Sismica | Costruzioni | Ingegneria Strutturale | Sicurezza | Dispositivi Antisismici
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Ingegneria strutturale: la dissipazione dell’energia come strategia per la riduzione della vulnerabilità sismica

L’articolo analizza le strategie per la dissipazione dell’energia nelle strutture soggette ad azioni dinamiche, come sisma e vento. Vengono illustrati approcci progettuali, ruolo dello smorzamento, uso della duttilità strutturale e dispositivi dedicati (viscosi, isteretici, TMD, AMD), con esempi reali applicati.

La progettazione strutturale in ambito dinamico rappresenta una delle tematiche più importanti e recenti dell'ingegneria civile.

In particolare negli ultimi decenni l’ingegneria sismica e l’ingegneria del vento hanno spinto allo studio di nuove e migliori strategie di protezione di edifici e infrastrutture, adottando approcci progettuali che superano il concetto di aumento delle resistenze meccaniche.

Gli ultimi sviluppi hanno introdotto metodologie sempre più sofisticate, che non solo mirano a mantenere salvaguardare la vita degli occupanti, ma anche a limitare i danni alle strutture o, addirittura, garantire la funzionalità post-evento.

Tra queste, un ruolo centrale è assunto dai sistemi di dissipazione energetica, che comprendono dispositivi passivi, attivi o ibridi per la riduzione delle sollecitazioni e la limitazione degli spostamenti.

Nel seguito si riporta una sintesi dell’argomento, tratta da un intervento del sottoscritto a un seminario, per cui mi scuso se la forma del testo non è ottimale.

    

Approcci Progettuali alla Dinamica Strutturale

I metodi progettuali dell’ingegneria, in campo dinamico, di cui disponiamo sono:

  1. metodi basati sul puro rinforzo delle strutture: prevedono solo l’incremento delle resistenze per resistere alle azioni esterne
  2. metodi basati sull’ isolamento sismico: creano il disaccoppiamento del moto fra la struttura e la fondazione
  3. metodi basati sulla dissipazione dell’energia sfruttando:
    a. la duttilità strutturale
    b. l’utilizzo di dispositivi
  4. metodi che prevedono una combinazione dei suddetti.

Vediamoli nel seguito.

 

Metodo Tradizionale: il Rinforzo Strutturale

Consiste nel progettare strutture che resistono alle azioni esterne tramite il solo RINFORZO delle strutture. Si adotta nelle strutture che:

  • non hanno duttilità (strutture fragili);
  • non devono danneggiarsi in nessun caso;
  • non hanno dissipazione per ragioni costruttive.

Il risultato: si ottengono strutture molto massicce e pesanti. E’ possibile solo per strutture di modeste dimensioni.

Resistere alle azioni esterne tramite l’isolamento alla base

E' utile solo per l’azione sismica. Richiede l’inserimento di dispositivi di isolamento che:

  • Hanno bassa rigidezza alle azioni orizzontali
  • Hanno un certo smorzamento (intrinseco del dispositivo).

Non è sempre applicabile in pratica: occorrono idonei spazi.

Si applica su edifici con periodo proprio modesto. Funzionano bene per il sisma.

 

Resistere alle azioni esterne tramite la dissipazione dell’energia

La dissipazione dell’energia ha due approcci:

  • Primo approccio: Resistere alle azioni esterne sfruttando la plasticizzazione delle sezioni critiche della struttura portante, cioè i cicli di isteresi. È una tecnica efficace per l’azione sismica.
  • Secondo approccio: Resistere alle azioni esterne tramite dispositivi di dissipazione di energia inseriti nella struttura portante. È una tecnica utile per l’azione sismica e per il vento.

Il primo è l’approccio classico in “gerarchia delle resistenze”, che qui non si approfondisce, in quanto ben noto. Esso è il metodo principe proposto nell'attuale NTC; prevede che la struttura possa superare l’evento più gravoso tramite un danneggiamento diffuso ma senza crolli.

Il secondo richiede l’inserimento di dispositivi di dissipazione che:

  • Aggiungono un certo smorzamento strutturale
  • Possono avere rigidezza (isteretici) o non averla (viscosi)
  • A volte si utilizzano in accoppiamento fra loro.

Si applicano facilmente su molti tipi di strutture e funzionano per il sisma e per il vento.

L’utilizzo dei dispositivi richiede un approccio progettuale specifico, e in particolare la definizione di un “target” di progetto. Nella NTC attuale, molto prescrittiva e impostata sulla gerarchia della resistenza, sostanzialmente non tratta questo tema.

  

Il Ruolo dello Smorzamento

Come già detto, lo smorzamento strutturale è dovuto alla dissipazione di energia. Nella dinamica delle strutture esso è benefico, ed è fondamentale per il raggiungimento del target di progetto.

 

Esempio di grafico delle accelerazioni in una struttura
Esempio di grafico delle accelerazioni in una struttura
(Crediti: A. Pignagnoli)

  

Lo smorzamento è indispensabile per:

  • Ridurre l’entità degli spostamenti quindi limitare gli sforzi (target di progetto)
  • Arrestare il moto al termine dell’azione esterna.

In moltissimi problemi dinamici noi utilizziamo sistemi meccanici smorzati: dalle sospensioni dei veicoli agli smorzatori sulle ante di un mobiletto della cucina.

  

I vari tipi di smorzamento strutturale

Vi sono molti tipi di smorzamento strutturale ma la distinzione è convenzionale in quanto essi non sono sempre chiaramente distinguibili.

