alle pareti perimetrali: in questo caso l’inserimento del cordolo interpiano risultava maggiormente invasivo perché eseguito in breccia, in cui era «necessario procedere al taglio a forza della muratura» (Circolare Ministero LL.PP. 30 luglio 1981 n. 21745) anche con l’utilizzo di martinetti per sostenere la porzione muraria superiore qualora il taglio fosse previsto globalmente.

Insieme alle altre tipologie di interventi imposti in termini prescrittivi senza specifiche valutazioni di beneficio (sostituzione dei solai e coperture lignee originali con pesanti solai in laterocemento o in cemento pieno, rinforzo di volte in muratura con pesanti cappe cementizie, inserimento se necessario di pilastrini all’interno delle pareti portanti), i cordoli in c.a. avrebbero dovuto, secondo le norme dell’epoca, garantire finalmente una totale sicurezza sismica contro i futuri terremoti, secondo l’idea di adeguamento (sismico) alle norme di progettazione delle nuove costruzioni, finendo tuttavia per stravolgere gli originali schemi strutturali di molti edifici esistenti.

 

Resti di cordolo in cemento armato tra le macerie di un edificio crollato dopo il sisma: barre d’armatura visibili e muratura disgregata.
Figura 2– Particolare del cordolo sommitale in c.a. emergente dalle macerie del crollo della chiesa della Madonna Addolorata a Norcia (PG) avvenuto a seguito della grande scossa del 30 ottobre 2016 (Crediti: A. Grazzini)

  

Il fallimento (non totale) del cordolo in c.a.

Purtroppo gli ideali di adeguamento sismico sono stati subito infranti nell’immediato e successivo terremoto di Umbria-Marche del 1997. Una fitta serie di edifici precedentemente adeguati con l’inserimento delle protesi cementizie ha evidenziato crolli parziali delle pareti murarie proprio in corrispondenza del loro inserimento.

Il rilievo dei danni ha finalmente aperto una necessaria ed approfondita riflessione su quali tecniche utilizzare per la riduzione del rischio sismico di strutture murarie caratterizzate da tessiture e comportamenti dinamici più complessi perché variegati, difficilmente governabili con tecniche standardizzate. Invece di contrastare i pericolosi crolli di pareti fuori dal piano evidenziati nei precedenti terremoti, i cordoli in c.a. li avevano addirittura agevolati.

Il riferimento è in particolare ai (molteplici) casi in cui l’invasività e la differenza di rigidezza rispetto all’originaria tessitura muraria si è dimostrata eccessiva creando di fatto comportamenti strutturali ibridi di difficile valutazione. Ma più di tutto è stata la mancanza di dettagli e connessioni antisismici ad invalidare l’intervento. Perché laddove invece questi dettagli sono stati applicati, anche i cordoli in c.a. hanno funzionato senza creare ulteriori danni sismici.

Riguardo il sottotetto, la rigidezza del cemento armato ha di fatto plasmato il cordolo con uno schema di trave appoggiata solo agli estremi, scaricando la parete sottostante dai carichi di copertura che avrebbero potuto meglio stabilizzarla quando è sollecitata ad azioni sismiche ortogonali al suo piano (fig. 3).

 

Diagramma delle sollecitazioni generate da un cordolo in cemento armato su pareti in muratura: indicazione delle forze trasmesse e dei punti critici.
Figura 3 – Schema di scarico delle sollecitazioni dal cordolo in c.a. alla parete sottostante, e conseguente espulsione della stessa durante l’azione sismica per mancanza di carico stabilizzante e di vincolo verticale del cordolo soprastante (assenza di barre verticali di collegamento) (Crediti: A. Grazzini)

  

Questa conseguenza è in buona parte risolvibile con l’inserimento di barre verticali che colleghino il cordolo alla parete sottostante al fine di trattenerla dall’azione ribaltante del sisma. Purtroppo quasi mai, soprattutto all’inizio della diffusione di queste tecniche di rinforzo, sono stati eseguiti gli inghisaggi, la cui mancanza si è fatta sentire al successivo terremoto: senza di essi, infatti, la muratura sottostante, spesso con tessitura non a regola d’arte, era destinata a ribaltarsi o essere espulsa fuori dal piano alla prima grande scossa sismica.

