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L’intelligenza artificiale e il cambiamento climatico: una rivoluzione in bilico

L’intelligenza artificiale promette di trasformare il mondo, ma la sua rivoluzione energetica rischia di compromettere gli obiettivi climatici globali. L’AI consuma sempre più energia, richiedendo soluzioni immediate e sostenibili. Tra nucleare, gas naturale e resistenze locali come il fenomeno NIMBY, il futuro dell’energia e del pianeta dipenderà da scelte pragmatiche e non ideologiche.

La scorsa settimana, Microsoft ha annunciato un investimento di circa 80 miliardi di dollari per costruire nuovi data center dedicati alla sua crescente attività nell’intelligenza artificiale (AI). Questo dato, riportato da David Gelles nel suo articolo "What will power the A.I. revolution?" per il New York Times, rappresenta sia un’opportunità senza precedenti per l’innovazione tecnologica, sia una nuova sfida per il clima.

L’articolo, pubblicato nella sezione “Climate and Energy”, pone una domanda cruciale: quale sarà il prezzo ambientale della rivoluzione dell’intelligenza artificiale?

Ne avevo recentemente parlato in un altro articolo su INGENIO, "Il lato oscuro dell’intelligenza artificiale" e quindi ho ritenuto interessante riprendere anche questo articolo del NY Times che cita lo stesso report del Dipartimento dell'Energia.

Il boom dell’IA sta generando infatti una nuova emergenza: data center sempre più energivori e dipendenti da fonti fossili.

   

Il paradosso climatico delle Big Tech

Negli ultimi anni, aziende come Microsoft, Google e Amazon si sono erette a paladine della sostenibilità, impegnandosi in ambiziosi obiettivi climatici: dalla promessa di Microsoft di eliminare tutte le sue emissioni storiche, agli impegni net-zero di Google. Tuttavia, come evidenzia Gelles, il rapido sviluppo dell’AI sta rendendo questi obiettivi sempre più difficili da raggiungere.

I data center, indispensabili per l’elaborazione di algoritmi sempre più complessi, stanno triplicando il loro consumo energetico. Secondo uno studio sostenuto dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, entro il 2028 i data center potrebbero rappresentare il 12% del consumo elettrico nazionale. A livello globale, McKinsey prevede una crescita della domanda di data center del 20% annuo fino alla fine del decennio.

Per soddisfare questa crescente domanda di energia, le Big Tech stanno esplorando diverse opzioni.

Tuttavia, come spiega l’articolo, le soluzioni immediate passano inevitabilmente per il gas naturale, la principale fonte di energia della rete statunitense, responsabile del 42% della generazione elettrica. Sebbene meno inquinante del carbone, il gas naturale contribuisce significativamente al riscaldamento globale, emettendo grandi quantità di metano.

A lungo termine, l’industria tecnologica guarda al nucleare come possibile soluzione.

Microsoft ha investito nella riapertura dell’impianto di Three Mile Island, mentre Google e Amazon puntano su reattori più piccoli e avanzati. Sam Altman, CEO di OpenAI, ha persino ipotizzato che la fusione nucleare sia “sul punto di diventare realtà”.

Tuttavia, come sottolinea Jason Bordoff, direttore del Center on Global Energy Policy alla Columbia University, il nucleare non è una soluzione immediata: “Questi progetti sono a dieci anni di distanza, mentre la domanda di energia è qui e ora”.

   

L’AI può diventare parte della soluzione al problema?

Nonostante il suo impatto attuale, l’AI potrebbe anche essere uno strumento per combattere il cambiamento climatico.

Come evidenzia Gelles, l’AI ha il potenziale di migliorare l’efficienza energetica in molti settori: dall’ottimizzazione dei flussi elettrici nella rete alla scoperta di nuove tecnologie pulite.

Se queste prospettive si concretizzeranno, le emissioni odierne potrebbero essere viste come un sacrificio temporaneo per un futuro più sostenibile.

Nell'articolo del NT Times, Nili Gilbert, vicepresidente di Carbon Direct, conferma questa visione ottimistica, sottolineando che “le aziende che guidano la crescita dei data center AI sono anche quelle più impegnate sugli obiettivi climatici”. Tuttavia, fino a quando non emergeranno soluzioni come la fusione nucleare o le rinnovabili a basso costo, l’espansione dell’AI continuerà a gravare sul clima.

   

Conclusioni

L’articolo di Gelles evidenzia un aspetto fondamentale della rivoluzione tecnologica: il progresso non è mai privo di costi. L’AI ha il potenziale di trasformare il mondo, ma il suo impatto sul clima rappresenta una sfida che non può essere ignorata.

Accelerare la transizione verso fonti energetiche pulite è indispensabile per garantire che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale non comprometta il futuro del pianeta. Tuttavia, questo obiettivo richiede non solo un impegno globale, ma anche un approccio lucido e pragmatico da parte di governi e cittadini.

È fondamentale evitare posizioni ideologiche che, pur partendo da intenti condivisibili, finiscono per ostacolare soluzioni necessarie.

Un esempio emblematico è il fenomeno del NIMBY (Not In My Backyard), che si manifesta quando la resistenza locale impedisce l’installazione di infrastrutture energetiche pulite, come impianti fotovoltaici o eolici.

In Sardegna, ad esempio, l’ostilità verso l’eolico e il fotovoltaico ha bloccato progetti che avrebbero potuto ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Questa contraddizione si ripete in molte regioni, dove la volontà di abbracciare la sostenibilità si scontra con la riluttanza ad accettare i cambiamenti necessari per realizzarla.

Gli impianti eolici, in particolare, rappresentano una sfida: sono tra le fonti più efficienti e scalabili di energia pulita, ma raramente trovano il consenso delle comunità locali, che li percepiscono come invasivi dal punto di vista paesaggistico o rumorosi. Questa opposizione rallenta la diffusione delle rinnovabili, compromettendo gli obiettivi climatici globali e aggravando la dipendenza da fonti energetiche più inquinanti.

Per superare questi ostacoli, è essenziale promuovere una cultura del dialogo e dell’informazione che metta al centro l’interesse collettivo e i benefici a lungo termine.

I governi devono sviluppare politiche capaci di equilibrare i bisogni locali con le urgenze globali, adottando soluzioni che minimizzino l’impatto sul territorio e offrano compensazioni tangibili alle comunità coinvolte.

La rivoluzione energetica e tecnologica richiede un patto di responsabilità tra istituzioni, aziende e cittadini. Solo affrontando il problema con pragmatismo e senza preconcetti sarà possibile superare le resistenze e realizzare quella transizione energetica che rappresenta la vera sfida del nostro tempo.

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