Demolizione e ricostruzione in zona vincolata: ristrutturazione o nuova costruzione? Il condono può sanare interventi già realizzati?
Il tema della demolizione e ricostruzione in aree sottoposte a vincolo paesaggistico solleva interrogativi rilevanti circa la qualificazione dell'intervento edilizio come ristrutturazione o nuova costruzione. L'art. 3, comma 1, lett. d) del DPR 380/2001 distingue tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, soffermandosi anche sulle restrizioni applicabili in zone vincolate. La sentenza n. 468/2025 del Consiglio di Stato ha ribadito come in contesti paesaggisticamente tutelati, un intervento che comporti demolizione, traslazione del sedime, modifica della sagoma e cambio di destinazione d’uso non possa essere qualificato come ristrutturazione edilizia, ma costituisca nuova costruzione.
Demolizione e ricostruzione in zona vincolata: ristrutturazione edilizia o nuova costruzione?
Quando si decide di eseguire interventi di demolizione e ricostruzione di un immobile, ci si deve porre di fronte ad alcuni interrogativi:
- il sito è in un contesto con vincoli urbanistici o paesaggistici che impediscono la demo-ricostruzione?
- quale titolo edilizio occorre per una demo-ricostruzione?
- una demolizione e ricostruzione in zona vincolata rientra nel campo della ristrutturazione edilizia o della nuova costruzione?
Suddetti dubbi sono pienamente leciti, ecco perché occorre dapprima precisare alcuni concetti inerenti agli interventi edilizi:
- la ristrutturazione edilizia, è una tipologia di intervento previsto dal Testo Unico dell’Edilizia (TUE, DPR 380/2001) che riguarda lavorazioni durante le quali viene modificato in tutto o in parte un immobile già esistente; in tali interventi ricade anche la demo-ricostruzione, la quale però è limitata in sagoma, prospetto, sedime e plano-volumetricamente in caso di aree paesaggisticamente vincolate;
- la nuova costruzione consiste, invece, in una tipologia di intervento che riguarda la realizzazione di un’opera a tutti gli effetti nuova, perché prima inesistente ovvero oggetto di ricostruzione di un edificio esistente demolito, la cui realizzazione ex novo avvenga però con peculiarità sostanzialmente diverse da quelle originarie o con un aumento di volume.
In merito agli interventi di ristrutturazione edilizi la norma di riferimento è l’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR 380/2001, secondo cui sono rivolti a trasformare “(…) gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'installazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico (…).
Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria (…)”.
Come precisato puntualmente dalla norma, la distinzione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione assume particolare rilievo quando gli interventi vengono realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici o ambientali, dove sono previste specifiche limitazioni e procedure autorizzative più stringenti.
Va inoltre fatto notare che la demolizione e ricostruzione di un edificio, anche se eseguita sullo stesso sedime, non sempre può essere qualificata come semplice ristrutturazione edilizia. Infatti occorre anche tenere in considerazione la continuità strutturale e funzionale tra il vecchio e il nuovo manufatto, la quale spesso costituisce l'elemento discriminante per la corretta classificazione dell'intervento. Quando tale continuità viene meno, a causa di modifiche sostanziali della sagoma, del volume o della destinazione d'uso, l'intervento assume inevitabilmente la natura di nuova costruzione.
Questa problematica è stata recentemente affrontata dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 468/2025, che ha stabilito importanti principi in materia di demo-ricostruzione di edifici in zone vincolate, precisando quando un intervento non possa più essere considerato mera ristrutturazione edilizia.
Demolizione e ricostruzione in zona vincolata: non basta chiamarla ristrutturazione
La controversia oggetto della sentenza ha origine nel 2004, quando il ricorrente ha ottenuto una concessione edilizia per la realizzazione di un ricovero agricolo. L'autorizzazione prevedeva la costruzione di un manufatto composto da un piano interrato e un piano terra, con altezza massima di 2,80 metri e superficie di circa 40 metri quadrati. Tuttavia, durante l'esecuzione dei lavori, il proprietario realizzò opere sostanzialmente diverse dal progetto approvato, creando un piano rialzato e un primo piano a falde inclinate con altezza di circa tre metri. L'Amministrazione comunale non ha tardato ad intervenire, emanando un'ordinanza di demolizione.