Nei casi in cui, invece, erano stati già previsti gli inghisaggi verticali, il collaudo sismico ne ha evidenziato la convenienza, anche se con risultati alternati. E’ rilevabile, ad esempio, il caso della chiesa di Sant’Agostino ad Amatrice (RI) dove, in occasione della riparazione dai danni del terremoto della Valnerina del 1979, era stata rifatta completamente l’orditura lignea di copertura (sempre con capriate non spingenti) collegata perimetralmente ad un largo cordolo in c.a. che si estendeva per l’intera larghezza (un metro) delle pareti.

Il progettista dell’epoca aveva probabilmente intuito i rischi di ribaltamento delle pareti in pietra e aveva provveduto a collegare il cordolo con profonde barre di ancoraggio verticale (fig. 4).

  

Porzione crollata della Chiesa di Sant’Agostino ad Amatrice: evidenza dell’efficacia parziale del cordolo in c.a. con barre verticali ancora in posizione.
Figura 4 – Crollo della chiesa di Sant’Agostino ad Amatrice (RI): a sinistra particolare della profondità di ancoraggio delle barre verticali del cordolo in c.a.; a destra porzioni di muratura sommitale ancora trattenute dall’azione di ancoraggio del cordolo in c.a. durante i progressivi danni indotti dal lungo sciame sismico. (Crediti: A. Grazzini)

 

Analizzando le diverse fasi di crollo della chiesa, avvenute progressivamente durante il lungo sciame sismico del terremoto del 2016, è stato evidente come tale cordolo, efficacemente legato a considerevole profondità all’interno della possente muratura sottostante, abbia rappresentato un valido vincolo sommitale quale ultima riserva dell’edificio capace di trattenere buona parte delle pareti ad esso collegate, garantendo la cerchiatura necessaria al comportamento scatolare fino all’inevitabile progressione del danneggiamento (fig. 4).

In questo modo l’edificio non è crollato totalmente alla prima scossa: anche per questo serve inserire una cordolatura.

Tuttavia non sempre l’inserimento delle barre verticali di collegamento ha garantito un vincolo soddisfacente, e questa considerazione riguarda qualsiasi tipologia di cordolo, non solo quello cementizio. Infatti, se la tessitura muraria sottostante risulta di scarsa qualità e propensa a fenomeni di disgregazione muraria, si rischia di avere il cordolo e la copertura in piedi ma la parete ancora una volta crollata in frantumi a terra.

Un caso esemplare è una parete del transetto della Basilica di San Benedetto a Norcia (PG), dove le barre verticali di inghisaggio, sebbene di considerevole lunghezza, sono rimaste sospese nella loro posizione, mentre la tessitura muraria è franata a terra anche a causa del degrado delle sue prestazioni meccaniche e qualitative (fig. 5).

Un esempio di come un cordolo in c.a. eseguito correttamente possa risultare comunque fallimentare qualora non trovi la giusta collaborazione nella qualità delle murature su cui si collega.

 

Danni strutturali alla Basilica di San Benedetto a Norcia dopo il sisma: crollo della muratura e residui di barre di ancoraggio del cordolo in cemento armato.
Figura 5 – Basilica di San Benedetto a Norcia (PG): barre di inghisaggio del cordolo sommitale in c.a. del transetto (probabilmente inserito dopo il terremoto del 1997 o precedentemente) rimaste appese a seguito della grande scossa del 30 ottobre 2016, sotto alle quali si è disgregata la muratura per scarsa aderenza (Crediti: A. Grazzini)

  

Dopo il sisma Umbria-Marche del 1997 le circolari tecniche di ricostruzione e riparazione avevano affrontato il problema dell’ancoraggio, tuttavia in alcuni casi ancora non in modo efficace perché il successivo grande terremoto del 2016, a soli 20 anni di distanza, aveva nuovamente evidenziato lo scarso vincolo esercitato dal cordolo sulla parete sottostante per le due motivazioni già descritte: ridotta lunghezza delle barre, a cui segue una scarsa aderenza all’interno di tessiture murarie, la cui qualità non è stata preliminarmente indagata, che hanno manifestato disgregazione o scollamento di cortine superficiali in occasione del successivo terremoto (fig. 6).

