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Il degrado del calcestruzzo nel clima del 21° secolo

Meccanismi scatenanti, strategie di adattamento e mitigazione, impermeabilità delle strutture, cenni di modellizzazione.

Questo articolo illustra i principali meccanismi di degrado del calcestruzzo legati all’acqua e vuole sensibilizzare il lettore sul probabile (per non dire certo) inasprimento degli stessi nel quadro dei cambiamenti climatici in corso nel 21° secolo.

Considerando le azioni dell’ambiente esterno come dei carichi, alla stessa stregua dei carichi statici e dinamici, è intuitivo considerare che la perdita di durabilità del calcestruzzo, causata dal degrado chimico-fisico, culmini nel raggiungimento di uno stato limite di servizio in cui le azioni dell’ambiente hanno superato localmente le “resistenze” della struttura (per esempio la diffusività del calcestruzzo e lo spessore del copriferro, come vedremo nel testo che segue).

Si illustrerà quindi come l’intensità delle azioni è destinata, nel clima del 21° secolo, ad aumentare e conseguentemente, nell’ottica delle strategie di prevenzione ed adattamento, devono essere incrementate, di pari passo, anche le resistenze, ovvero la durabilità.

Solo in questo modo infatti si possono garantire vite di servizio sufficienti per ridurre il rischio di degrado precoce. Tale rischio, oltre ad avere un impatto notevole sull’efficienza funzionale delle strutture in calcestruzzo (sia in edilizia che nelle infrastrutture), comporta anche numerosi cicli di manutenzione non previsti, nel migliore dei casi, o la demolizione precoce (nel peggiore). Tuttavia, nel mondo di oggi ed in quello di domani dove gli obiettivi di mitigazione globali del tasso di incremento della temperatura media terrestre impongono una forte riduzione delle attività che generano gas serra (in primis CO2), meno interveniamo sul costruito e meno costruiamo di nuovo, meglio sarebbe.

La filiera del calcestruzzo e quelle dei processi costruttivi e di risanamento degli edifici e delle infrastrutture hanno, infatti, un’impronta ecologica del carbonio molto elevata che male si sposa con gli obiettivi fissati dagli accordi di Parigi del 2015.

È importante quindi capire i fenomeni di degrado scatenanti e, tramite modelli previsionali accurati, che qui accenniamo solo brevemente in appendice, prevedere come evolvono e cosa si può fare, con l’attuale tecnologia, per limitarne gli effetti, avendo però cura di ridurre contemporaneamente le emissioni di gas serra durante il processo.

Nell’ambito della discussione abbiamo, infine, affrontato nuovamente il tema, annoso, della garanzia d’impermeabilità delle strutture come conditio-sine-qua-non per estendere la vita di servizio delle stesse in questo clima ed in quello futuro.


Il Clima del 21° secolo in Italia

Nel contesto politico e scientifico attuale, il massimo organismo che si occupa di elaborare ed integrare i dati climatici necessari a fare previsioni su quello che ci aspetta nei prossimi decenni fino a fine secolo, è l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Questo organo, con sede in Svizzera, si occupa di produrre periodicamente dei rapporti che aggiornano le informazioni disponibili per raffinare le previsioni sul clima di domani e per fornire alla classe politica mondiale i dati essenziali per pianificare la mitigazione dei rischi legati all’aumento incontrollato delle temperature rispetto ai livelli preindustriali.

Come noto, secondo gli accordi di Parigi del 2015 sanciti da 193 nazioni della Terra, per mantenere l’incremento medio di temperatura sotto i 2.0°C è necessario rendere entro il 2050 le attività antropiche (incluse quindi quelle industriali) neutrali nei confronti delle emissioni di CO2. Come altrettanto noto, già da oggi, esistono forti dubbi che questo sia fattibile e che quindi siamo (forse?) destinati ad affacciarci ad un futuro ancora più incerto in termini di conseguenze del superamento di questa soglia. Molti studiosi di clima infatti temono una risposta non lineare del sistema terra al superamento della soglia del 2.0°C con esiti, ahimè, poco prevedibili.

A titolo informativo, e come riportato dalla stampa nazionale, la Svizzera, nell’estate del 2022, ha registrato un aumento medio delle temperature estive sopra i livelli preindustriali di 1.9°C ma, vista l’intensità delle ondate di calore estive che si sono susseguite in tutta l’Europa centrale e meridionale da giugno ad agosto 2022, la situazione nelle altre nazioni, Italia compresa, non deve essere stata molto differente.


Previsioni climatiche nel bacino del mediterraneo

Restando “ottimisti” e volendo valutare cosa ci aspetta se miracolosamente riuscissimo a centrare gli obiettivi degli accordi succitati, possiamo avvalerci di uno strumento disponibile online al seguente  link .

Si tratta dell’atlante globale previsionale del clima mondiale per il 21° secolo dove, regione per regione, si possono valutare in forma grafica molto chiara i possibili scenari climatici del futuro prossimo.

Non esistendo dati specifici per l’Italia, dobbiamo accontentarci delle simulazioni relative all’area mediterranea in generale il cui clima, di tipo mediterraneo appunto, è condiviso da tutti gli stati che si affacciano su questo bacino, Italia compresa.

Possiamo quindi vedere cosa ci dice la scienza oggi sui possibili scenari climatici di questa regione, e possiamo osservare come evolveranno le temperature, le precipitazioni, etc. da qui al 2100.

