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Divieto di sopraelevazione in condominio: no alla tettoia che si trasforma in veranda

In condominio, la sopraelevazione non è ammessa non solo se le condizioni statiche dell'edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell'aspetto architettonico dell'edificio ovvero risulti necessaria l'autorizzazione dei condomini

Se la delibera condominiale approva la realizzazione di una pensilina amovibile, a parziale copertura del terrazzo, ciò non consente di trasformare una tettoia in veranda, essendo assolutamente vietata la sopraelevazione.

Sostenenedo la tesi del condominio, la Corte di Cassazione, nella recente sentenza 12795/2023 ha riformato la precedente pronuncia del Giudice di Merito, il quale non può limitarsi a verificare il mero impatto dell’opera sul decoro architettonico dell'edificio.

Il caso

La tettoia dell'inquilino dell'ultimo piano, col tempo, si era trasformata in vera e propria veranda con sopraelevazione, mentre la delibera assembleare aveva dato l'ok per "una pensilina amovibile, a parziale copertura del terrazzo, in lamiera grecata zincata poggiante su una struttura in canne di ferro leggera", in quanto essendo aperta e poggiante su modeste canne di ferro, senza opere strutturali di base e di tamponamento, non avrebbe inciso sull’architettura od estetica del fabbricato, o comunque avrebbe avuto un impatto lievissimo.

Per il Giudice di merito, anche se l’opera realizzata, costituita da una struttura chiusa, sostenuta da montanti in ferro e coperta con lamiera zincata coibentata e chiusa "con una vetrata realizzata con dei profilati in alluminio con vetro camera del tipo con apertura scorrevole e rimovilibi", non fosse conforme a quella autorizzata dal condominio con la deliberazione assembleare, non era da rimuovere in quanto l'opera non alterava l'aspetto architettonico ed il decoro dell'edificio.

Sopraelevazione in condominio: inquadramento

La realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell'area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio - osserva la Corte suprema - va disciplinata alla stregua dell’art. 1127 c.c.

Ai fini dell'art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale è, infatti, costituita dalla realizzazione di nuove costruzioni nell’area sovrastante il fabbricato, per cui l'originaria altezza dell’edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche.

Nella definizione enunciata dal massimo consesso della Cassazione (Cass., Sez. Un., 30 luglio 2007 n. 16794), la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. comprende, peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato.

Non si tratta invece di sopraelevazione con modifica solo interna ad un sottotetto, contenuta negli originari limiti strutturali, delle parti dell’edificio sottostanti alla sua copertura.

Sopraelevazione illegittima se il Regolamento condominiale non la consente: quando e perché

La Cassazione prosegue evidenziando che la pronuncia del Giudice di merito contrasta con l’orientamento costante della Cassazione e con il chiaro disposto dell’art. 1127, comma secondo e terzo c.c., secondo cui la sopraelevazione non è ammessa, non solo se le condizioni statiche dell'edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell'aspetto architettonico dell'edificio ovvero risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini.

Il Giudice, quindi, ha sbagliato a considerare legittima la costruzione senza valutarne oltre all'impatto sull'aspetto architettonico dell'edificio in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile, anche alla luce delle previsioni del regolamento del condominio, in questo caso più restrittive.

Insomma: i dettami del Regolamento condominiale, "ove abbia ad oggetto la conservazione dell’originaria “facies” architettonica dell’edificio condominiale, comprimendo il diritto di proprietà dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice, stabilisce in tal modo una tutela pattizia ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero “decoro architettonico” dagli artt. 1120 comma 2 (nella formulazione, qui applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), e 1138, comma 1 c.c., con la conseguenza che la realizzazione di opere esterne integra di per sé una modificazione non consentita dell’originario assetto architettonico, che giustifica la condanna alla riduzione in pristino in caso di sua violazione".


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