 

Crollo di una parete muraria sommitale durante il sisma Centro Italia 2016: distacco della muratura e cedimento dei punti di connessione del cordolo in c.a.
Figura 6 – Crollo parziale, durante il terremoto Centro Italia 2016, di parete sommitale di un edificio nel centro storico di Visso (MC) in cui di rileva lo sfilamento dalle esili e corte barre verticali di ancoraggio del cordolo in c.a. e la decoesione dello strato esterno della tessitura muraria (Crediti: A. Grazzini)

  

Riguardo infine il posizionamento “di forza” di cordoli perimetrali in breccia a livello interpiano, chiaramente la tecnica era conseguenza delle prescritte sostituzioni sistematiche con nuovi solai in laterocemento. Sia il taglio nella muratura sia la differenza di rigidezza comportavano una deviazione irreversibile dei flussi di tensione verticale all’interno della sezione muraria. Ciò aveva conseguenze negative in occasione di scosse sismiche di importante intensità perché favoriva l’espulsione della parte di muratura esterna che risultava meno caricata e soprattutto non più correttamente connessa con la nuova protesi cementizia interna (fig. 7).

 

Schema tecnico del comportamento dei cordoli interpiano in edifici in muratura: flusso delle tensioni e effetti negativi come il distacco della muratura esterna sotto azione sismica.
Figura 7 – Cordoli interpiano in breccia: (a) flusso dei carichi provenienti dai piani superiori sul paramento esterno; (b) martellamento del solaio rigido e pesante e crollo del paramento esterno sotto l’azione sismica (Credit: Regione Toscana – Programma Regionale VSM - Vulnerabilità Sismica di edifici in Muratura).

 

L’esperienza attuale sconsiglia vivamente scassi murari e inserimenti così invasivi all’interno del perimetro murario, a favore di collegamenti più puntuali (inghisaggi di barre, tassellature di profili metallici o scassi puntuali a coda di rondine), stante anche le alternative di sostituzione o semplicemente di rinforzo dei solai esistenti che possono essere attuati (eventualmente) anche in assenza di getti cementizi (irrigidimenti di solai lignei con doppio tavolato, sostituzione dei solai lignei con analoga tecnica costruttiva, per fare alcuni esempi).

    

Il futuro del cordolo in c.a.: possibilità e alternative

Tutt’altro che abbandonato, il ricorso al cordolo in c.a. è ancora diffuso nella progettazione di interventi di rinforzo e ristrutturazione, soprattutto tra professionisti con molti anni di attività la cui preparazione ed esperienza di progettazione deriva dalle prescrizioni tecniche degli anni ’80-’90.

Partendo dal presupposto, affermato anche dalle stesse “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato, con riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni D.P.C.M. 09/02/2011” che

«[…] cordoli in sommità alla muratura possono costituire una soluzione efficace per collegare le pareti, in una zona dove la muratura è meno coesa a causa del limitato livello di compressione, e per migliorare l’interazione con la copertura […]», 

resta da capire se oggi sia ancora conveniente eseguire cordolature in cemento armato anziché progettare sistemi alternativi e meno invasivi attualmente disponibili e già sperimentati sul campo.

Sebbene il calcestruzzo sia materiale non coerente con le tecniche costruttive dell’edilizia storico-monumentale, le stesse Linee Guida D.P.C.M. 09/02/2011 ne ammettono ancora l’utilizzo, tra le diverse alternative tecniche, per realizzare cordoli

«in calcestruzzo armato (c.a.), solo se di altezza limitata, per evitare eccessivi appesantimenti ed irrigidimenti, che si sono dimostrati dannosi in quanto producono elevate sollecitazioni tangenziali tra cordolo e muratura, con conseguenti scorrimenti e disgregazione di quest’ultima. In particolare, tali effetti si sono manifestati nei casi in cui anche la struttura di copertura era stata irrigidita ed appesantita. E’ in genere opportuno un consolidamento della muratura sommitale, per limitare la diversa rigidezza dei due elementi. Il collegamento tramite perfori armati può essere adottato, se ritenuto necessario, dopo aver verificato che questi possono essere ancorati efficacemente nella muratura, eventualmente consolidata».

