Calcestruzzo Armato | Restauro e Conservazione
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Costruzioni incompiute tra manutenzione e manutenibilità

Le costruzioni non-finite rappresentano un problema contemporaneo irrisolto, soprattutto nel panorama italiano. Nonostante la diversa tipologia, destinazione d'uso originaria e localizzazione, il cemento armato utilizzato come materiale strutturale denota un tratto distintivo comune di queste costruzioni. L'articolo proposto si inserisce in un filone di ricerca che ha già esplorato dal punto di vista teorico il fenomeno delle costruzioni incompiute.

Le costruzioni non-finite

Le costruzioni non-finite rappresentano un problema contemporaneo irrisolto, soprattutto nel panorama italiano. Nonostante la diversa tipologia, destinazione d'uso originaria e localizzazione, il cemento armato utilizzato come materiale strutturale denota un tratto distintivo comune di queste costruzioni.

Negli ultimi decenni, questo fenomeno è stato oggetto di campagne scandalo, per lo più riferite alle Pubbliche Amministrazioni. Al contrario, diverse pubblicazioni e mostre hanno ampiamente indagato le potenzialità delle costruzioni non finite, suscitando l'interesse di accademici e progettisti. Tuttavia, sul piano operativo la questione appare ancora irrisolta. Le costruzioni incomplete, infatti, pongono problemi tecnici e metodologici che non trovano ad oggi riscontri a livello normativo e legislativo.

L'articolo proposto si inserisce in un filone di ricerca che ha già esplorato dal punto di vista teorico il fenomeno delle costruzioni incompiute. Si propone di sviluppare l'argomento, riferendosi proprio al cemento armato come principale materiale da costruzione. Oltre ai problemi di diagnosi e restauro delle strutture danneggiate, spesso caratterizzate da avanzati stati di degrado dovuti alla condizione di incompletezza, l'articolo fornisce spunti e strumenti orientati alla manutenzione.

Una questione irrisolta

Avvento e diffusione di strutture in calcestruzzo di cemento armato hanno rivoluzionato i modi tradizionali di fare architettura; si tratta di un materiale costruttivo pervasivo, che molto spesso ha acquisito una pregiudiziale connotazione negativa, quando associato a fenomeni come abusivismo e speculazione.

Una triste epifania delle strutture in calcestruzzo di cemento armato sono le costruzioni mai completate: iter interrotti che da nord a sud caratterizzano lo scenario italiano, riconoscendo specificatamente «nel cemento armato il proprio materiale costitutivo» [Alterazioni Video e Fosbury Architecture, 2018, p. 21].

Spesso intesa come una questione esclusivamente contemporanea, «quella di incompiutezza è una condizione [da sempre] frequente nelle azioni umane» [Biraghi, 2018, p. 71], indipendentemente da quali possano essere gli obiettivi daperseguire [Germanà e Anania, 2020].

Al pari di composizioni musicali, gruppi scultorei, pitture e scritti letterari, non terminati o abbandonati ancora prima di essere entrati in uso possono essere edifici, infrastrutture, spazi pubblici.

Nel primo caso, opere propriamente artistiche sembrano impossibili da completare se non dall’autore originario; l’incompiuto architettonico può, invece, implicitamente suggerire e prefigurare futuri sviluppi, distinti dalle originarie previsioni che avrebbero dovuto concretizzarsi. Ciò consentirebbe di focalizzare l’attenzione sugli aspetti processuali, piuttosto che unicamente sui nudi scheletri cementizi esito dei processi interrotti.

La manifestazione tangibile del meccanismo inceppato può essere assimilata ad una narrazione ancora potenzialmente in fieri: la presa di coscienza dello stato mutilo delle costruzioni non finite, rappresenta il punto da cui scegliere se guardare indietro, esclusivamente a quello che (non) è stato, o se volgere lo sguardo in avanti [Greene, 2005].

Quello delle costruzioni incompiute non è un tema nuovo, in quanto già ampiamente approfondito e dibattuto indagandone principalmente gli aspetti di natura analitico-quantitativa.

Soprattutto nell’ultimo decennio l’eco del fenomeno è stata amplificata notevolmente in termini mediatici: nel 2009 i collettivi artistici Alterazioni Video e Fosbury Architecture hanno inaugurato ‘Incompiuto Siciliano’, un osservatorio partecipato sulle opere incompiute pubbliche, intese come la manifestazione di un preciso stile architettonico; a partire da allora, non sono poi mancate occasioni per denunciare l’inettitudine politica e amministrativa, causa ditali inutili e spesso grandi opere (Figura 1) [Torrisi e Schinaia, 2010].

