Il permesso in sanatoria è inefficace senza una autorizzazione paesaggistica valida
La sanatoria paesaggistica è ammessa solo per interventi di lieve entità, ossia che non comportino variazioni di superfici e di e volumi, ma che prevedano eventualmente l’utilizzo di materiali difformi da quelli autorizzati. In tali casi, l’autorità competente può accertare la compatibilità paesaggistica, evitando la demolizione e applicando una sanzione pecuniaria. In una recente sentenza la Corte di Cassazione ribadisce che, in assenza di tale autorizzazione, anche il permesso in sanatoria è inefficace e l’opera abusiva deve essere demolita, indipendentemente dal rilascio di successivi titoli edilizi.
Abusi edilizi in area vincolata: quando è possibile la sanatoria paesaggistica
La sanatoria paesaggistica consente la regolarizzazione di interventi edilizi realizzati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Essa ha lo scopo di sanare situazioni di irregolarità che non abbiano compromesso in modo irreversibile il paesaggio protetto.
Dopo il terzo condono edilizio, è emersa l'esigenza di introdurre, oltre alla sanatoria ordinaria e a quella straordinaria, una sanatoria paesaggistica destinata esclusivamente agli abusi edilizi realizzati in aree soggette a vincoli paesaggistici.
La sanatoria paesaggistica viene trattata dagli artt. 167 e 181 del DLGS n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Secondo il comma 4 art. 167 “L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
- a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.”
L’articolo mette in evidenzia i casi in cui sia possibile ottenere la sanatoria paesaggistica, spiegando quando l'autorità amministrativa possa procedere all’autorizzazione dell’intervento su richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica, cioè a seguito di un controllo atto a verificare se l'intervento abbia avuto un impatto sull’area (o l’edificio) tutelata.
In sostanza, la norma elenca le situazioni in cui la difformità sia considerabile lieve (tollerabile) perché non invasiva, per cui sia possibile procedere alla regolarizzazione l’abuso paesaggistico senza demolire le opere realizzate.
Sebbene in tali casi la demolizione possa essere evitata ai sensi del comma 1 ter dell’art. 181, resta ferma “l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 167”, il quale al comma 5 prevede che l'autorità competente debba pronunciarsi entro 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro 90 giorni e che
“Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima.” Quindi in caso di abusi paesaggistici lievi, se l’intervento viene considerato compatibile con il paesaggio, non si ordina la demolizione, ma si applica solo una sanzione economica.
Chiarito ciò bisogna fare un’ultima precisazione, ossia quella riguardante l’assenza di un’autorizzazione paesaggistica valida, ovvero dell’assenza di parere in sanatoria favorevole della Soprintendenza.
In tali casi, infatti, anche il permesso in sanatoria è inefficace come sancito nell’art. 146, comma 4, DLGS 42/2004 “L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio” e dall’art. 167, comma 5, “In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1”.
Dunque, un permesso edilizio in sanatoria rilasciato in area vincolata, in assenza di valida autorizzazione paesaggistica, è inefficace, in quanto l’autorizzazione paesaggistica è un atto autonomo e indispensabile per la validità di qualunque titolo edilizio. Più in generale occorre comunque ricordare che tale autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria salvo nei casi tassativi indicati dai commi 4 e 5 dell’art. 167 (art. 146 comma 4).
Tale principio viene ribadito anche dalla sentenza n. 12520/2025 della Corte di Cassazione, la quale offre l’occasione per riflettere sui limiti applicativi della cosiddetta sanatoria paesaggistica, ribadendo il principio chiave che in area vincolata, senza un’autorizzazione paesaggistica valida, anche il permesso urbanistico in sanatoria è inefficace.
Sanatoria paesaggistica: quando non basta per salvare un abuso edilizio
La Suprema Corte ha chiarito definitivamente che la sanatoria paesaggistica prevista dall'art. 167, comma 4, del DL 42/2004 ha un campo di applicazione estremamente limitato. Questa forma di regolarizzazione a posteriori è consentita esclusivamente per i cosiddetti abusi minori ritenuti tollerabili, ossia quegli interventi che non comportano la creazione di nuove superfici o volumi.
Oggetto della sentenza è un manufatto edilizio realizzato senza titolo per cui ne veniva ordinata la demolizione dalla Pretura Circondariale di Napoli, con riferimento a sentenza penale passata in giudicato.
In seguito, il ricorrente aveva ottenuto un permesso di costruire in sanatoria, accompagnato anche da un parere favorevole sotto il profilo paesaggistico, sostenendo che ciò rendesse ormai legittimo l’immobile e impedisse la demolizione. A suo dire, l’immobile si sarebbe trovato ora in una situazione di stato legittimo ai sensi dell’art. 9-bis del DPR 380/2001.
La Corte ha tuttavia smentito radicalmente questa ricostruzione, chiarendo che “(…) dalla lettura dell'ordinanza emerge che l'immobile sarebbe già stato acquisito al patrimonio immobiliare del Comune di Ischia. Se così è - e tale affermazione non è contestata dal ricorrente - il ricorso è inammissibile per difetto di interesse, in quanto (…), in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso.”
Se, quindi, l’immobile risulta acquisito al patrimonio comunale l’unica richiesta legittimamente proponibile è quella finalizzata a procedere volontariamente alla demolizione a proprie spese, eventualità che nel caso di specie non è stata prospettata.
Ma ancor più interessante risulta il passaggio in cui la Corte sottolinea che “(…), nel caso in esame correttamente il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che, ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, non fosse consentito il ricorso alla c.d. «sanatoria paesaggistica» di cui all'articolo 167, comma 4, d. Igs. 42/2004, limitata alla ipotesi in cui, attraverso l'abuso, non vi sia stata creazione di superfici o volumi (come invece pacificamente occorso nel caso di specie). Poiché l'autorizzazione paesaggistica, secondo l'art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. «abusi minori», tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004.”
In sintesi la validità della sanatoria paesaggistica ottenuta dal ricorrente non può essere considerata tale ai sensi dell’art. 167, comma 4, del DLGS 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), in quanto le opere realizzate avevano determinato un incremento volumetrico e di superficie, elemento che esclude la possibilità di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma.
L’autorizzazione paesaggistica, secondo l’art. 146 del Codice dei beni culturali deve essere ottenuta prima del permesso di costruire, tranne nei casi previsti dalla legge per i cosiddetti abusi minori. Senza un’autorizzazione paesaggistica valida e preventiva, neanche il permesso di costruire in sanatoria può cancellare il reato edilizio o giustificare la revoca dell’ordine di demolizione.
La sentenza chiarisce che, anche se è stato rilasciato un permesso in sanatoria, il giudice deve comunque controllarne la validità dell’atto, soprattutto per quanto riguarda il rispetto delle regole di tutela paesaggistiche. Solo se l’intervento è pienamente conforme alla legge e c’è risulta acquisita l’autorizzazione paesaggistica, o in alternativa parere favorevole in sanatoria della Sopraintendenza, si può evitare la demolizione. Se mancano questi requisiti la sanatoria, anche se rilasciata, non ha effetto e l’opera abusiva deve essere demolita.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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