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Doppia sanzione per la veranda abusiva?

La trasformazione del balcone in veranda sembra essere l’abuso più amato dagli italiani: l'analisi delle conseguenze

La trasformazione del balcone in veranda sembra essere l’abuso più amato dagli italiani.

Basta fare una passeggiata per rendersi conto di quanti balconi siano stati trasformati utilizzando i materiali e le tecniche più disparate.

È vero che il balcone, a certe condizioni, può essere trasformato in maniera del tutto legittima in una “serra solare”, ma occorre pur sempre rispettare delle regole e certe procedure. Ma di questo parleremo nella “puntata” seguente”...

Nel caso in esame ci si chiede se l’amministrazione, avendo contestato la realizzazione abusiva di una veranda, possa applicare in maniera cumulativa o alternativa la sanzione demolitoria e quella pecuniaria.


Con il sopralluogo scattano le sanzioni

A seguito di un sopralluogo, la Polizia edilizia di Roma Capitale riscontra l’abusiva chiusura di un balcone all’interno del cortile condominiale e la realizzazione di una veranda in alluminio e vetri; il quadro viene completato dalla realizzazione di muri di divisione interna e di un tramezzo tra il vano cucina ed il vano bagno.

Le opere, determinando un aumento della volumetria, vengono qualificate come interventi di ristrutturazione edilizia eseguite in assenza del prescritto titolo abilitativo. Di conseguenza, Roma Capitale comunica l’avvio del procedimento amministrativo per gli abusi accertati e, richiamando l’art. 16 della L.R. Lazio 15/2008, ingiunge il pagamento della sanzione pecuniaria di € 15.000 nonché la demolizione delle opere e il ripristino dello stato dei luoghi.

 

Le ragioni della proprietà

Il proprietario impugna il provvedimento lamentandosi in quanto l’amministrazione, applicando una norma regionale, avrebbe inflitto una duplice sanzione ovvero sia la sanzione pecuniaria che quella demolitoria; ad avviso del cittadino, l’amministrazione avrebbe dovuto applicare la sanzione in via alternativa.

 

Il TAR accoglie il ricorso

Il TAR Roma, con la sent. n. 7197/2014, accoglie il ricorso ed annulla totalmente il provvedimento sanzionatorio del comune. La decisione trova il proprio fondamento nell’art. 33, comma 4, D.P.R.  380/2001 che prevede l’alternatività tra la sanzione pecuniaria e quella demolitoria. In realtà la sentenza richiama solo il comma 4 ma non si può dimenticare che anche il precedente comma 1 prevede che «Gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia …., eseguiti in assenza di permesso … sono rimossi ovvero demoliti …», per cui anche in questo caso avremo una alternativa tra le due sanzioni.

Occorre sottolineare un ulteriore aspetto: il TAR non si esprime sulla liceità del manufatto ma, più semplicemente, annulla il provvedimento sanzionatorio illegittimo riconoscendo all’amministrazione comunale il potere-dovere di decidere quale delle due sanzioni (alternative e non cumulative) applicare.

 

Per la veranda abusiva doppia sanzione ?

 

 

La tesi dell’Amministrazione

Roma Capitale è convinta della bontà della propria tesi e propone appello contro la decisione del TAR. Nel proporre l’appellato, l’amministrazione fornisce la propria interpretazione dell’art. 16, comma 5, della L.R. Lazio 15/2008.

Secondo il Comune la legge regionale permetterebbe di applicare in via cumulativa, relativamente agli abusi edilizi realizzati nelle cosiddette zone omogenee A, sia la sanzione ripristinatoria che quella pecuniaria. E vi è di più. Nell’interpretazione dell’amministrazione la “doppia sanzione” sarebbe un atto dovuto a cui non sarebbe possibile sottrarsi.

 

Chi ha ragione?

Nel caso in esame, quindi, abbiamo due tesi (ovviamente contrapposte) che trovano entrambe il proprio fondamento sulla legge. Sembrerebbe, quindi, che vi sia un caso di conflitto tra la legge statale (che impone una sanzione alternativa) e la legge regionale (che prevede la sanzione cumulativa).

Il nodo gordiano viene sciolto dalla Sez. VI del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1860 del 4 marzo 2021. Il giudice d’appello, pur riconoscendo l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale che riconosce all’Amministrazione la possibilità di applicare una duplice sanzione cumulativa (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2 dicembre 2020, n. 7642) ritiene che la norma regionale debba essere recessiva rispetto a quella nazionale (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 4 maggio 2018, n. 2649).

 


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All'interno di questa collaborazione una serie di articoli sul tema dell'ABUSIVISMO EDILIZIO, con l'obiettivo di sciogliere alcuni dubbi più frequenti a cura di Donato Palombella.


 

Gli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia

Il Consiglio di Stato fa il punto della questione relativa al regime delle sanzioni relative agli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia. In tale ipotesi troverebbe applicazione l’art. 33 del D.P.R. 380/2001 che prevede l’applicazione della sanzione ripristinatoria essendo necessario rimuovere gli edifici abusivi. In tale contesto la sanzione pecuniaria sarebbe applicabile solo ove il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile; trovandoci in questa situazione, sarebbe applicabile una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere (art. 33, comma 2).

Il regime della “sanzione cumulativa” sarebbe applicabile, secondo la norma statale, ove le opere siano realizzate su immobili vincolati ex D.Lgs. 42/2004. Il giudice d’appello, esaminando la normativa regionale richiamata dall’amministrazione (art. 16 della L.R. Lazio 15/2008), ritiene che non vi sia alcun contrasto con la norma statale e che il Legislatore regionale riconosca al Dirigente del comune il potere di applicare - in via alternativa - la sanzione demolitoria ovvero quella pecuniaria.


 

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Quando l’immobile è tutelato

Nel caso di immobili sottoposti a tutela, le regole del gioco cambiamo per cui, da un lato - l’esigenza di assicurare la conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico impone di procedere al ripristino dello stato dei luoghi - mentre dall’altro, parallelamente, la gravità dell’illecito edilizio, lesivo dei valori culturali e paesaggistici richiede la punizione del responsabile mediante una sanzione pecuniaria.

 

Quando la cura è peggiore del male

Abbiamo un’ipotesi residuale: potremmo avere il caso in cui la demolizione dell’opera abusiva possa tradursi in uno scempio ambientale. Di conseguenza, nelle zone omogenee A, qualora l’Amministrazione ritenga che la demolizione comporti un aggravamento del pregiudizio ai valori ambientali e culturali, potrà applicare solo la sanzione pecuniaria. Ciò vuol dire che, ipoteticamente, un abuso più grave potrebbe essere sanzionato in maniera meno afflittiva di quello più grave.


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Lo speciale:

ABUSIVISMO EDILIZIO

Guida all'abusivismo edilizio, con l'obiettivo di sciogliere alcuni dubbi più frequenti

A cura di Donato Palombella

Piano Editoriale dello Speciale

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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