Gazebo del bar: quando l'edilizia libera non tiene (neanche col Salva Casa)
Un'opera simile a un gazebo ma che, pur essendo priva di fondamenta, ha dimensioni e caratteristiche (come l'ancoraggio con piastre bullonate) che alterano la sagoma dell'edificio e il volume del terreno su cui è costruita, al servizio di un locale commerciale e priva di valenza temporanea, integra un intervento urbanistico rilevante per il quale è necessaria l'autorizzazione edilizia.
Una struttura di metallo di 9,20 x 4 metri, con copertura in vetro plastificato e plexiglass, tamponata lateralmente con teli in PVC scorrevoli, con porte d'accesso e pavimentazione interna, non è assentibile in edilizia libera e ciò neppure se si applicassero le nuove regole dettate dal DL Salva Casa, che comunque trova applicazione per tutti quei procedimenti ancora pendenti, ossia non esitati con il provvedimento finale, alla data di entrata in vigore del menzionato DL 69/2024 (ossia in data 28 luglio 2024).
Queste indicazioni, piuttosto importanti, ci arrivano dalla sentenza 8684/2025 del 5 maggio del Tar Lazio, che si occupa del ricorso contro un ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa conseguente alla realizzazione di alcuni interventi abusivi (struttura simil gazebo) realizzati al servizio di un bar/locale commerciale.
L'opera edilizia del contendere
L’opera abusiva in questione è una struttura metallica coperta, che, pur non avendo fondamenta, risulta comunque stabile e permanente, dotata di impianto elettrico e utilizzata in modo continuativo come parte dell'attività commerciale (bar).
Si tratta di una struttura che non è facilmente amovibile e che altera il carico urbanistico dell'area.
La struttura, tra l'altro, è stata utilizzata come spazio coperto per tavoli e sedie, quindi destinata a uso commerciale permanente.
L'applicazione del Salva Casa non è retroattiva
In primo luogo, ricordano i giudici, il DL 69/2024 non è retroattivo ma si applica a partire dalla sua entrata in vigore (28 luglio 2025).
Né, a conclusioni opposte, può addivenirsi sulla base dell'argomento difensivo del ricorrente di cui si è detto, a nulla invero rilevando la circostanza che il DL Salva Casa abbia codificato, in parte qua, principi giurisprudenziali: la legge primaria, infatti, salvo che sia diversamente disposto e che essa abbia natura di norma di interpretazione autentica a efficacia retroattiva, non può che disporre per il futuro.
In secondo luogo, anche ove essa contenesse, per mera ipotesi, ma così non è, in riferimento al caso di specie, una disciplina più favorevole - tale per cui l’attività per cui è causa sarebbe oggi divenuta lecita - non potrebbe in ogni caso essere invocato il principio della lex mitior. Tale principio trova, infatti, applicazione solo con riferimento alle sanzioni formalmente amministrative, ma sostanzialmente penalistiche e non invece, come accaduto nel caso di specie, con rifermento a sanzioni amministrative tout court.
Perché l'opera non è realizzabile in edilizia libera
La struttura non può essere qualificata come edilizia libera per i seguenti motivi:
- caratteristiche strutturali: la costruzione, pur essendo priva di fondamenta, ha dimensioni e caratteristiche (come l'ancoraggio con piastre bullonate) che alterano la sagoma dell’edificio e il volume del terreno su cui è costruita, rendendola un intervento urbanistico rilevante.
- autonomia funzionale: la struttura è completamente indipendente e non ha solo valore ornamentale. Viene utilizzata in modo continuativo per esigenze commerciali permanenti, e non come elemento stagionale o temporaneo;
- spazio chiuso stabile: i teli PVC scorrevoli e la copertura rigida creano uno spazio chiuso, non facilmente smontabile e non temporaneo, che implica una trasformazione permanente del territorio, necessitando pertanto di autorizzazione edilizia.
Applicabilità del Decreto Salva Casa
Il ricorrente ha sostenuto che la modifica del DPR 380/2001 introdotta dal Salva Casa avrebbe potuto legittimare l'opera, in quanto la norma consente la realizzazione di alcune strutture come gazebo senza necessità di titolo edilizio.
Tuttavia, il TAR ha ritenuto che le modifiche al decreto non si applichino nel caso specifico per i seguenti motivi:
- esclusione delle opere che creano spazi chiusi: la norma esclude espressamente le opere che, come quella in esame, comportano la creazione di spazi chiusi stabili e l'alterazione volumetrica dell'immobile;
- destinazione permanente dell'opera: nonostante il Decreto Salva Casa consenta alcune opere temporanee, la struttura in questione è destinata a un uso commerciale permanente (bar), il che implica la necessità di un titolo edilizio.
L'opera non ha carattere ornamentale: serviva la SCIA
Il Tar evidenzia che la Giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., n. 39596/2024) ha chiarito che non possono considerarsi “manufatti leggeri, i manufatti implicanti la creazione di spazio chiuso al servizio di esigenze non temporanee di attività commerciale” e ciò in quanto “tale installazione integra, pertanto, un intervento di nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e.5), d.P.R. citato, idoneo a determinare la trasformazione urbanistico-edilizia del territorio e soggetto, come tale, a regime autorizzatorio”.
Applicando tali principi al caso di specie, ritiene il Collegio che, in primo luogo, l'opera nel suo complesso difetti del mero carattere ornamentale di cui si è detto, in quanto le ampie dimensioni che la connotano (struttura di metallo 9,20 x 4 metri, con altezza da 2,20 m fino a 3,20 metri, cui si aggiunge la copertura - in vetro plastificato e plexiglass - di altezza variabile, con chiusura su tutti i lati, seppure con teli PVC) determinano un aumento del carico urbanistico, nonché la trasformazione urbanistico-edilizia del territorio; di qui la necessità del regime autorizzatorio, sub specie di SCIA.
In secondo luogo, essa non risulta facilmente amovibile, in quanto, pur se priva di fondamenta, presenta due porte d’accesso, nonchè è dotata di impianto elettrico. Anche sotto aspetto, quindi, difetta il carattere “leggero” e “ornamentale” del gazebo.
Manca anche la temporaneità
In terzo luogo, chiude il TAR, l'opera non ha valenza temporanea.
A tal fine, l'art. 6, comma 1, e bis), DPR 380/2001 stabilisce che “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee” sono tali “purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale”.
Nel caso di specie, la struttura in questione rappresenta un’estensione perpetua del locale bar (anche in ragione della presenza di sedie, tavolino) che ben può essere utilizzata in tutte le stagioni (di qui la presenza di un fungo riscaldante).
Ne deriva che il gazebo per cui è causa, mirando a soddisfare esigenze non temporanee di attività commerciale, necessita di titolo edilizio.
LA SENTENZA E' SCARICABILE IN ALLEGATO
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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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