In pratica non esiste un unico modello universale di dissipazione, in quanto alcuni tipi sono indipendenti spostamenti, altri dipendono dagli spostamenti, e altri ancora dalla velocità. Per ogni tipologia strutturale occorre adottare un modello diverso di dissipazione, il più possibile aderente alla realtà.

Convenzionalmente possiamo distinguerli come segue:

  • Smorzamento interno ed esterno della struttura dovuto agli «attriti»:
    a. Intrinseco, dovuto agli attriti interni (sempre presente);
    b. Per isteresi dei materiali (quando si supera il limite elastico);
    c. In fondazione (parte dell’energia sismica che impatta viene dissipata nel suolo);
    d. Aerodinamico (parte dell’energia viene dissipata nell'attrito con l’aria).
  • Smorzamento aggiuntivo immesso tramite dispositivi: dissipatori isteretici, viscosi, TMD, AMD.

I campi di interesse dello smorzamento sono diversi, tra questi notiamo:

  • le azioni sismiche, ovvero quando l’azione proviene dal suolo per cui nello smorzamento
    interviene anche la fondazione;
  • le azioni del vento, dove lo smorzamento in fondazione è minimo e si aggiungono interazioni aeroelastiche complesse;
  • problemi di vibrazione;
  • problemi di urti.

In generale sappiamo dalla dinamica delle strutture che, se lo smorzamento effettivo di una struttura è inferiore al valore critico (ζ < 1), il moto si arresta lentamente, mantenendo un moto periodico con decadimento esponenziale.

Da notare che, nell’ingegneria strutturale, gli smorzamenti effettivi sono sempre inferiori al ‘critico’.

 

[Tratto da: Atti del Corso di Ingegneria sismica – Bologna 1984]

 

Smorzamento per attriti / isteresi dei materiali

Può essere sufficiente per bassi livelli dell’azione sollecitante. Per strutture che restano in campo elastico possiamo considerare:

  • 5% per telai in cemento armato;
  • 0.5–2% per strutture in acciaio;
  • Valori inferiori per ponti o edifici alti.

Ad esempio, lo Spettro elastico in accelerazione della NTC adotta un indice di smorzamento convenzionale al 5%; quindi per la progettazione, per bassi livelli di azione (sisma, vento), ci basta lo smorzamento interno della struttura.

 

Smorzamento aggiuntivo: quando occorre un apporto di dissipazione aggiuntiva

Per ALTI livelli di azione (sisma, vento) non ci basta lo smorzamento interno intrinseco perché abbiamo necessità di limitare gli spostamenti e sollecitazioni interne alla struttura.

Abbiamo più possibilità:

  • Strutture progettate in «Gerarchia delle resistenze», e quindi «duttili»: sfruttiamo la dissipazione (quindi lo smorzamento) generata dalla isteresi dei materiali costituenti la struttura portante;
  • In altri casi utilizziamo i dispositivi sismici smorzanti, cioè aggiungiamo smorzamento senza impegnare la struttura portante;
  • Soluzione ulteriore: adottare dispositivi di isolamento alla base, in modo da limitare l’energia sismica in ingresso; il sistema però è sempre associato a un certo livello di smorzamento aggiuntivo.

Ne consegue che le soluzioni non sono sempre univoche e che per ogni situazione si deve trovare il sistema di smorzamento più adatto.

 

Alcuni esempi pratici

Vediamo alcuni esempi pratici:

CASO A: sfrutto la duttilità strutturale

Nell’immagine: Telaio più duttile (a sx) e telaio meno duttile (a dx -piano debole). Utilizzando i metodi classici del calcolo a rottura è facilmente calcolabile il lavoro di deformazione nei due casi e quindi le capacità dissipative.

PLV:
Lve = Lvi

Nell'immagine un telaio in c.a. più duttile (a sx) e telaio meno duttile (a dx -piano debole).
(Tratto da: Atti del Corso di Ingegneria sismica –Bologna 1984) (Tratto da: Atti del Corso di Ingegneria sismica –Bologna 1984)

Esempi:

1. Struttura metallica a controventi eccentrici. La struttura è duttile.

Le sezioni critiche, in questo caso, sono quelle dei conci deputati alla plasticizzazione e le sezioni sono soggette a presso-flessione e taglio.

La struttura attinge quindi gli spostamenti tipici di un telaio e realizza molti cicli di isteresi stabili.
Garantisce alti livelli di smorzamento isteretico, con durata sino alla fine dell’azione e del moto.

 

Schema di struttura metallica a controventi eccentrici
Struttura metallica a controventi eccentrici (Tratto da: Atti del Corso di Ingegneria sismica –Bologna 1984)

 

2. Struttura metallica a controventi concentrici. La struttura non è duttile.

In questo caso i cicli di isteresi sono irregolari e vanno restringendosi.
Il comportamento quindi non è affidabile nel tempo per cui è prudenziale mantenere la struttura in campo elastico; ne consegue che devo reggere le azioni integralmente, senza sconti, oppure inserisco dispositivi.

 

Immagine di una struttura metallica a controventi concentrici.
Struttura metallica a controventi concentrici. (Tratto da: Atti del Corso di Ingegneria sismica-Bologna 1984)

 

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L'articolo continua con la trattazione di:

  • Come si progetta quindi una struttura che sfrutta la duttilità strutturale?
  • Metodo del Fattore di Comportamento “q”
  • Tipologie di dispositivi
  • Applicazioni reali

Ringrazio FIP e ISAAC per le immagini, e l’ing. Francesco Iorio per le immagini fornite e l’autorizzazione a pubblicarle.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
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