Ciò premesso, il suo utilizzo va, come per ogni intervento di rinforzo, calibrato nel contesto in cui si opera.

Sui beni monumentali e su edifici storici di particolare pregio in muratura andrebbe evitato a priori l’utilizzo di calcestruzzo a favore di più recenti tecniche di legatura sommitale riviste in chiave più compatibile e similare all’originaria tecnica costruttiva.

In virtù dei problemi descritti, oggi esistono modi alternativi di perseguire la cerchiatura sommitale.

Il cordolo, ad esempio, può essere realizzato in muratura, ossia con lo stesso materiale dell’edificio così da evitare differenze di rigidezze con la parete sottostante, armato per 3-4 giunti con reti in fibra di vetro o fasce in trefoli di acciaio e vincolato sempre alla parete sottostante con connettori verticali (barre elicoidali o similari) (fig. 8).

 

Cordolo sommitale realizzato in muratura armata su edificio storico: dettaglio delle armature e delle connessioni perimetrali per la cerchiatura antisismica.
Figura 8 – Cordolo sommitale in muratura armata in 3 giunti con fasce in fibra di acciaio: a sinistra utilizzo su muratura in pietra, a destra su muratura in laterizio (è visibile il proseguimento anche sui timpani). In entrambi i casi sono stati previsti connettori verticali per l’ancoraggio alla parete sottostante (Crediti: A. Grazzini)

Con questa soluzione si persegue una uniforme trasmissione dei carichi di copertura verso la parete sottostante, evitando le disomogeneità evidenziate in fig. 3.

L’efficacia di ogni cordolatura sommitale risiede non solo nella scelta dei materiali e delle connessioni, ma anche dalla sua continuità lungo tutto il perimetro del sottotetto compresi eventuali timpani murari: al contrario non sarebbe garantita la legatura e cucitura completa della scatola muraria e risulterebbero pareti non vincolate in sommità con rischio di cinematismi fuori dal piano durante l’azione sismica. Un’altra alternativa ampiamente utilizzata, soprattutto laddove non sia possibile smontare completamente la sommità del perimetro murario, è l’installazione di profili o piatti metallici con identica funzione di cerchiatura e di vincolo sommitale (fig. 9).

...CONTINUA LA LETTURA DELL'ARTICOLO NEL PDF.


Commento della redazione. Questo articolo offre una rigorosa analisi tecnica del cordolo in cemento armato grazie alla competenza dell’ing. Alessandro Grazzini, esperto in strutture e rischio sismico. La chiarezza espositiva e l’approfondimento tecnico lo rendono una fonte affidabile per progettisti e professionisti impegnati nel miglioramento della sicurezza degli edifici.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

Per scaricare l’articolo devi essere iscritto e accedere al portale tramite login.

Iscriviti Accedi

Calcestruzzo Armato

Esplora la guida completa sul calcestruzzo e sul calcestruzzo armato, due elementi fondamentali nell'edilizia. Scopri le composizioni, come l'integrazione di fibre metalliche e polimeriche, e le ultime innovazioni che migliorano le proprietà strutturali. Aggiorna le tue conoscenze sui materiali cementizi per una comprensione avanzata e applicazioni ottimali.

Scopri di più

Interventi strutturali

Tutto sugli interventi strutturali: tecniche di consolidamento, rinforzi sismici, materiali innovativi e norme per la sicurezza e la durabilità degli edifici. A cura di INGENIO.

Scopri di più

Muratura

News e articoli che riguardano la soluzione della muratura nelle costruzioni, sia come elemento strutturale che come elemento di tamponamento: progettazione, controlli, evoluzione normativa, casi reali, pareri degli esperti.

Scopri di più

Particolari Costruttivi

I particolari costruttivi rappresentano le specifiche tecniche dettagliate relative alle diverse parti di un edificio o di una struttura...

Scopri di più

Rinforzi Strutturali

News e approfondimenti su tutto quello che riguarda il rinforzo delle strutture: dalla modellazione e progettazione degli interventi, alla normativa, alla descrizione di soluzioni tecniche e particolari costruttivi.

Scopri di più

Leggi anche