E se OpenAI fosse una nuova Lehman Brothers?
Con un tono tagliente e preciso, Ed Zitron ha firmato uno degli articoli più discussi del momento, accusando OpenAI di rappresentare un rischio sistemico per l’industria tecnologica. Al centro dell’analisi, la sostenibilità finanziaria, la concentrazione di potere, e l’impatto potenziale sul mercato. Una critica serrata che mette in discussione l’intero modello economico dell’IA generativa.
OpenAI, rischio sistemico per l’intero settore tech: l’analisi impietosa di Ed Zitron
Suona strano l’usare ChatGPT come strumento per scrivere un articolo che evidenzia i rischi per la finanzia globale che la casa madre dello stesso chatbot, OpenAI, sta creando.
Ma anche questo é un segnale: ci siamo abituati a usare ogni giorno, per ogni attivit, l’intelligenza artificiale, e in molti casi la AI di ChatGPT.
Dov’è il problema? Ogni volta che usiamo questo strumento, anche per un seplice ciao, OpenAI rimette dei soldi.
E questo crea un rischio per il futuro di OpenAI, e a catena per l’intero sistema su cui si fonda l’ecosiatema industriale alla base del funzionamento dell’intelligenza artificiale, almeno quella americana.
Scopriamo qualcosa di più dall’articolo pubblicato da Ed Zitron.
L’analisi di Zitron: OpenAI come rischio sistemico
Nel suo articolo “OpenAI Is A Systemic Risk To The Tech Industry”, Ed Zitron accende un faro critico sul colosso dell’intelligenza artificiale. Non è una polemica estemporanea, ma una riflessione strutturata, che si muove su tre assi fondamentali: sostenibilità economica, dipendenza infrastrutturale e impatto sistemico sull’ecosistema tecnologico.
Valutazione fuori scala e crescita insostenibile
Zitron inizia dalla finanza. OpenAI avrebbe generato circa 4 miliardi di dollari in entrate nel 2024, ma la sua valutazione ha raggiunto la stratosferica cifra di 300 miliardi di dollari – 75 volte le sue entrate annuali. Una sproporzione che, secondo l’autore, grida irrazionalità:
“This is completely and utterly unsustainable, a valuation built on vibes and desperation.”
La crescita di OpenAI si regge su capitali ancora promessi: solo 10 dei 40 miliardi di dollari di investimenti annunciati da Thrive Capital, Sequoia, Andreessen Horowitz e Khosla Ventures sono stati effettivamente versati. Il resto arriverà solo se e quando OpenAI si trasformerà in una società for-profit, prevista per la fine del 2025.
Una macchina che brucia miliardi (e chip)
Zitron denuncia anche la dipendenza costosa di OpenAI dall’infrastruttura di Microsoft Azure, che prevede una spesa stimata in 28 miliardi di dollari entro il 2028. Questo legame profondo con Microsoft, oltre a essere economicamente oneroso, pone interrogativi sulla reale autonomia strategica di OpenAI.
Nel frattempo, la società progetta di costruire infrastrutture proprie: il progetto “Stargate”, sviluppato con la collaborazione della startup CoreWeave, mira alla costruzione di data center di nuova generazione, aumentando ancora la leva finanziaria e i rischi connessi.
Un rischio a catena per tutta l’industria
Uno dei punti centrali dell’articolo è la natura sistemica del rischio. Se OpenAI dovesse crollare o fallire nei suoi obiettivi, il contraccolpo non riguarderebbe solo gli investitori, ma l’intera filiera dell’IA generativa. Aziende come CoreWeave, Oracle e NVIDIA – fortemente interconnesse con OpenAI – subirebbero contraccolpi devastanti.
“The tech industry has backed itself into a corner. A failure of OpenAI will cause a cascading effect.”
In sostanza, una bolla tecnologica alimentata da investimenti speculativi e hype mediatico rischia di generare un effetto domino che colpirebbe startup, infrastrutture e anche le grandi corporate che oggi si affidano alle API di OpenAI.
Conclusione: una corsa cieca verso l’abisso?
Zitron non lesina parole dure. Secondo lui, la Silicon Valley ha perso la bussola, sacrificando la sostenibilità economica e il buon senso in nome di una corsa sfrenata all’intelligenza artificiale.
“They have backed a company that must spend tens of billions of dollars just to sustain itself, let alone innovate.”
La critica non è rivolta alla tecnologia in sé, ma a come questa viene finanziata, raccontata, gestita. Il timore, conclude Zitron, è che dietro l’immagine dorata dell’IA si nasconda un modello profondamente fragile, che potrebbe spezzarsi sotto il peso delle sue stesse ambizioni.
Un campanello d’allarme? Forse. Una provocazione? Anche. Ma soprattutto: una riflessione urgente, che l’intero settore dovrebbe iniziare a prendere sul serio.

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