Allora il ricorrente ha tentato la strada del condono edilizio presentando un'istanza di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003. Tuttavia, dopo oltre dieci anni di attesa, il Comune ha respinto definitivamente la richiesta, ordinando nuovamente la demolizione del manufatto abusivo. A questo punto, sono seguiti diversi procedimenti, tra cui l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del manufatto abusivo e dell’area di sedime ai sensi dell’art. 31 del DPR n. 380/2001 con trascrizione nei registri immobiliari. Il ricorrente ha proposto ricorso al TAR a tali provvedimenti, il quale è stato rigettato costringendo il proprietario a presentare appello al Consiglio di Stato, sostenendo varie motivazioni avverso il riferimento al vincolo paesaggistico come causa ostativa al condono edilizio.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ritenuto corretto il ragionamento del TAR, sostenendo che “(…) con riferimento al condono edilizio, deve rilevarsi come un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non possa essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le condizioni di seguito elencate: a) l'imposizione del vincolo di inedificabilità avviene prima della esecuzione delle opere; b) le opere sono realizzate in assenza o difformità dal titolo edilizio; c) le opere non sono conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”. La presenza dei vincoli sopraindicati giustificava quindi la reiezione, da parte del TAR, delle censure mosse avverso il diniego di condono.”
In sintesi, un’opera abusiva, realizzata su area soggetta a vincolo di inedificabilità (assoluto o relativo), non è suscettibile di sanatoria se:
- il vincolo preesiste alla realizzazione dell’opera;
- l’intervento è privo di titolo edilizio e non conforme agli strumenti urbanistici.
Tali condizioni, secondo il Collegio, ricorrevano pienamente nel caso di specie. Infatti, uno degli aspetti centrali del contenzioso riguarda la natura delle opere eseguite, alle quali veniva contestata la qualificazione dell’intervento come nuova costruzione e non come ristrutturazione, legittimando l’ordine di demolizione.
Il Consiglio di Stato ha confermato che “(…) L’intervento realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico, consistente nella totale demolizione di un preesistente edificio e nella ricostruzione con traslazione, modifica della sagoma e cambio di destinazione d'uso (da magazzino ad abitazione), si configura non già come mera ristrutturazione edilizia, bensì come nuova costruzione, poiché tra il vecchio fabbricato e quello nuovo vi sono differenze tali da non potersi apprezzare quella continuità che costituisce l'essenza della ristrutturazione edilizia e che ancora oggi costituisce, nelle zone soggette a vincolo, un elemento essenziale di tale tipologia edilizia”.
L’opera è quindi abusiva perché il titolo abilitativo è illegittimo in quanto le modifiche apportate riguardano:
- la demolizione del preesistente manufatto;
- traslazione dell’impronta a terra;
- modifica della sagoma;
- cambio di destinazione d’uso.
In una zona sottoposta a vincolo paesaggistico non si può considerare, di fatto, ristrutturazione edilizia quell’intervento che prevede la demolizione totale di un edificio esistente e la successiva costruzione di un nuovo edificio, se quest’ultimo è stato spostato rispetto alla posizione originaria, ha una forma diversa o venga destinato ad usi differenti. In questi casi le differenze tra il vecchio edificio e quello nuovo sono così marcate da far venir meno quel legame di continuità che è alla base della ristrutturazione edilizia.
Nelle aree vincolate, questa continuità rappresenta oggi un elemento essenziale per poter considerare un intervento di ricostruzione come una ristrutturazione edilizia. Quando essa manca, l’intervento deve essere qualificato come una nuova costruzione e nemmeno il condono edilizio può sanare in tali casi l’intervento, qualora sia già stato realizzato.
Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
Condoni e Sanatorie
Condoni e sanatorie: su INGENIO articoli, normative e guide per comprendere le procedure di regolarizzazione edilizia.

Costruzioni
Costruzioni: su INGENIO articoli tecnici, normative e innovazioni per progettare, realizzare e gestire opere edilizie e infrastrutture.

Edilizia
Esplora il mondo dell'edilizia, il settore dedicato alla progettazione, costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e infrastrutture. Scopri come la normativa italiana, come il Testo Unico dell'Edilizia (D.P.R. 380/2001) e le Normative Tecniche per le Costruzioni (NTC), regolano le pratiche edilizie per garantire sicurezza e qualità. Approfondisci il significato etimologico del termine "edilizia" e come le leggi locali e regionali influenzano la costruzione e gestione degli immobili.

Ristrutturazione
Tutti gli articoli pubblicati su INGENIO dedicati alla Ristrutturazione Edilizia
Condividi su: Facebook LinkedIn Twitter WhatsApp