Infrastrutture | Mobilità
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Giovannini: in due anni assegnati 105 miliardi per le ferrovie e 63 miliardi per la rete stradale e autostradale

Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, ha incontrato Andrea Dari, editore di Ingenio, e Alfredo Martini, direttore di AIS, per fare il punto sulle attività realizzate dal MIMS e su quello viene lasciato in eredità al nuovo ministro.

Giovannini ha reso il Ministero molto più efficiente, con una visione orientata alla sostenibilità

Sono passati 20 mesi da quando Enrico Giovannini è stato chiamato a guidare il dicastero di Porta Pia. Quasi 2 anni di lavoro intenso, nel segno del rinnovamento e di una rigorosa pianificazione, con lo sguardo rivolto sempre a realizzare le riforme e gli obiettivi del PNRR di competenza. Ma se il PNRR ha costituito il perno intorno al quale muoversi non si è mai perso di vista l’obiettivo più generale di fornire strumenti e indirizzi in grado di porre le basi per un cambiamento graduale ma chiaro sulla strada indicata dalla Next Generation EU.

Se la legislatura si fosse chiusa alla sua scadenza naturale avremmo completato il nostro lavoro creando le condizioni per una irreversibilità del processo. Purtroppo oggi sono rimaste alcune questioni, alcuni provvedimenti in sospeso. Devo anche dire che mi sono innamorato di questo ministero, delle sue potenzialità, delle competenze. E credo che siamo riusciti ad avviare un percorso di innovazione che mi auguro non subisca un arresto, ma trovi le energie e la volontà per un ulteriore sviluppo.”

Che con Giovannini il MIT sia stato al centro di una riconfigurazione sul piano dell’efficienza e del metodo di lavoro, sia al suo interno che nel dialogo con gli stakeholder, appare oggi indubbio. E gli viene ampiamente riconosciuto dalla quasi totalità dei rappresentanti delle oltre 50 associazioni e organizzazioni che ha voluto aggregare nella Consulta. Un diverso passo e una visione fortemente orientata alla sostenibilità hanno caratterizzato questa esperienza fin dal cambiamento del nome, da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) a Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS).

Un mutamento non formale, in quanto ha significato un costante e crescente impegno nell’innestare, attraverso provvedimenti di diversa natura e impatto, una cultura della sostenibilità come fattore prioritario e di innovazione della filiera e del mercato delle opere pubbliche.

Investiti 105 mld per le ferrovie, 63 per la rete stradale e 36 per le infrastrutture urbane regionali

Se dovessi sintetizzare i risultati di questi quasi due anni alla guida del ministero direi che hanno riguardato tre aspetti. Il primo è la forte spinta agli investimenti. Sotto questo punto di vista sono i numeri a parlare. Da un lato una crescita delle disponibilità finanziarie a disposizione del ministero, dai 105 miliardi per le ferrovie ai 63 miliardi per la rete stradale e autostradale, ai 36 miliardi per le infrastrutture urbane regionali. A cui vanno aggiunte le risorse per i porti e gli aeroporti. Vale la pena anche segnalare l’anticipazione per 8 miliardi sui fondi di coesione del prossimo settennato, una procedura quanto mai insolita a riprova dell’efficienza dimostrata. Il secondo aspetto riguarda le riforme. Avevamo preso degli impegni per quanto riguardava il sistema portuale e la logistica, così come la mobilitazione delle merci e dei trasporti collegati. E così è avvenuto, con provvedimenti che oggi consentono di aumentare l’efficienza del sistema. Abbiamo ridotto drasticamente i temi di definizione e approvazione degli accordi con le società di gestione come RFI, così da collocare rapidamente le risorse ingenti del PNRR.

Siamo passati dai tradizionali 3 anni agli 8 mesi attuali. Abbiamo iniziato ad affrontare la questione idrica, ripartendo oltre il 50% delle risorse dedicate dal PNRR inserite nel Piano nazionale. Si tratta di 2 aspetti, quello della gestione delle risorse e delle riforme, strettamente integrate tra di loro, così come il terzo: la pianificazione. Un fattore strategico di governance che non può prescindere da un’attività di studio e di analisi, di ascolto delle esigenze del territorio da riportare poi all’interno di uno scenario complessivo aperto al futuro. Ed è quello che abbiamo fatto con il documento strategico che stiamo per presentare nella sua versione finale, risultato di un lavoro complesso che ha coinvolto tantissime persone sotto il coordinamento di Salvatore Rossi e che è stato discusso in incontri pubblici a Milano, Firenze e a Napoli e ora a Roma.

Mettere al centro la pianificazione costituisce una scelta che innova una tradizione poco attenta a questo aspetto e che invece può fare la differenza. Una pianificazione che affronta ambiti specifici, ma che ha la sua forza nella capacità di integrazione in una visione generale. Mi permetto poi di aggiungere un quarto elemento, che pervade tutta l’attività svolta nei 20 mesi, e che in qualche modo ne è il motore.

Riguarda il “pensiero”, ovvero lo sforzo di favorire una nuova cultura basata sullo scambio, sulla messa in circolo e in comune le idee. Dalla convinzione dell’importanza di questa disseminazione ne è scaturito un metodo sia all’interno del ministero che rispetto agli stakeholder, attraverso la produzione di rapporti, studi e documenti che costituiscono un substrato di informazione e di elaborazioni a sostegno di una nuova visione del ruolo delle infrastrutture e degli investimenti pubblici. L’ultimo atto prima del cambio ai vertici del ministero è l’analisi dello scoring degli investimenti pubblici, una metodologia e uno strumento in grado di valutarne l’efficacia. Senza dimenticare la produzione normativa e di indirizzo, in primis le Linee guida relative al Progetto di Fattibilità Tecnica Economica (PFTE). Così come il lavoro preparatorio in vista della nuova legge sui contratti pubblici, dove sono state poste le basi per alcune novità sostanziali nel segno della sostenibilità, ma anche dell’apporto della digitalizzazione.”

Il rimpianto maggiore è la legge sulla rigenerazione urbana

È altresì evidente che l’interruzione anzitempo della legislatura abbia comportato l’impossibilità di portare a termine alcune riforme e alcuni provvedimenti che avrebbero completato il quadro di riferimento inizialmente programmato.

Il dispiacere maggiore riguarda la nuova legge sulla rigenerazione urbana, sulla quale abbiamo lavorato moltissimo ed eravamo ormai in dirittura d’arrivo. Sarebbe stato realisticamente possibile approvarla entro l’anno. Peccato.

L’auspicio è che venga ripresa rapidamente, aggiornando un quadro che resta sostanzialmente ancora ancorato alla legge urbanistica del 1942. Ritengo, inoltre, che l’interruzione del mandato abbia impedito di proseguire sulla strada di una crescita personale e di competenza delle persone, dei tecnici e di chi lavora nei diversi dipartimenti e strutture del dicastero. Il nostro metodo, la forte interazione tra competenze interne ed esperti esterni, accanto ad un trasparente e continuativo confronto con gli stakeholder costituiscono dei riferimenti importanti per uno sviluppo armonioso e progressivo di una cultura amministrativa e tecnica orientata alla sostenibilità. Anche in questo caso l’auspicio è che quanto è stato fatto non vada disperso.”

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