La piscina della casa vacanze non è pertinenziale e può alterare il paesaggio
La piscina interrata con 24 mq di specchio d'acqua e profonda fino a 2 metri, destinata a una struttura ricettiva turistica "casa vacanze", non è pertinenziale e quindi, in area paesaggistica, non può essere ricondotta agli interventi di lieve entità ex Allegati A e B del dpr 31/2017.
Le piscine, anche se interrate, non sono automaticamente pertinenze, e ogni intervento che comporta trasformazioni del territorio in area vincolata necessita di un'attenta valutazione paesaggistica, a prescindere dalla sua amovibilità o dal titolo edilizio richiesto.
Lo ha ricordato il Tar Salerno con la sentenza 276/2025, di particolare interesse anche in riferimento a quanto chiarito di recente dal Consiglio di Stato in materia sulla possibilità di considerare pertinenziali le piscine 'rientranti' in certi limiti dimensionali.
Il caso: diniego di autorizzazione paesaggistica per le piscine
La Soprintendenza competente ha reso parere contrario al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione, alternativamente, di una piscina fissa interrata pertinenziale o di una piscina temporanea smontabile a carattere stagionale, in un'area vincolata paesaggisticamente.
Il tipo di intervento edilizio
L'intervento edilizio consiste nella realizzazione di una piscina interrata, secondo il ricorrente pertinenziale, e scala in pietra locale per il collegamento tra le due macere preesistenti, da realizzare nell’ingombro del preesistente terreno in adiacenza al fabbricato, su di un terrazzamento di circa 75 mq, con una profondità di 1,00 m su tre lati e 2,00 sul quarto lato, con forma rettangolare e una superficie dello specchio di acqua di circa 24 mq, rivestimento di colore “tipo sabbia” e pavimentazione perimetrale con listoni in legno e tinte naturali.
La piscina, come da progetto, sarà dotata di un piccolo spogliatoio e un bagno e sarà utilizzata esclusivamente dagli utenti che soggiornano nella struttura adibita a “casa vacanza”.
Non è una pertinenza: ecco perché
Il TAR conferma l'operato della Soprintendenza, in quanto l'opera non può considerarsi pertinenziale e non può essere autorizzata ai sensi della normativa paesaggistica vigente.
Si richiama, nello specifico, un orientamento consolidato del Consiglio di Stato secondo cui la nozione di pertinenza urbanistica è più restrittiva rispetto a quella civilistica: può essere applicata solo a opere di modesta entità e strettamente accessorie all'edificio principale, senza un autonomo impatto sul territorio.
Nel caso di specie, la piscina progettata:
- ha dimensioni significative (24 mq di specchio d’acqua, profondità fino a 2 metri);
- si trova su un terrazzamento distinto, con accesso indipendente rispetto all’immobile principale;
- è destinata a una struttura ricettiva turistica (casa vacanze) e quindi suscettibile di uso autonomo e valorizzazione economica separata.
No pertinenza, no lieve entità
L'esclusione della natura pertinenziale della piscina - prosegue il TAR - non consente, quindi, di ricondurla tra gli interventi “di lieve entità”, elencati negli Allegati A e B del D.P.R. n. 31/2017.
In particolare, non può ritenersi una piscina riconducibile tra gli interventi indicati nelle lettere A.10 (interventi di manutenzione e adeguamento del spazi esterni), A.12 (interventi da eseguirsi nelle aree di pertinenza degli edifici non comportanti significative modifiche degli assetti planimetrici e vegetazionali), né tra gli interventi indicati dalla lettera B.24, citata da parte ricorrente, che prevede la «posa in opera di manufatti parzialmente o completamente interrati quali serbatoi e cisterne, ove comportanti la modifica permanente della morfologia del terreno o degli assetti vegetazionali, comprese le opere di recinzione o sistemazione correlate; posa in opera in soprasuolo dei medesimi manufatti, con dimensioni non superiori a 15 mc, e relative opere di recinzione o sistemazione».
La natura interrata della piscina progettata da parte ricorrente non è, infatti, requisito sufficiente per ricondurla nella categoria dei manufatti simili a “serbatoi e cisterne”, in considerazione della peculiare funzionalità di questi ultimi.
In definitiva, non si tratta di un’opera accessoria ma di una nuova costruzione, con impatto autonomo, che non può godere del trattamento agevolato riservato alle vere pertinenze.
Perché non può ottenere l'autorizzazione paesaggistica?
L’area in cui dovrebbe sorgere la piscina è soggetta a vincolo paesaggistico (zona 2 del P.U.T. Costiera Sorrentino-Amalfitana e zona A del PRG), dove sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria o consolidamento statico.
Il TAR chiarisce che:
- la piscina rappresenta una modifica permanente dello stato dei luoghi, con nuovo volume e consumo di suolo;
- è irrilevante che si tratti di piscina interrata o prefabbricata ai fini paesaggistici: la creazione di volume comporta comunque la necessità di autorizzazione ex art. 146 del Codice dei Beni Culturali;
- anche se la normativa regionale semplifica il titolo edilizio per piscine di piccole dimensioni (L.R. 13/2022), ciò non incide sulla disciplina paesaggistica, che prevale in virtù del principio di gerarchia delle fonti.
Niemte autorizzazione paesaggistica, ma valutazione per la piscina fuori terra smontabile
Il TAR conferma quindi il diniego della Soprintendenza per la piscina interrata, ritenendo corretta la qualificazione dell'opera come nuova costruzione non compatibile con il vincolo paesaggistico.
Tuttavia, accoglie parzialmente il ricorso nella parte in cui la Soprintendenza non ha espresso alcuna valutazione sulla piscina fuori terra smontabile, che costituiva una soluzione alternativa proposta dalla società.
La Soprintendenza dovrà ora riesaminare questa ipotesi e pronunciarsi espressamente.
Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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