Di seguito si riportano alcune di queste elaborazioni relative in particolare a:

  • aumento della temperatura media dell’aria (figura 1),
  • aumento delle temperature media del mare (figura 2),
  • variazione del regime di precipitazioni annuali (figura 3)
Andamento temperatura media dell'aria - bacino Mediterraneo
Figura 1
Andamento temperatura media del mare - bacino Mediterraneo
Figura 2
Andamento precipitazioni - bacino Mediterraneo
Figura 3

Senza quindi essere specialisti in materia di clima, è immediato riconoscere dei trend molto chiari (anche se con un certo margine di incertezza): farà più caldo e per più tempo, pioverà di meno ed il mare sarà mediamente più caldo.

Sebbene diminuiscano le precipitazioni in termini di frequenza, non diminuirà l’umidità atmosferica, anzi aumenterà a fronte di un notevole aumento della temperatura del mare come nel caso, oggi, delle zone costiere del Medio Oriente ed Emirati Arabi dove, sebbene non piova quasi mai, in estate si raggiungono valori termici prossimi a 50°C con umidità opprimente oltre l’80%.

La presenza di forte umidità scatena reazioni di attacco chimico quali quello solfatico e la reazione alcali silice (RAS), come vedremo di seguito.

L’aumento della temperatura del mare aumenterà l’energia termica disponibile per fenomeni climatici violenti quali tempeste e tornado, e sebbene la frequenza degli eventi piovosi ordinari diminuirà, la loro intensità si rafforzerà rendendoli straordinari.

Il terreno, spesso secco per siccità prolungate, non potrà però riassorbire acqua facilmente durante gli eventi piovosi estremi e domineranno quindi il ruscellamento e l’erosione superficiale. I fiumi avranno magre sempre più prolungate che, insieme all’uso intensivo delle falde nelle regioni antropizzate, causeranno l’abbassamento delle stesse. Nelle zone costiere quindi, come già osservabile oggi, la carenza di acqua dolce ed il presumibile innalzamento medio del livello del mare faranno avanzare il cuneo salino marino (ovvero la falda salina che si ha in prossimità delle coste) di decine di chilometri nell’entroterra, causando la salinizzazione delle falde e dei suoli. In altre parole, le zone costiere interne, come per esempio quelle della pianura padano-veneta, dove oggi le falde sono dolci, potranno diventare in futuro salmastre o propriamente saline.


Implicazioni per la durabilità del calcestruzzo

Focalizzandoci sulle implicazioni di questi scenari sul degrado del calcestruzzo, possiamo affermare allora quanto segue.

  • Se aumenterà la temperatura media dell’ambiente, aumenterà la cinetica di molte reazioni di degrado del calcestruzzo, in primis la corrosione indotta da cloruri. Infatti è noto che i climi caldi ed umidi accelerino la corrosione dei ferri.
  • Se aumenterà la salinizzazione delle falde, i calcestruzzi che oggi sono esposti ad un basso rischio di corrosione indotta da sali, potranno invece essere attaccati anche da acque propriamente saline e quindi corrosive per i ferri.
  • Se aumenterà il ruscellamento superficiale, aumenteranno anche le alluvioni improvvise (Ing. flash floods) e gli allagamenti dei piani interrati di edifici ed infrastrutture (stazioni metro, vani tecnici, posteggi, etc.) con conseguente esposizione periodica del calcestruzzo a forte saturazione seguita da periodi asciutti.

Risulta quindi abbastanza chiaro, da questa breve analisi, quanto segue: sebbene fino ad oggi abbiamo ragionato in termini di durabilità del calcestruzzo in un contesto ambientale familiare che ha dominato tutto l’Olocene (ovvero gli ultimi 12000 anni), dobbiamo adesso fare sempre più i conti con il clima dell’Antropocene “made by homo-sapiens”. Clima che, oltre a creare potenziali gravi problemi agli esseri umani, ne causerà parimenti alle strutture in generale ed a quelle in calcestruzzo in particolare.

Per capire quindi il degrado del calcestruzzo e come questo possa accelerare in futuro a causa degli stress climatici, è necessario analizzare i principali meccanismi dello stesso, che tali resteranno anche in futuro, ma che potrebbero avvenire con maggiore intensità e rapidità, riducendo la vita di servizio delle strutture in modo inatteso, se il rischio fosse sottovalutato.


Il corposo articolo di oltre 30 pagine, continua con la trattazione dei seguenti temi:

  • I comuni meccanismi di degrado del calcestruzzo
  • La durabilità delle strutture come condizione essenziale per estendere la vita di servizio del calcestruzzo del 21° secolo
  • Impronta della CO2 della filiera del calcestruzzo
  • Osservazioni conclusive
    Appendici
  • Appendice A1. Cenni di modellizzazione della propagazione dei cloruri
  • Appendice A2. Cenni di modellizzazione della propagazione della carbonatazione
  • Appendice A3. Commentario sulle strategie e dettagli progettuali per impermeabilizzazione di strutture in contatto con acqua (rielaborati da BS8102)


Ringraziamenti: L’autore desidera ringraziare i colleghi di IMM SA: Paolo Tudori (Ing. – MSc), Andrea Della Pergola (Ing. PHD), Patrizia Lanata (Ing. – PHD), per il valido contributo e suggerimenti forniti!

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
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