Di lì a breve, le costruzioni non completate di committenza pubblica hanno destato l’interesse anche di istituzioni a diversi livelli: mediante il decreto-legge n. 42 del 2013, che rende operativo l’art.44-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha emanato il “Regolamento recante le modalità di redazione dell'elenco-anagrafe delle opere pubbliche incompiute”; si definisce non completata un’opera pubblica i cui lavori di realizzazione, avviati, risultano interrotti (oltre il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione, oppure entro lo stesso ma in assenza delle condizioni per il riavvio della costruzione) o ultimati ma non collaudati, in quanto «l'opera non risulta rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo [...]».

Il principale canale di rilevazione è stato identificato nel SIMOI (Sistema Informativo di Monitoraggio delle Opere Incompiute), aggiornato su base nazionale e regionale con quanto trasmesso in merito ad avanzamento lavori e a potenziale cambio di destinazione d’uso da stazioni appaltanti ed enti aggiudicatori con competenza su costruzioni pubbliche non completate.

Nell’ambito della programmazione triennale dei lavori pubblici e ai sensi del decreto 14/2018, è poi previsto che le stazioni appaltanti compilino la scheda B dell’allegato I, inserendo i dati relativi alle opere pubbliche incompiute di propria competenza. Ai fini degli obblighi di cui decreto-legge n. 42/2013, sono inadempienti dunque quei soggetti che, alla data del 31 marzo di ciascun anno, non abbiano trasmesso le informazioni per mezzo del SIMOI o proceduto a compilazione e pubblicazione della scheda B tramite la piattaforma SCP (Servizio Contratti Pubblici).

Inoltrati e rilevati, i dati confluiscono in una banca dati sulla base della quale, in relazione alle specifiche competenze, il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Regioni e Provincie autonome redigono gli elenchi-anagrafe da rendere noti entro il 30 giugno di ogni anno solare. Tali sforzi governativi sono riscontrabili in una significativa contrazione numerica su scala nazionale, attestatasi nel triennio 2017-2019 attorno al 36,5% [Germanà e Anania, 2020], ma mancano ancora di circostanziate indicazioni in termini operativi e metodologici. Altrettanta attenzione non è stata riservata alle costruzioni mai finite di iniziativa privata, in genere di scala più piccola, rivelatrici di una logica distinta da quella «[...] delle grandi opere pianificate, progettate e autorizzate, ma mai concluse per incapacità organizzativa, per malaffare [o] per errori di valutazione» [Licata, 2014, p. 10].

Sebbene non ancora ben quantificato, il fenomeno dei mai finiti privati, spesso ad uso residenziale, risulta maggiormente diffuso nell’Italia meridionale coincidendo di frequente con abusi edilizi. Tra le intenzioni scatenanti tali spregiudicate pratiche, non mancano talvolta «alcune motivazioni legittime [quali] la tendenza a voler partecipare allo sviluppo della città [o] la rivendicazione del diritto di risolvere nel modo più personale possibile la propria esigenza di abitare» [De Carlo, 1987, p. 20]; il tutto si complica se l’apparato normativo di riferimento non è adeguato a soddisfare le esigenze degli interlocutori cui si rivolge, rendendo estremamente lunghi i tempi burocratici e di conseguenza causando un abusivismo talvolta ‘di necessità’ [Trombino, 2016].

Stazione La Martella, Matera (credit: Alterazioni Video).
Stazione La Martella, Matera (credit: Alterazioni Video).

Non di rado, inoltre, a tali circostanze si aggiunge la condizione di sequestro alla criminalità organizzata; il caso forse in tal senso più noto è il promontorio palermitano Pizzo Sella, una brulla collina che insiste sul golfo di Mondello. Nota con l’appellativo ‘collina del disonore’, l’altura incarna l’immagine di un paesaggio devastato dal malaffare e dall’abusivismo come vocazione: a partire dalla fine degli anni ‘70, vennero rilasciate dal Comune centinaia di scellerate concessioni edilizie, concretizzatesi in circa 170 immobili che, con fare minaccioso, continuano ad incombere sulla città.

Per quanto ampiamente indagata, dibattuta e in taluni casi approfondita con esigue occasioni progettuali, la questione appare dunque ancora aperta a livello operativo e procedurale. Si rende necessaria la codifica di un approccio specifico, in grado di tenere conto delle peculiarità strutturali, materiche e formali che si configurano come caratteri invarianti.

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INDICE

  • Tra diagnosi e riparazione
  • Strategie di intervento e indirizzi per la manutenibilità
  • Considerazioni conclusive
  • Bibliografia

Questo articolo è tratto dalle MEMORIE di CONCRETE 2022, sesta edizione della manifestazione

Leggi il resoconto dell'intero evento.

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