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La gestione dei rifiuti inerti alla luce delle recenti novità in campo normativo

Come cambia l'attività di gestione dei rifiuti inerti dopo l'approvazione del nuovo regolamento da parte del MiTE? Ce lo spiegano in questo articolo Giovanni De Feo e Vincenzo Morisco, che riconoscono come tale provvedimento sia un tassello importante nella costruzione di un'economia sempre più circolare.

Obiettivo: ridurre sempre più la quantità di rifiuti destinati allo smaltimento finale

Le attività di gestione dei rifiuti (raccolta, selezione, recupero di materia, recupero di energia, smaltimento in discarica) si sono evolute nel tempo con l’applicazione di sistemi sempre più tecnologicamente avanzati. Si è passati, infatti, da soluzioni rudimentali, oggi presenti nei paesi in via di sviluppo (come, ad esempio, le discariche e le combustioni incontrollate), sino alle moderne tecnologie di selezione al vicino infrarosso (tecnologie NIR), gli impianti combinati anaerobici-aerobici per il trattamento della frazione organica con produzione di biometano, fino ai modernissimi impianti di trattamento termico con cattura dell’anidride carbonica.

Una moderna gestione dei rifiuti deve consentire di soddisfare le molteplici esigenze che scaturiscono dalla diffusa presa di coscienza delle principali problematiche ambientali da parte della popolazione, dallo sviluppo scientifico e tecnologico, sino alle importanti questioni ecologiche di carattere globale collegate con la limitatezza delle risorse, con i cambiamenti climatici, con la crescita dell’inquinamento, con lo sviluppo demografico e con l’esaurimento delle materie prime e delle fonti energetiche non rinnovabili.

Tra queste esigenze si possono senz’altro annoverare:

  • il perseguimento degli obiettivi primari di tutela della salute e dell’ambiente;
  • la riduzione del volume e della quantità dei rifiuti prodotti (soprattutto nelle aree ad elevata concentrazione demografica);
  • minimizzazione delle emissioni e riduzione del potenziale contaminante dei rifiuti sia a scala locale (inquinamento di acque, suolo, odori, ecc.) sia a scala globale (emissioni di gas serra, ecc.);
  • la separazione alla fonte dei rifiuti e il riutilizzo delle frazioni valorizzabili;
  • la massimizzazione del recupero di risorse materiali ed energetiche dai rifiuti;
  • la gestione sostenibile dei residui del riciclaggio con il controllo dei contaminanti e delle sostanze pericolose che possono accumularsi nel tempo;
  • la combinazione integrata di diverse tecnologie (selezione e trattamento meccanico per le frazioni valorizzabili, trattamento termico per le frazioni combustibili, trattamento biologico per le frazioni biodegradabili, discarica sostenibile per i residui, con la chiusura del ciclo della materia);
  • la minimizzazione dei rischi per la salute;
  • la minimizzazione degli impatti ambientali, sociali ed economici in un’ottica di sviluppo sostenibile.

Il soddisfacimento delle elencate esigenze richiede l’adozione di strategie di gestione integrata dei rifiuti organizzate su base gerarchica come quella definita dall’Unione Europea nella Direttiva 2008/98/CE, rappresentata nel grafico di Figura 1, articolata in cinque stadi tra di loro integrati:

  • prevenzione;
  • preparazione per il riutilizzo;
  • riciclaggio;
  • recupero di energia;
  • smaltimento.
Figura 1 – Strategia europea di gestione integrata gerarchizzata dei rifiuti (art. 4 della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti).

Il grafico a piramide rovescia sta ad indicare come il risultato principale dell’applicazione del sistema debba essere quello della progressiva riduzione della quantità di rifiuti destinati allo smaltimento finale, privilegiando la riduzione della produzione, la preparazione per il riutilizzo, le successive attività di recupero di materia e di energia. Occorre rimarcare che nessuna attività è ad “impatto zero” per cui occorre ragionare in un’ottica di sistema di gestione e non di singola unità di trattamento.

Economia circolare: entra in vigore la nuova disciplina sui rifiuti inerti
È entrato in vigore il primo importante intervento voluto dal Ministero della Transizione Ecologica per lo sviluppo circolare del settore delle costruzioni, ossia la nuova disciplina sulla qualifica di rifiuto inerte da attività di costruzione e demolizione. Il provvedimento individua anche un percorso amministrativo innovativo, una sorta di "tagliando" per tenere conto delle specificità applicative e della complessità di un settore che interessa piccole, medie e grandi imprese.
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Tale rappresentazione, pertanto, classifica le diverse componenti del sistema di gestione dei rifiuti con un approccio che tende ad andare incontro ad un’opinione pubblica, spesso prevenuta a causa delle cattive gestioni passate dei rifiuti solidi e associata alle sindromi NIMBY (“Not in My BackYard” cioè “Non nel mio cortile”) o BANANA (“Building Absolutely Nothing Anywhere Near Anybody” cioè “Non costruire niente da nessuna parte vicino a nessuno”).
Sebbene l’enfasi negativa solitamente conferita agli ultimi due stadi della piramide, incenerimento e discarica, tali sistemi occupano, ancora oggi, un posto importante nell’ambito del panorama internazionale, offrendo un ruolo importante finale per la chiusura del ciclo della materia. Tale aspetto è, infatti, ben rappresentato dal concetto della restituzione alla terra del materiale che da essa è stato prelevato per produrre i beni che poi sono diventati, alla fine del loro uso, rifiuti (Back to Earth Alternatives, BEA) e nel quale rientra il recupero degli inerti che, tramite la produzione di materiali per l’edilizia, comporta un ritorno al terreno sotto forma di manufatti edilizi.

La crescente preoccupazione dell’impiego di risorse non rinnovabili, con il conseguente esaurimento delle riserve disponibili, con il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei produttori dei rifiuti, dai cittadini alle industrie, per ridurre la quantità e migliorarne la qualità, ha reso sempre più forte l’esigenza di sfruttare le risorse contenute nei rifiuti. A tal proposito sono state introdotte le operazioni tecniche di “Riciclaggio dei materiali” il cui obiettivo è recuperare e trasformare le frazioni valorizzabili presenti sia negli accumuli (“urban mining”) sia nei flussi antropogenici (frazioni differenziate dei rifiuti urbani, oli esausti, fanghi, rifiuti stradali, scorie di trattamento termico, ecc.) in materiali qualificati per la manifattura di nuovi prodotti e il “Recupero di risorse” che comprende, oltre alle risorse materiali anche quelle energetiche, costituite sia dai prodotti ad alto contenuto energetico (biocombustibili) sia dal calore generato da combustioni ad alta efficienza energetica.

Questi concetti sono oggi ricompresi in quello più generale di Circular Economy/Economia Circolare (Figura 2), principio introdotto in Europa nel 2015 con uno specifico piano d’azione (COM 2015, 2/12/2015) che, rigettando l’approccio della Linear Economy basato sul take-make-waste (letteralmente prendi, usa e getta), sancisce il passaggio ad una gestione circolare delle diverse fasi di vita di un prodotto, considerando un ingresso di risorse vergini necessarie ed un’inevitabile uscita di residui destinati allo smaltimento finale. L’obiettivo è quello di mantenere il valore dei prodotti per un periodo più lungo (allungamento del ciclo di vita), risparmiando risorse rinnovabili, minimizzando la produzione dei rifiuti, creando crescita economica ed occupazionale.

Figura 2 - Passaggio dalla “linear economy” alla “circular economy”.

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